Vita da specializzando/6: Giulia, ''l'apprendista chirurga'' al Mandic per gettare le basi e Humberto arrivato dall'Ecuador
Qualche suo compagno di corso si è buttato subito sui grandi ospedali metropolitani, finendo per essere, tra le tante presenze in Reparto, il “piccolino”, l'ultimo arrivato a cui far mettere il piede in sala operatoria giusto una volta ogni tanto. Lei, con quell'umiltà che nella vita non guasta mai, sopratutto se associata a un cervello che gira, da usmatese, ha chiesto e voluto essere assegnata al Mandic di Merate, realtà di dimensioni contenute, ma con una buona reputazione nel passaparola interno alla scuola. Ed ha fatto centro, finendo per venir invidiata ogni volta che, a lezione, ha modo di raccontare ciò che, con il suo compagno di avventura, quotidianamente ha la possibilità di toccare con mano.

La dottoressa Giulia Schievano, 28 anni è dunque – giustamente – radiosa nel raccontare la sua esperienza da specializzanda al primo anno in servizio nella Struttura diretta dal dottor Andrea Costanzi. Laureata all'Università dell'Insubria di Varese, dal 4 novembre è operativa in via Cerri, quale apprendista chirurgo. “Sapevo che il Mandic è un ospedale piccolo e non avrei trovato la grande chirurgia. Ma l'ho scelto proprio per questo, ritenendolo a misura per cominciare, forte di un clima famigliare e di una Chirurgia alla portata di una specializzanda al primo anno. Ritenevo infatti importante – sottolinea – costruirmi basi forti. Una volta arrivata qui, questo ospedale mi ha stupita, in positivo: non pensavo di fare così tante cose già al primo anno. Da studente – e questo è un limite evidente dell'Università italiana, tanto teorica – concretamente avevo fatto davvero poco: non sapevo nemmeno dare dei punti, per intenderci. In Reparto ho trovato persone che, con tanta pazienza, mi hanno insegnato banalmente come tenere un porta aghi o una garza. Ora lascio a bocca aperta i miei compagni che, a Milano, si occupano solo di dimissioni o entrano in sala operatoria una volta ogni 20 giorni...”.

La incontriamo mentre “si allena” su un simulatore portatile donato alla Struttura, collegabile anche semplicemente ad un I-phone. Al suo fianco il Primario che, proprio in tema di training, recentemente, essendo anche uno dei direttori scientifici dalla AIMS - Advanced International Mini-invasive Surgery Academy, ha organizzato specificatamente per la sua équipe un corso, su dispositivi avanzati, per suture intracorporee negli interventi laparoscopici per il tumori del colon, grazie al supporto dello stesso sponsor che ha già fornito al Mandic, negli scorsi anni, la colonna di ultima generazione in uso.

Con loro anche il dottor Humberto Tapia, 28 anni, anch'egli specializzando al primo anno, arrivato a Merate... dall'Ecuador. “Presa la laurea, ho cercato di uscire dal mio Paese per diverse ragioni tra le quali anche la voglia di vedere cose nuove. Conseguire una specializzazione lì mi sarebbe costato davvero troppo, senza tra l'altro uno stipendio assicurato durante gli anni della scuola. Sono così arrivato in Italia nel giugno del 2024 e, ottenuto la convalida della laurea, ho sostenuto poi l'esame d'accesso alla scuola di specializzazione, iniziando nel frattempo a studiare la lingua”.
Anche lui, come Giulia, ha messo piede al Mandic per la prima volta nel novembre scorso, chiaramente, nel suo caso, alla cieca. “Sono stato assegnato a Merate. Abitando a Gallarate e spostandomi in treno all'inizio è stata molto dura, con sveglia alle 5 del mattino, rischiando poi di perdere l'ultima corsa della sera perché quando si entra in sala operatoria non si sa mai a che ora si finisce. Grazie a Giulia, però, poi, ho trovato casa a Paderno d'Adda e le cose sono decisamente migliorate. Mi piace molto l'ambiente di questo ospedale: il Primario e i colleghi ti insegnano. In Ecuador, durante i tirocini, fai tanta pratica, impari di fatto perché vedi sul campo quello che fanno gli altri e poi lo replichi da te. Qui ti instradano. In poco tempo abbiamo guadagnato la fiducia degli strutturati che hanno piacere a spiegarti le cose. Facciamo davvero tanto, andando anche in sala operatoria. Sono molto contento”.

