Imbersago: cori alpini e l’Aido sul palco per una serata dedicata al beato Carlo Gnocchi

Se ci sono gruppi di persone e associazioni che don Carlo Gnocchi, con il suo esempio, fu in grado di ispirare ed influenzare in modo particolare, seppure fu amato e lo è tutt’ora in tutto il mondo, queste sono l’AIDO e gli Alpini.

Daniele Sorzi, presidente del gruppo AIDO ''Salomoni'' di Paderno, Robbiate e Imbersago

Antonio Sartor, presidente della sezione provinciale di Lecco dell'AIDO

Un rapporto speciale, il loro, che si ricorda ogni qualvolta vengono organizzate iniziative come ''Un canto per Don Carlo Gnocchi'', la serata di canti alpini giunta alla quarta edizione sabato 27 ottobre, (svoltasi nell’oratorio di Imbersago e curata dal gruppo AIDO Salomoni di Paderno, Robbiate e Imbersago, delle Amministrazioni di questi tre Comuni e dall’associazione nazionale alpini, che ha partecipato con tre dei suoi migliori gruppi corali lecchesi: il Coro ANA dell’Adda, i Picett del Grenta e il Coro Grigna della sezione di Lecco.

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A sinistra Marco Magni, presidente ANA di Lecco

Il sindaco di Imbersago Giovanni Ghislandi

L’apertura della serata è stata dedicata proprio alla testimonianza dell’unione spirituale e morale che unisce donatori e penne nere al beato Don Gnocchi. In parte l’ha descritta, tra gli altri, il presidente dell’AIDO provinciale Antonio Sartor, questa unione.

 Il parroco don Bruno Croci

''Oggi sono quasi 4 milioni le persone che hanno deciso di donare dopo la morte'' ha commentato. ''Siamo circa 1.300.000 aidini in tutta Italia e grazie ai 65 Comuni del nostro territorio che hanno permesso di registrarsi direttamente all’anagrafe siamo ormai un gruppo numerosissimo. Tutto ciò lo dobbiamo anche a Don Gnocchi. La sua scelta di donare le cornee dopo la morte fece scalpore, allora, ma fece anche breccia nel cuore di tante persone che iniziarono così ad accettare la donazione''.

L'alpino Ignazio Dell'Oro, direttore del Coro dell'Adda

Inutile ricordare invece il motivo per cui gli alpini sono così vicini alla figura del beato, essendo stato durante la seconda guerra mondiale il loro cappellano volontario ed avendo deciso proprio in quegli anni, dopo le campagne in terra slava e in Russia, di dedicare la sua opera ai bambini mutilati.

Oggi, anche grazie a quell’esperienza vissuta accanto agli alpini in guerra, la Fondazione che porta il suo nome, con 29 centri in Italia ed all’estero, è una realtà importantissima nel campo della riabilitazione, della ricerca scientifica in favore della disabilità. I cori alpini, sabato sera, dopo gli interventi ed uno stralcio di un documentario RAI proiettato per il numeroso pubblico che si è riunito in oratorio, hanno fatto tutto il resto, rendendo ancor più suggestiva e toccante l’iniziativa.
A.S.

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