Merate: il tour per pochi intimi è la conferma che il centrodestra è in frantumi
Il centrodestra in frantumi: il ritorno di Panzeri e Casaletto è la fotografia di una crisi irreversibile”
Messaggio *: Caro Direttore più che l'articolo le immagini mi portano a pensare e scrivere sul tragicomico ritorno di Panzeri & Casaletto: da disfatta elettorale a tour per pochi intimi. A Merate c’è chi parla di “ripartenza”, chi di “ricostruzione” e chi — più onestamente — di accanimento terapeutico.Perché il nuovo show itinerante di Panzeri e Casaletto non è una rinascita politica: è un tentativo disperato di rianimare un progetto defunto, con la stessa efficacia di chi tenta di ridare vita a un pesce rosso con il phon. Il titolo della serata avrebbe potuto essere:“Ancora tu? Ma non dovevamo rivederci più?” E infatti, a giudicare dai presenti, molti hanno preso alla lettera il messaggio. C’è un’immagine, più di ogni analisi, che racconta lo stato del centrodestra meratese: una sala semi-vuota, cinque cittadini presenti e quattro rappresentanti politici a fare da coreografia. È il ritorno pubblico di Massimo Panzeri e Alfredo Casaletto, l’ex asse portante della coalizione sconfitta pochi mesi fa. Un ritorno che voleva sembrare un ripensamento strategico, e che invece diventa la testimonianza evidente di una leadership di coppia esaurita, isolata e ormai incapace di generare consenso. L’iniziativa, battezzata con ottimismo “Prospettive”, somiglia più al tentativo di racimolare ciò che resta dopo una disfatta che a una vera operazione politica. La platea ridotta all’osso, in un territorio tradizionalmente favorevole al centrodestra, segnala qualcosa di più profondo di una semplice delusione post-elettorale: si è rotto il patto di fiducia interno, prima ancora che quello con l’elettorato. Gli assenti che pesano più dei presenti. Per comprendere la portata del problema basta osservare chi non c’era. Non c’erano gli interlocutori naturali della riflessione politica: nessuna traccia di figure come Maggioni, Perego, Robbiani, Massironi, Procopio, la stessa Paola Panzeri, qualcuno della famiglia Mauri o di Forza Italia, e qualche faccia nuova, né di alcuno dei protagonisti storici e più strutturati dell’area moderata. L’assenza non è casuale, né neutra: è un segnale. E come tutti i segnali, va interpretato. Tutti lontani dal ciclo Panzeri – Casaletto oramai esaurito. L’élite politica locale — quella che pensa, progetta, pesa — ha scelto di non essere della partita. Non riconosce più in Panzeri e Casaletto la guida del futuro. Non si sente rappresentata, né orientata da una linea percepita come già fallita e non rinnovabile. Un centrodestra che non riesce a ricomporsi. A livello nazionale, le opposizioni vivono un momento di dispersione e conflittualità permanente. Ma ciò che accade a Merate ha tratti ancora più marcati: qui non c’è solo divisione, c’è assenza di progetto, incapacità di aggregazione, mancanza di una visione comune. La sconfitta elettorale non ha prodotto una fase costituente, bensì una frammentazione che oggi appare difficilmente recuperabile. Pensare che il binomio Panzeri-Casaletto possa rappresentare la risposta a questa crisi (da loro causata) è un esercizio di fantasia. Il vuoto politico che li circonda non è un incidente: è la conseguenza diretta di una stagione che ha perso credibilità e collegamenti, e che continua a insistere su se stessa senza rinnovarsi. La distanza tra leadership reale e leadership dichiarata Il tentativo di riproporsi come punto di riferimento appare oggi scollegato dal quadro politico effettivo. Il centrodestra locale non ha bisogno di “iniziative”, ma di una ricostruzione culturale che parta dai soggetti che negli ultimi anni hanno mantenuto un ruolo di riferimento vero, non solo nominale. Quella ricostruzione — e gli assenti lo confermano — non passerà da questo gruppo dirigente. Così come nel panorama nazionale appare improbabile che una coalizione di opposizione frammentata possa insidiare un governo forte e compatto, allo stesso modo a Merate è difficile pensare che una leadership bocciata dagli elettori e abbandonata dai suoi stessi quadri possa diventare competitiva.Il divario tra ciò che Panzeri e Casaletto pretendono di rappresentare e ciò che realmente rappresentano oggi è enorme. E non colmabile. La conclusione: il centrodestra deve cambiare i due volti. Non ritoccarlo. La verità, per quanto scomoda, è limpida:nil centrodestra meratese non rinascerà con gli stessi protagonisti Panzeri e Casaletto che lo hanno condotto alla sconfitta e all’isolamento. Serve un ricambio profondo, non cosmetico. Serve una nuova classe dirigente e qualche rientro importante di tutti gli esclusi che posseggano credibilità, relazioni, capacità di leggere il territorio e di parlare a una comunità che ha voltato pagina. Il ritorno di Panzeri e Casaletto, con la sua coreografia minimalista, non costituisce un passo avanti. È, piuttosto, il promemoria plastico di ciò che il centrodestra non può più permettersi di essere: autoreferenziale, irrilevante, incapace di aggregare. Se davvero si vuole costruire un’alternativa credibile alla maggioranza che governa la città, il punto di partenza non può essere il passato non possono essere loro due. Il punto di partenza è riconoscere che quel passato si è chiuso. E chi si ostina a non capirlo rischia di trascinare un intero schieramento nell’irrilevanza. Il centrodestra può rinascere? Certo. Ma non così. Non con queste premesse. Non con Panzeri e Casaletto. E soprattutto non con chi ha già dimostrato di non essere più creduto. Il pubblico è stanco. Il palco è vuoto. E la musica, ormai, è sempre la stessa.