E pensare che, finita Medicina, non si vedeva chirurgo. “Dopo la laurea, da noi, devi svolgere un anno di servizio in un'area del Paese disagiata. Io ho fatto il medico di medicina generale in Amazzonia. Mi piaceva di più la parte medica ma sono finito poi in un ospedale oncologico e non mi sono trovato bene, così mi sono spostato in sala operatoria con una dottoressa bravissima che mi ha fatto capire che la parte semplice di essere chirurgo è proprio operare, il difficile è capire perché arrivare a operare: prima c'è tutta la parte clinica-medica. Ora sono convinto al 100% della mia scelta”.

La collega Schievano questa sicurezza l'ha invece sempre avuta: “io mi sono iscritta a Medicina per fare poi Chirurgia” dichiara infatti con determinazione. “La ritengo la branca più affascinante di tutte: salvi con le tue mani, senza perdere però l'approccio clinico, come diceva Humberto”.
Al dottor Tapia, dedica anche un'altra bella riflessione: “durante la giornata facciano cose diverse, se uno è in sala, l'altro è in Reparto. Ma senza di lui non resisterei. Qui non ci sono specializzandi più grandi e se da una parte è un vantaggio (banalmente facciamo tutto noi), dall'altra si sente la mancanza di una figura a noi equiparabile ma con più esperienza, perché comunque gli strutturati sono strutturati. Io e Humberto ci siamo uno per l'altro, anche solo per un confronto e un sostegno. E ci bastiamo!”.
Ad entrambi il dottor Costanzi ha già offerto la possibilità di fermarsi al Mandic ancora 6-12 mesi alla scadenza del primo anno. Ci stanno pensando. Insieme.
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Giulia Schievano e Humberto Tapia
La dottoressa Giulia Schievano, 28 anni è dunque – giustamente – radiosa nel raccontare la sua esperienza da specializzanda al primo anno in servizio nella Struttura diretta dal dottor Andrea Costanzi. Laureata all'Università dell'Insubria di Varese, dal 4 novembre è operativa in via Cerri, quale apprendista chirurgo. “Sapevo che il Mandic è un ospedale piccolo e non avrei trovato la grande chirurgia. Ma l'ho scelto proprio per questo, ritenendolo a misura per cominciare, forte di un clima famigliare e di una Chirurgia alla portata di una specializzanda al primo anno. Ritenevo infatti importante – sottolinea – costruirmi basi forti. Una volta arrivata qui, questo ospedale mi ha stupita, in positivo: non pensavo di fare così tante cose già al primo anno. Da studente – e questo è un limite evidente dell'Università italiana, tanto teorica – concretamente avevo fatto davvero poco: non sapevo nemmeno dare dei punti, per intenderci. In Reparto ho trovato persone che, con tanta pazienza, mi hanno insegnato banalmente come tenere un porta aghi o una garza. Ora lascio a bocca aperta i miei compagni che, a Milano, si occupano solo di dimissioni o entrano in sala operatoria una volta ogni 20 giorni...”.

