Vita da specializzando/9: entusiasta dell'esperienza al Mandic la dottoressa Ghezzi 'sponsorizza' l'Ortopedia ai suoi colleghi

Ultime due puntate della nostra rubrica dedicata ai giovani medici in formazione specialistica presso l'ASST di Lecco: iniziata al Manzoni e approdata poi al Mandic, la serie di interviste si concluderà nei prossimi giorni con un'uscita trasversale ai due presidi, in campo non medico. Nel mentre spazio alla dottoressa Arianna Ghezzi.

Nel parlarle dà più l'impressione di essere una ragazza portata per tutto piuttosto che un'indecisa, come invece si definisce. Una che dopo il Liceo classico avrebbe potuto fare di tutto, tanto è vero che ha tentato il test anche per Biologia e Fisioterapia, pur sapendo che, amando anche le materie umanistiche, non avrebbe sfigurato nemmeno se avesse scelto Giurisprudenza, inseguendo l'idea – rimasta tale - di diventare magistrato, pur non avendo nessun “modello” in famiglia o nella cerchia delle conoscenze da seguire lungo quella strada. Alla fine, Arianna Ghezzi ha optato per Medicina. E, laurea in tasca, la ritroviamo specializzanda al primo anno all'Ospedale di Merate. In Ortopedia.
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Neanche a dirlo, anche la scelta della branca su cui costruire la propria carriera, non è stata immediata. “Sono stata indecisa (aridaje!, ndr) fino all'ultimo” racconta, aggiungendo di aver poi passato il test con un punteggio alto (non ne avevamo dubbi, ndr) ma di essere comunque stata pronta a provare poi altro se non avesse trovato quel clima stimolante che l'ha invece spinta ad andare avanti. E a rimanere al Mandic sei mesi in più rispetto ai primi sei previsti, iniziati nel novembre scorso. “A Merate sono arrivata perché assegnata dalla scuola” spiega la dottoressa, 26 anni, residente a Sesto San Giovanni, senza nascondere la preoccupazione iniziale nell'essere stata destinata, da sola, in un ospedale di fuori città. “Ho iniziato depressa di brutto, ora sponsorizzo il Mandic ai miei colleghi come loro prossima scelta”, aggiunge ricalcando il pensiero già espresso da altri colleghi specializzandi in servizio nei reparti del presidio di via Cerri, piccolo ma evidentemente formativo per chi deve costruire le basi della propria professione.

“Mi sto trovando proprio bene: l'ambiente è giovane, con nove strutturati di cui quattro appena specializzati che mi permettono di fare tante cose. I pre-ricoveri la prima mansione che mi è stata assegnata. Poi do una mano in reparto e il giovedì e venerdì sono in sala operatoria con loro. Se c'è qualcosa di semplice, cercano anche di coinvolgermi e ormai il martedì tunnel carpale e dito a scatto sono miei” argomenta con entusiasmo, ricordando di aver optato, alla fine, per Ortopedia proprio perché è un settore vario, che permette di alternare la vita di corsia con la parte chirurgica, in un ambiente che la dottoressa Ghezzi definisce “tranquillo per le persone che lo frequentano”.

A Merate poi, nella struttura diretta dal dottor Pierluigi Colombo, “vediamo un po' di tutto: è capitato anche un weekend in cui abbiamo operato cinque femori. Anche in elezione passiamo dalla protesica tra ginocchio e anca all'artroscopia che personalmente non avevo mai visto prima”.

E poi c'è il Rosa: “nei pre-ricovi c'è chi mi chiede se a operarlo sarà il robot” racconta la giovane dottoressa, strappando una risata perché chiaramente non è la macchina a eseguire l'intervento ma al più il dispositivo computerizzato ottenuto in comodato d'uso all'Ortopedia del Mandic dalla Fondazione Crippa “guida” l'operatore. “Ti fa ragionare sulla tecnica chirurgica” sottolinea Arianna Ghezzi. “E' ovviamente uno strumento molto interessante”.

“Alle volte, al momento del pre-ricovero, quando mi vedono arrivare giovane e donna, i pazienti mi scambiano per l'anestesista: c'è ancora chi si sorprende nel trovarsi davanti una ragazza ortopedico” aggiunge, ancora, sorridendo, quando le chiediamo se la disciplina è ancora considerata “al maschile” come un tempo. “Cinque anni fa, iniziavano la scuola di specializzazione solo 4 donne. Ora di 40 del corso siamo in 15 e anche qui in reparto ci sono due colleghe, che fanno tutto di tutto. Come in altri settori prima era tutto degli uomini, ora ci stiamo facendo strada. Qui poi, devo ammettere, che mi stanno lasciando tanti spazi per crescere”. Un qualcosa non da poco.
A.M.
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