La Valletta: vignaioli, esperti e ristoratori alla serata sul vino. ''I nostri sono prodotti unici. Facciamoli diventare universali''

Rocco Lettieri, Andrea Gozzini, Giacomo Moioli e Emanuele Angelinetta, Claudia Crippa

"Dobbiamo costruire un percorso che dal vino arrivi a raccontare il territorio. E' quello che io chiamo vino-paesaggio. Non solo; dobbiamo arrivare anche alla contaminazione tra vignaioli, ristoratori, enologi, operatori turistici, storici, giornalisti; come sta accadendo stasera". Questo il filo rosso, sul quale, per promuovere il turismo e dare un futuro importante al vino e alla ristorazione, Giacomo Moioli, docente e fondatore di Slow Food Lecco, ha seguito nel condurre la tavola rotonda  che si è tenuta alla Galbusera Nera, antica cascina nel Parco del Curone che l'azienda agricola "La Costa" ha trasformato in agriturismo circondato da vigneti.

Veronica Tentori, Marco Molgora e Giacomo Moioli


A promuovere il convegno, peraltro partecipatissimo da vignaioli e ristoratori, i produttori del "Consorzio IGT Terre Lariane", sodalizio che raccoglie 20 aziende agricole dell'area protetta di Montevecchia, del Lecchese, Alto Lario e Comasco. "Abbiamo organizzato questa tavola rotonda - ha esordito Claudia Crippa, wine woman de "La Costa" e presidente del Terre Lariane - per ricordare i dieci anni dalla fondazione. Nel 2006, con Moioli, avevamo cominciato a parlarne. Il Terre Lariane è nato nel 2009, con 7 aziende, 5 delle quali del parco di Montevecchia e 2 di Domaso (Alto lago) La produzione era di 120.000 bottiglie. Adesso siamo in 20 e produciamo 260.000 bottiglie. In questi dieci anni siamo cresciuti. Ci siamo dedicati alla formazione e organizzato una cooperativa che è diventata il braccio operativo del Consorzio. Questa sera proporremo la degustazione di 10 vini, 6 bianchi e 4 rossi".

"Se dieci anni fa avevamo la necessità di raccontare quello che c'era - ha aperto Moioli - oggi siamo qui a degustare dieci vini di qualità. Dietro a quelle colline (nel parco ndr) c'è un oceano blu di consumatori. A loro dobbiamo raccontare, partendo dal vino, tutto quello che c'è fuori dal bicchiere. Il vino può essere un grande promotore, l'attrattore sul quale costruire il futuro. Abbiamo passato dieci anni a costruire identità. Adesso dobbiamo raccontarla. Dobbiamo contaminarla. Da qui passano centinaia di turisti. E' a loro che dobbiamo raccontare cosa ci circonda". Al tavolo dei relatori anche Andrea Gozzini, "Enologo che ha reso possibile la costruzione di saper fare, siamo dunque partiti col piede giusto" ha sottolineato Moioli, Rocco Lettieri, storico e giornalista specializzato, il primo a scrivere nel 1984 di due fratelli, Mario e Aldo Ghezzi, che erano ritornati a piantumare i ronchetti del parco, Emanuele Angelinetta, dell'omonima azienda di Domaso, tra i primi a credere nella costruzione del Consorzio IGT Terre Lariane".

Primo a destra Fabio Dadati

Subito dopo i primi assaggi, a cominciare dai sei bianchi; il "Terrazze Brut" , prodotto, con vitigni Sauvignon Viogner e metodo classico, da Mario Ghezzi. Il Vegia 2018 (Chardonnay, Riesling i vitigni) dell'azienda agricola Runch di Montevecchia condotta da Lorenzo Ronchi. Il "Prime Uve" 2018, con vigne di Riesling e Pinot bianco lavorate a Cascina Bellesina di Missaglia. "La Moglie del Re" 2018 (Verdese) prodotto dalle cantine Angelinetta a Domaso. Il "Vintages Des Anges" 2018 (vitigno Sauvignon) prodotto in Missaglia dall'azienda agricola Santa Croce, nome che riprende quello dell'omonima valle. "L'inganna 2017", vitigno Chardonnais, che viene vendemmiato a Colico nella Tenuta Montecchio di Franca Ava. "Qui dobbiamo mettere in evidenza la sapidità, che significa freschezza" ha sottolineato Moioli.

Mario Ghezzi e consorte

Ognuno tra i relatori ha poi dato un parere specifico sui profumi e il gusto che ognuno dei vini esprimeva. A seguire i quattro rossi, tutti prodotti con vitigno Merlot. "Il Castel Rossino 2018" prodotto da Lisa Lozio nella Viticoltura Cardinal Federigo di Calolziocorte. Il "Salgi 2018", vendemmiato  da Mauro Cesana nell'azienda agricola "Tre noci" di Sirtori. Il "Merlot 2018 etichetta nera" che Marco Casati produce nelle vigne di via Laghetto a Brugarolo, ma ci ha poi spiegato, "Anche dalle uve che raccogliamo a Sabbioncello, nelle vigne che i frati coltivano da 600 anni". Per chiudere col "Vino del quindici", che l'azienda agricola La Costa produce sui tredici ettari messi a vite sui pendii, ricostruiti dalla famiglia Crippa, alla Galbusera Nera e alla Scarpata, ex Perego, ora Comune de "La Valletta Brianza". Molti anche gli interventi dei ristoratori; S. Anna di Como, al Castel Rossino, agli operatori turistici lecchesi e comaschi ai quali "La Valtellina" viene ormai chiesta come meta dei tour. Per Fabio Dadati, presidente di Lario Fiere, "La possibilità perchè i vini del Consorzio trovino la strada che li faccia emergere, e già in parte accade, esiste. La qualità c'è. Sono i ristoratori a dover scegliere". 

Primo a destra Giovanni Zardoni

"Metteteci la faccia - ha chiesto  infine un operatore - accanto ai racconti sul vino e sul territorio, fatevi conoscere con le vostre immagini". "Con i rossi  - ha sottolineato Claudia Crippa - abbiamo scelto solo vitigni Merlot perchè, come sottolineano gli enologi, sono identitari, caratterizzano molto il nostro territorio. Col Merlot abbiamo una marcia in più".  "Il capitale futuro saranno le relazioni, come sta accadendo stasera" - ha concluso  Moioli - dobbiamo mischiare. Il vino deve diventare pop, ovvero popolare. Non solo. Ricordiamo sempre che tutto questo è un pezzo di economia del territorio. Facciamola diventare circolare. La parola magica sarà contaminare. Questi vini sono unici. Facciamoli diventare universali".  Applauso finale molto caloroso. In cantina degustazione con altri 40 vini. Cena con prodotti rigorosamente del territorio. Come qui, del resto, accade ogni giorno.
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Sergio Perego
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