L'ultima luna d'estate: 'le avventure accadono a chi le sa raccontare', parola (anche) di Del Soldà e Cederna
Sul finire dell’estate la Brianza si anima con spettacoli teatrali, musica, degustazioni e passeggiate letterarie. È il tempo de L’ultima luna d’estate, il festival di teatro popolare di ricerca promosso dal Consorzio Brianteo Villa Greppi e organizzato da Teatro Invito. Nato nel 1997 e cresciuto di anno in anno, il festival porta grandi nomi dello spettacolo e compagnie del territorio in scenari insoliti e suggestivi: cascine, agriturismi e ville del Parco del Curone e delle colline della Brianza si aprono così al pubblico, diventando cornici uniche di un evento che celebra la cultura e il paesaggio.

In questo contesto si è svolta la serata “Teatro e avventura”, che ha visto dialogare, in apertura della rassegna 2025, tra le mura dalla chiesa antica di Perego, gli autori Giuseppe Cederna e Pietro Del Soldà.
Un incontro capace di intrecciare il senso profondo del racconto con la dimensione dell’ascolto: «La crescita di qualcun altro può anche essere la mia crescita. Il saperla raccontare presuppone che qualcuno ascolti». Il teatro, dunque, come esperienza che non vive mai da sola, ma trova compimento nello scambio con gli altri.
Il tema dell’avventura, filo conduttore di questa edizione del festival, è stato declinato attraverso il teatro inteso come viaggio di vita: un’arte che ci invita a superare la paura della sicurezza e a varcare confini, dentro e fuori di noi. Come ricorda la frase di J.S. Bruner, scelta a ispirare la serata, «le avventure accadono a chi le sa raccontare».

A guidare il dialogo è stato Luca Redaelli, che con le sue domande ha saputo stimolare riflessioni profonde. «Viviamo in un mondo dove tutto è fissato e programmato. C’è ancora spazio per l’imprevisto e per la condivisione?», ha chiesto ai suoi ospiti, toccando uno dei nodi centrali non solo del teatro ma della vita contemporanea.

Ha preso la parola per primo Pietro Del Soldà, che ha sottolineato come la nostra epoca viva un rapporto ambiguo con l’imprevisto: «Siamo immersi in un apparato tecnico-scientifico che plasma ogni aspetto della nostra vita. Gli algoritmi regolano emozioni, desideri, persino la socialità. Eppure, paradossalmente, mai come oggi la storia ci mette di fronte a eventi imprevedibili, politici e sociali, che ci fanno paura e che ci spingono a rifugiarci in identità rigide, quasi come gusci protettivi».
Del Soldà ha ricordato che, accanto al bisogno umano di abitudini e di un ritmo quotidiano, l’avventura ha sempre la forma di una rottura: «È come un fulmine nella notte, un lampo che per un istante illumina la nostra interiorità, portando alla luce ciò che spesso nascondiamo per paura». Non semplice evasione, quindi, ma occasione per rimettere in discussione la propria identità, in un tempo in cui la società sembra ridurre tutto a immagini digitali e riconoscimenti superficiali. L’avventura, ha concluso, «ci salva dalla prigione della routine e ci costringe a guardare in faccia noi stessi, anche nelle zone più fragili e autentiche».

Giuseppe Cederna ha invece raccontato la propria esperienza personale: l’imprevisto si manifesta soprattutto nel viaggio, non solo lontano, ma anche nei piccoli spostamenti che ci mettono fuori dalle abitudini quotidiane. Un albergo che non corrisponde alle attese, una difficoltà linguistica, una macchina bloccata in un guado: tutte situazioni che diventano opportunità per incontrare gli altri e scoprire se stessi. Ha ricordato episodi concreti, come l’aiuto ricevuto da uno sconosciuto in Marocco o esperienze in contesti difficili come la Somalia, trasformate poi in spettacoli teatrali per condividere con il pubblico ciò che aveva vissuto. Per lui, l’avventura è questo: un incontro inatteso che ti mette alla prova e ti fa sentire parte dell’umanità, ma anche la capacità di trasformare quell’esperienza in racconto collettivo, così che non resti solo una memoria personale ma diventi occasione di condivisione.

