Il Nastro e le Forbici di Mattia
A Merate ormai c’è un’unica e sola certezza: se qualcosa accade, il sindaco la inaugura. Non è un dovere istituzionale: è una vocazione, come il canto per Bocelli o le panchine rosse per gli assessori alla pari opportunità. E così, puntuale come il panettone nei supermercati già a ottobre, il sindaco si è presentato alla fiera con l’arma preferita dai primi cittadini di ogni latitudine: le forbici cerimoniali. Quelle che non tagliano un granché, tranne l’imbarazzo. Il rituale è sempre lo stesso: si stende il nastro, si allineano tre anime di passaggio per simulare il pubblico, si chiama il fotografo. Poi lui lo guarda. Il nastro, non il fotografo. Quel nastro che ogni volta gli sussurra: “Dai, su, rendimi immortale”. E zac! Un gesto preciso, secco, liberatorio! L’inaugurazione è compiuta. Il mondo può riprendere a girare. Nessuno ha avuto il coraggio di confessargli che la fiera si sarebbe tenuta comunque, anche senza il suo intervento, così come la luna continua a sorgere anche quando l’assessore alla cultura dimentica di annunciarla su Facebook. Il fatto è che il sindaco ormai taglia nastri come altri tagliano l’erba del prato: per abitudine. Un modo semplice per far vedere che si fa qualcosa anche se quel qualcosa non é esattamente una priorità. C’è chi giura di averlo visto inaugurare la rimozione di un sacchetto dell’umido rimasto fuori orario. E una volta, dicono, avrebbe addirittura presenziato all’apertura automatica delle porte del municipio: «Un progresso straordinario». Forse Merate non ha davvero bisogno di così tante inaugurazioni. O forse sì. Perché, in fondo, ogni comunità cresce intorno a dei rituali. A Merate, il rituale è ricordarsi che, qualsiasi cosa accada, il prode Mattia arriverà col nastro. E, soprattutto, con le forbici!
Argo























