Operazione Airone: smantellato un vasto giro di spaccio tra Airuno, l'hinterland lecchese e la bergamasca con 12 arresti operati dalla Squadra Mobile

12 soggetti accusati a vario titolo di spaccio di sostanze stupefacenti del tipo cocaina, con l'applicazione di 8 ordinanze di custodia cautelare in carcere e 4 obblighi di dimora: è questo il bilancio conclusivo relativo all'Operazione 'Airone', l'indagine coordinata dal PM dott. Paolo Del Grosso e condotta dalla Squadra Mobile di Lecco, avviata nel maggio 2015 e conclusasi la scorsa settimana con il fermo dell'ultimo spacciatore, resosi fino al quel momento irreperibile. 

Il commissario capo Marco Cadeddu

Gli arrestati rispondono ai nomi di Benabou Khalid, classe 1988, Moumni Mohamed, classe 1984, Chaoub Bouabid, classe 1985, Chmanti Faissal, classe 1990, Harmak Abdelmoula, classe 1979, Giustacchini Yahia Zakaria, classe 1976, Zerrouk Jalal, classe 1986, Chaoub Bouabid, classe 1983, Lemhani El Hadri, classe 991, Hannioui Hamza, classe 1995 e Laachir Mohamed, classe 1990.

Gli arrestati

"Tutti i soggetti sono di origine marocchina e uno di origine Italosudanese", ha spiegato Marco Cadeddu, Commissario Capo della Squadra Mobile. "Questi gestivano un mercato floridissimo: il loro era un affare da 4-5 mila euro al giorno". Gli spacciatori, diretti secondo gli inquirenti dalla regia del 'leader' Chmanti  Faissal, giovane marocchino in Italia senza fissa dimora,  gestivano la piazza suddivisi in quattro gruppi, non esenti da diatribe interne, che si spartivano un territorio comprendente i comuni di Lecco, Malgrate, Valmadrera, Airuno, Olgiate Molgora, Brivio, Calolziocorte ed alcuni della provincia di Bergamo,tra cui Villa D'Adda, Carvico, Cisano Bergamasco e Calusco.

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Per consegnare la droga, questi si nascondevano fino a tarda notte all'interno di zone boschive e paludose del fiume Adda: dal momento che lo 'scambio' avveniva spesso nella zona della pista ciclabile di Airuno o nel sottopassaggio,  gli agenti della squadra mobile Sezione Antidroga, in collaborazione con la locale polizia Scientifica, hanno quindi effettuato mirati servizi di osservazione e di appostamento a piedi, in tenuta da jogging, o in bici. "Il primo arresto in flagranza  di reato, è avvenuto il 25 giugno, nella zona pista ciclabile di Airuno. Appena si sono accorti della nostra presenza, gli spacciatori hanno provato a fuggire, ma dopo un inseguimento tra la vegetazione sono stati arrestati con indosso circa 40 dosi di cocaina, denaro contante, bilancini e cellulari utilizzati per lo spaccio", ha raccontato il dottor Cadeddu.

Grazie agli accortissimi servizi di osservazione, è stato possibile individuare, oltre ai responsabili, anche le modalità di spaccio da loro impiegate, le quali hanno messo in luce l'ottima organizzazione dei gruppi criminali. Per evitare di essere rintracciati, infatti, questi utilizzavano la tecnica del 'Call Center': "hanno un centralino esterno che risponde ai clienti e smista le consegne ai pusher situati in posti diversi. Non hanno mai con sè il cellulare con il numero dei consumatori, e si affidano per lo più ad un mercato di clienti 'fissi': se li contattano numeri che non conoscono, spesso non fanno la consegna, per evitare di essere scoperti" ha continuato Cadeddu. Nel capoluogo lecchese, invece, è stato arrestato un singolo spacciatore che faceva ricorso a metodi del tutto 'moderni' per i suoi affari, offrendo la droga attraverso i social network e poi consegnandola direttamente a domicilio.

Dall'altra parte della trattativa, i clienti, 150 circa: tutti maggiorenni e per lo più italiani, i loro profili sono quelli di operai, disoccupati, impiegati e liberi professionisti; si passa dal soggetto metodico che compra la propria dose quotidiana a chi lo fa occasionalmente.

"Dietro al consumo di droga ci siano sempre storie tristi, storie di solitudine, di sofferenza, di vite buttate via per questo 'vizio'", ha voluto sottolineare il Commissario Capo della Squadra Mobile. Ragazze italiane che si concedevano anche sessualmente agli spacciatori per poter avere in cambio singole dosi; una giovane benestante, che viveva nell'abitazione ereditata dalla famiglia, che a poco a poco ha abbandonato amicizie e rapporti e infine ha dovuto vendere la casa per saldare i propri debiti; e ancora, ragazzi che rubavano in casa dei propri genitori poter poter pagare la propria dose quotidiana:  sono questi solo alcuni degli esempi che testimoniano la tragica schiavitù che affligge i sempre numerosissimi consumatori.
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