Il dialogo si è poi spostato su una dimensione ancora più ampia. Redaelli ha osservato come la storia dell’umanità sia in fondo la storia degli spostamenti: uomini e donne che, nel corso dei secoli, hanno lasciato un luogo per muoversi verso un altro, portando con sé idee, lingue, culture, visioni. «Non è forse questa – ha suggerito – la forma più antica e più autentica di avventura? Non solo un’esperienza individuale, ma la spinta collettiva verso il rinnovamento, lo sguardo che va oltre l’orizzonte conosciuto per costruire il futuro».
A questa domanda, Pietro Del Soldà ha risposto sottolineando la dimensione collettiva e storica dell’avventura: «È proprio così: l’avventura non è solo individuale. La storia ci insegna che muoversi, confrontarsi con l’ignoto, partecipare a cambiamenti, significa crescere insieme. L’imprevisto, la sfida, la scoperta – pur generando paura – diventano occasione per costruire legami, comunità, e per rinnovare la società».
Giuseppe Cederna ha aggiunto il punto di vista personale ed etico: «L’avventura ci spinge a incontrare gli altri, a superare le paure, a condividere il dolore e la gioia. Non è mai solo conquista o possesso, ma apertura, empatia, e la capacità di imparare dall’ignoto. È la spinta a vivere con attenzione, a tendere la mano, a capire chi è costretto a misurarsi con l’ignoto per sopravvivere o per costruire un futuro migliore».
Infine, sempre Cederna ha riflettuto sul valore dell’avventura come esperienza morale e formativa: «L’avventura non è egoistica. Non si tratta di conquistare un territorio o accumulare successi. È vivere la vita con cura, sentire la natura e gli altri, abbandonarsi al flusso dell’esistenza senza essere consumati. Solo così possiamo accorgerci della nostra forza, della profondità dei limiti che possiamo superare, e della capacità di rimanere umani di fronte alle difficoltà».
Il pubblico, molto attento e curioso, ha seguito con interesse ogni parola, cogliendo sfumature e riflessioni profonde, mentre i due ospiti si mostravano visibilmente emozionati: felici di poter condividere le loro esperienze e pensieri, e di vedere l’interesse e la partecipazione delle persone in sala. La serata si è chiusa con un senso di partecipazione condivisa: il teatro come esperienza viva, l’avventura come crescita interiore e collettiva, e l’imprevisto come occasione di scoperta e apertura verso gli altri. Ogni avventura, personale o collettiva, si conferma così un atto di coraggio e generosità, e un invito a vivere con attenzione e curiosità il mondo che ci circonda.
Per il programma completo della rassegna, CLICCA QUI

In questo contesto si è svolta la serata “Teatro e avventura”, che ha visto dialogare, in apertura della rassegna 2025, tra le mura dalla chiesa antica di Perego, gli autori Giuseppe Cederna e Pietro Del Soldà.
Un incontro capace di intrecciare il senso profondo del racconto con la dimensione dell’ascolto: «La crescita di qualcun altro può anche essere la mia crescita. Il saperla raccontare presuppone che qualcuno ascolti». Il teatro, dunque, come esperienza che non vive mai da sola, ma trova compimento nello scambio con gli altri.
Il tema dell’avventura, filo conduttore di questa edizione del festival, è stato declinato attraverso il teatro inteso come viaggio di vita: un’arte che ci invita a superare la paura della sicurezza e a varcare confini, dentro e fuori di noi. Come ricorda la frase di J.S. Bruner, scelta a ispirare la serata, «le avventure accadono a chi le sa raccontare».

Elena Scolari e Luca Radaelli di Teatro Invito
A guidare il dialogo è stato Luca Redaelli, che con le sue domande ha saputo stimolare riflessioni profonde. «Viviamo in un mondo dove tutto è fissato e programmato. C’è ancora spazio per l’imprevisto e per la condivisione?», ha chiesto ai suoi ospiti, toccando uno dei nodi centrali non solo del teatro ma della vita contemporanea.

