Merate: Manzoni è qualcosa di più di un affresco
Leggo con contentezza del restauro dello scalone del collegio “Manzoni” e della nuova luce data anche a un suo ritratto: è davvero una cosa bella.
Leggo con bonomia la battuta di una delle personalità intervenute che invita gli studenti ad alzare lo sguardo dai loro smartphone per contemplare tanta bellezza, indubbiamente superiore a qualsiasi altra cosa possano vedere sugli schermi dei loro telefonini, telefonini che per legge non si possono più utilizzare all’interno delle scuole, ma vabbè, ha comunque ragione.
Per quel che mi compete, cioè nulla, trovo molto garbato e positivo vedere entrambi i sindaci, Mattia Salvioni in carica e Massimo Panzeri – che ha voluto questo intervento – uno a fianco all’altro: l’arte, la cultura, la bellezza, Manzoni soprattutto, non hanno colore politico.
Per quel che mi compete, cioè molto, trovo che questa possa essere l’occasione per rilanciare Merate in ottica manzoniana in maniera più significativa e diffusa di un semplice affresco: tra Lecco, Monza e Milano, luoghi che biograficamente o letterariamente si possono fregiare del titolo di “città manzoniane” con tutto ciò che ne deriva dal punto di vista turistico, museale e culturale, anche Merate potrebbe avere un ruolo interessante. Ha tentato di ricoprirlo in un passato non così lontano eppure così velocemente cancellato dalle amministrazioni, con quel “Maggio Manzoniano” che ha regalato alla città momenti di vera e altissima cultura.
Mi fermo qui, per un lampante conflitto di interesse, avendolo io ideato e diretto quel festival, con la preziosissima vicinanza di due persone così importanti per il tessuto culturale del meratese e troppo presto scomparse: dico di Giusi Spezzaferri e di Eugenia Neri.
Mi fermo qui perché quel che vorrei suggerire l’avevo già scritto alla vigilia delle ultime elezioni amministrative (CLICCA QUI)
Ed è attuale ancora e ancor più adesso:
«Per chi si candida ad amministrare una città dove alcuni grandi architetti del Novecento hanno lavorato, la frase di uno dei grandissimi può essere da guida: “Una città non è disegnata, semplicemente si fa da sola. Basta ascoltarla, perché la città, è il riflesso di tante storie”, dice Renzo Piano. Quali storie racconta Merate? Qual è il suo “genius loci”, direbbero i latini, la sua vocazione intrinseca, da valorizzare e non snaturare?
Si è discusso tanto dei “luoghi” della città da migliorare, rigenerare, far vivere. Qual è la loro anima, fuggevole, misteriosa, che può renderli “geniali”, cioè “germinali”, “generativi”?
Ci sono città rese grandi da chi vi ha vissuto e città che rendono grandi chi le abita: Merate ha accolto Alessandro Manzoni bambino e l’ha riconsegnato ragazzo, quasi fatto uomo. Sta facendo ancora questo con i propri giovani?
Nella ricerca di un “brand” che possa rendere attrattiva la città mi permetto di ricordare, oltre al lago di Sartirana, al San Leopoldo Mandic, al “castello”, anche Alessandro Manzoni, che non è solo una via (da pedonalizzare, come proponeva qualcuno?) o il nome di una scuola. È uno dei “geni” che questo luogo ha prodotto, un piccolo seme, per far crescere Merate, in armonia con la sua vocazione, il suo “genius”».
Che bello se quel Manzoni scendesse ancora i gradini di quello scalone che lo ha visto zampettare da ragazzino, e girasse per la città, nelle forme che la fantasia delle scuole, delle associazioni, delle amministrazioni sapranno individuare.
Perché a volte ritrarre qualcuno, immobilizzarlo in un monumento, è il modo migliore per celebrarlo e zittirlo, cristallizzarlo in ciò che è stato per non farci più interrogare da ciò che ancora è.
Leggo con bonomia la battuta di una delle personalità intervenute che invita gli studenti ad alzare lo sguardo dai loro smartphone per contemplare tanta bellezza, indubbiamente superiore a qualsiasi altra cosa possano vedere sugli schermi dei loro telefonini, telefonini che per legge non si possono più utilizzare all’interno delle scuole, ma vabbè, ha comunque ragione.
Per quel che mi compete, cioè nulla, trovo molto garbato e positivo vedere entrambi i sindaci, Mattia Salvioni in carica e Massimo Panzeri – che ha voluto questo intervento – uno a fianco all’altro: l’arte, la cultura, la bellezza, Manzoni soprattutto, non hanno colore politico.
Per quel che mi compete, cioè molto, trovo che questa possa essere l’occasione per rilanciare Merate in ottica manzoniana in maniera più significativa e diffusa di un semplice affresco: tra Lecco, Monza e Milano, luoghi che biograficamente o letterariamente si possono fregiare del titolo di “città manzoniane” con tutto ciò che ne deriva dal punto di vista turistico, museale e culturale, anche Merate potrebbe avere un ruolo interessante. Ha tentato di ricoprirlo in un passato non così lontano eppure così velocemente cancellato dalle amministrazioni, con quel “Maggio Manzoniano” che ha regalato alla città momenti di vera e altissima cultura.
Mi fermo qui, per un lampante conflitto di interesse, avendolo io ideato e diretto quel festival, con la preziosissima vicinanza di due persone così importanti per il tessuto culturale del meratese e troppo presto scomparse: dico di Giusi Spezzaferri e di Eugenia Neri.
Mi fermo qui perché quel che vorrei suggerire l’avevo già scritto alla vigilia delle ultime elezioni amministrative (CLICCA QUI)
Ed è attuale ancora e ancor più adesso:
«Per chi si candida ad amministrare una città dove alcuni grandi architetti del Novecento hanno lavorato, la frase di uno dei grandissimi può essere da guida: “Una città non è disegnata, semplicemente si fa da sola. Basta ascoltarla, perché la città, è il riflesso di tante storie”, dice Renzo Piano. Quali storie racconta Merate? Qual è il suo “genius loci”, direbbero i latini, la sua vocazione intrinseca, da valorizzare e non snaturare?
Si è discusso tanto dei “luoghi” della città da migliorare, rigenerare, far vivere. Qual è la loro anima, fuggevole, misteriosa, che può renderli “geniali”, cioè “germinali”, “generativi”?
Ci sono città rese grandi da chi vi ha vissuto e città che rendono grandi chi le abita: Merate ha accolto Alessandro Manzoni bambino e l’ha riconsegnato ragazzo, quasi fatto uomo. Sta facendo ancora questo con i propri giovani?
Nella ricerca di un “brand” che possa rendere attrattiva la città mi permetto di ricordare, oltre al lago di Sartirana, al San Leopoldo Mandic, al “castello”, anche Alessandro Manzoni, che non è solo una via (da pedonalizzare, come proponeva qualcuno?) o il nome di una scuola. È uno dei “geni” che questo luogo ha prodotto, un piccolo seme, per far crescere Merate, in armonia con la sua vocazione, il suo “genius”».
Che bello se quel Manzoni scendesse ancora i gradini di quello scalone che lo ha visto zampettare da ragazzino, e girasse per la città, nelle forme che la fantasia delle scuole, delle associazioni, delle amministrazioni sapranno individuare.
Perché a volte ritrarre qualcuno, immobilizzarlo in un monumento, è il modo migliore per celebrarlo e zittirlo, cristallizzarlo in ciò che è stato per non farci più interrogare da ciò che ancora è.
Stefano Motta