Il Primario Andrea Costanzi e i due specializzandi alle prese con il simulatore portatile in dotazione alla Chirurgia del Mandic
La incontriamo mentre “si allena” su un simulatore portatile donato alla Struttura, collegabile anche semplicemente ad un I-phone. Al suo fianco il Primario che, proprio in tema di training, recentemente, essendo anche uno dei direttori scientifici dalla AIMS - Advanced International Mini-invasive Surgery Academy, ha organizzato specificatamente per la sua équipe un corso, su dispositivi avanzati, per suture intracorporee negli interventi laparoscopici per il tumori del colon, grazie al supporto dello stesso sponsor che ha già fornito al Mandic, negli scorsi anni, la colonna di ultima generazione in uso.

Il team del Mandic che ha partecipato al Pelvic Trainer
Con loro anche il dottor Humberto Tapia, 28 anni, anch'egli specializzando al primo anno, arrivato a Merate... dall'Ecuador. “Presa la laurea, ho cercato di uscire dal mio Paese per diverse ragioni tra le quali anche la voglia di vedere cose nuove. Conseguire una specializzazione lì mi sarebbe costato davvero troppo, senza tra l'altro uno stipendio assicurato durante gli anni della scuola. Sono così arrivato in Italia nel giugno del 2024 e, ottenuto la convalida della laurea, ho sostenuto poi l'esame d'accesso alla scuola di specializzazione, iniziando nel frattempo a studiare la lingua”.
Anche lui, come Giulia, ha messo piede al Mandic per la prima volta nel novembre scorso, chiaramente, nel suo caso, alla cieca. “Sono stato assegnato a Merate. Abitando a Gallarate e spostandomi in treno all'inizio è stata molto dura, con sveglia alle 5 del mattino, rischiando poi di perdere l'ultima corsa della sera perché quando si entra in sala operatoria non si sa mai a che ora si finisce. Grazie a Giulia, però, poi, ho trovato casa a Paderno d'Adda e le cose sono decisamente migliorate. Mi piace molto l'ambiente di questo ospedale: il Primario e i colleghi ti insegnano. In Ecuador, durante i tirocini, fai tanta pratica, impari di fatto perché vedi sul campo quello che fanno gli altri e poi lo replichi da te. Qui ti instradano. In poco tempo abbiamo guadagnato la fiducia degli strutturati che hanno piacere a spiegarti le cose. Facciamo davvero tanto, andando anche in sala operatoria. Sono molto contento”.

Un'altra foto scattata durante il corso, con i due specializzandi in primo piano
E pensare che, finita Medicina, non si vedeva chirurgo. “Dopo la laurea, da noi, devi svolgere un anno di servizio in un'area del Paese disagiata. Io ho fatto il medico di medicina generale in Amazzonia. Mi piaceva di più la parte medica ma sono finito poi in un ospedale oncologico e non mi sono trovato bene, così mi sono spostato in sala operatoria con una dottoressa bravissima che mi ha fatto capire che la parte semplice di essere chirurgo è proprio operare, il difficile è capire perché arrivare a operare: prima c'è tutta la parte clinica-medica. Ora sono convinto al 100% della mia scelta”.

La collega Schievano questa sicurezza l'ha invece sempre avuta: “io mi sono iscritta a Medicina per fare poi Chirurgia” dichiara infatti con determinazione. “La ritengo la branca più affascinante di tutte: salvi con le tue mani, senza perdere però l'approccio clinico, come diceva Humberto”.
Al dottor Tapia, dedica anche un'altra bella riflessione: “durante la giornata facciano cose diverse, se uno è in sala, l'altro è in Reparto. Ma senza di lui non resisterei. Qui non ci sono specializzandi più grandi e se da una parte è un vantaggio (banalmente facciamo tutto noi), dall'altra si sente la mancanza di una figura a noi equiparabile ma con più esperienza, perché comunque gli strutturati sono strutturati. Io e Humberto ci siamo uno per l'altro, anche solo per un confronto e un sostegno. E ci bastiamo!”.
Ad entrambi il dottor Costanzi ha già offerto la possibilità di fermarsi al Mandic ancora 6-12 mesi alla scadenza del primo anno. Ci stanno pensando. Insieme.
Continua/7
A.M.