Al microfono Pietro Del Soldà
Ha preso la parola per primo Pietro Del Soldà, che ha sottolineato come la nostra epoca viva un rapporto ambiguo con l’imprevisto: «Siamo immersi in un apparato tecnico-scientifico che plasma ogni aspetto della nostra vita. Gli algoritmi regolano emozioni, desideri, persino la socialità. Eppure, paradossalmente, mai come oggi la storia ci mette di fronte a eventi imprevedibili, politici e sociali, che ci fanno paura e che ci spingono a rifugiarci in identità rigide, quasi come gusci protettivi».
Del Soldà ha ricordato che, accanto al bisogno umano di abitudini e di un ritmo quotidiano, l’avventura ha sempre la forma di una rottura: «È come un fulmine nella notte, un lampo che per un istante illumina la nostra interiorità, portando alla luce ciò che spesso nascondiamo per paura». Non semplice evasione, quindi, ma occasione per rimettere in discussione la propria identità, in un tempo in cui la società sembra ridurre tutto a immagini digitali e riconoscimenti superficiali. L’avventura, ha concluso, «ci salva dalla prigione della routine e ci costringe a guardare in faccia noi stessi, anche nelle zone più fragili e autentiche».

Giuseppe Cederna
Giuseppe Cederna ha invece raccontato la propria esperienza personale: l’imprevisto si manifesta soprattutto nel viaggio, non solo lontano, ma anche nei piccoli spostamenti che ci mettono fuori dalle abitudini quotidiane. Un albergo che non corrisponde alle attese, una difficoltà linguistica, una macchina bloccata in un guado: tutte situazioni che diventano opportunità per incontrare gli altri e scoprire se stessi. Ha ricordato episodi concreti, come l’aiuto ricevuto da uno sconosciuto in Marocco o esperienze in contesti difficili come la Somalia, trasformate poi in spettacoli teatrali per condividere con il pubblico ciò che aveva vissuto. Per lui, l’avventura è questo: un incontro inatteso che ti mette alla prova e ti fa sentire parte dell’umanità, ma anche la capacità di trasformare quell’esperienza in racconto collettivo, così che non resti solo una memoria personale ma diventi occasione di condivisione.

Il dialogo si è poi spostato su una dimensione ancora più ampia. Redaelli ha osservato come la storia dell’umanità sia in fondo la storia degli spostamenti: uomini e donne che, nel corso dei secoli, hanno lasciato un luogo per muoversi verso un altro, portando con sé idee, lingue, culture, visioni. «Non è forse questa – ha suggerito – la forma più antica e più autentica di avventura? Non solo un’esperienza individuale, ma la spinta collettiva verso il rinnovamento, lo sguardo che va oltre l’orizzonte conosciuto per costruire il futuro».
A questa domanda, Pietro Del Soldà ha risposto sottolineando la dimensione collettiva e storica dell’avventura: «È proprio così: l’avventura non è solo individuale. La storia ci insegna che muoversi, confrontarsi con l’ignoto, partecipare a cambiamenti, significa crescere insieme. L’imprevisto, la sfida, la scoperta – pur generando paura – diventano occasione per costruire legami, comunità, e per rinnovare la società».
Giuseppe Cederna ha aggiunto il punto di vista personale ed etico: «L’avventura ci spinge a incontrare gli altri, a superare le paure, a condividere il dolore e la gioia. Non è mai solo conquista o possesso, ma apertura, empatia, e la capacità di imparare dall’ignoto. È la spinta a vivere con attenzione, a tendere la mano, a capire chi è costretto a misurarsi con l’ignoto per sopravvivere o per costruire un futuro migliore».
Infine, sempre Cederna ha riflettuto sul valore dell’avventura come esperienza morale e formativa: «L’avventura non è egoistica. Non si tratta di conquistare un territorio o accumulare successi. È vivere la vita con cura, sentire la natura e gli altri, abbandonarsi al flusso dell’esistenza senza essere consumati. Solo così possiamo accorgerci della nostra forza, della profondità dei limiti che possiamo superare, e della capacità di rimanere umani di fronte alle difficoltà».

Il pubblico, molto attento e curioso, ha seguito con interesse ogni parola, cogliendo sfumature e riflessioni profonde, mentre i due ospiti si mostravano visibilmente emozionati: felici di poter condividere le loro esperienze e pensieri, e di vedere l’interesse e la partecipazione delle persone in sala. La serata si è chiusa con un senso di partecipazione condivisa: il teatro come esperienza viva, l’avventura come crescita interiore e collettiva, e l’imprevisto come occasione di scoperta e apertura verso gli altri. Ogni avventura, personale o collettiva, si conferma così un atto di coraggio e generosità, e un invito a vivere con attenzione e curiosità il mondo che ci circonda.
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Gloria Draghi