Messaggio *: Caro Direttore più che l'articolo le immagini mi portano a pensare e scrivere sul tragicomico ritorno di Panzeri & Casaletto: da disfatta elettorale a tour per pochi intimi. A Merate c’è chi parla di “ripartenza”, chi di “ricostruzione” e chi — più onestamente — di accanimento terapeutico.Perché il nuovo show itinerante di Panzeri e Casaletto non è una rinascita politica: è un tentativo disperato di rianimare un progetto defunto, con la stessa efficacia di chi tenta di ridare vita a un pesce rosso con il phon. Il titolo della serata avrebbe potuto essere:“Ancora tu? Ma non dovevamo rivederci più?” E infatti, a giudicare dai presenti, molti hanno preso alla lettera il messaggio. C’è un’immagine, più di ogni analisi, che racconta lo stato del centrodestra meratese: una sala semi-vuota, cinque cittadini presenti e quattro rappresentanti politici a fare da coreografia. È il ritorno pubblico di Massimo Panzeri e Alfredo Casaletto, l’ex asse portante della coalizione sconfitta pochi mesi fa. Un ritorno che voleva sembrare un ripensamento strategico, e che invece diventa la testimonianza evidente di una leadership di coppia esaurita, isolata e ormai incapace di generare consenso. L’iniziativa, battezzata con ottimismo “Prospettive”, somiglia più al tentativo di racimolare ciò che resta dopo una disfatta che a una vera operazione politica. La platea ridotta all’osso, in un territorio tradizionalmente favorevole al centrodestra, segnala qualcosa di più profondo di una semplice delusione post-elettorale: si è rotto il patto di fiducia interno, prima ancora che quello con l’elettorato. Gli assenti che pesano più dei presenti. Per comprendere la portata del problema basta osservare chi non c’era. Non c’erano gli interlocutori naturali della riflessione politica: nessuna traccia di figure come Maggioni, Perego, Robbiani, Massironi, Procopio, la stessa Paola Panzeri, qualcuno della famiglia Mauri o di Forza Italia, e qualche faccia nuova, né di alcuno dei protagonisti storici e più strutturati dell’area moderata. L’assenza non è casuale, né neutra: è un segnale. E come tutti i segnali, va interpretato. Tutti lontani dal ciclo Panzeri – Casaletto oramai esaurito. L’élite politica locale — quella che pensa, progetta, pesa — ha scelto di non essere della partita. Non riconosce più in Panzeri e Casaletto la guida del futuro. Non si sente rappresentata, né orientata da una linea percepita come già fallita e non rinnovabile. Un centrodestra che non riesce a ricomporsi. A livello nazionale, le opposizioni vivono un momento di dispersione e conflittualità permanente. Ma ciò che accade a Merate ha tratti ancora più marcati: qui non c’è solo divisione, c’è assenza di progetto, incapacità di aggregazione, mancanza di una visione comune. La sconfitta elettorale non ha prodotto una fase costituente, bensì una frammentazione che oggi appare difficilmente recuperabile. Pensare che il binomio Panzeri-Casaletto possa rappresentare la risposta a questa crisi (da loro causata) è un esercizio di fantasia. Il vuoto politico che li circonda non è un incidente: è la conseguenza diretta di una stagione che ha perso credibilità e collegamenti, e che continua a insistere su se stessa senza rinnovarsi. La distanza tra leadership reale e leadership dichiarata Il tentativo di riproporsi come punto di riferimento appare oggi scollegato dal quadro politico effettivo. Il centrodestra locale non ha bisogno di “iniziative”, ma di una ricostruzione culturale che parta dai soggetti che negli ultimi anni hanno mantenuto un ruolo di riferimento vero, non solo nominale. Quella ricostruzione — e gli assenti lo confermano — non passerà da questo gruppo dirigente. Così come nel panorama nazionale appare improbabile che una coalizione di opposizione frammentata possa insidiare un governo forte e compatto, allo stesso modo a Merate è difficile pensare che una leadership bocciata dagli elettori e abbandonata dai suoi stessi quadri possa diventare competitiva.Il divario tra ciò che Panzeri e Casaletto pretendono di rappresentare e ciò che realmente rappresentano oggi è enorme. E non colmabile. La conclusione: il centrodestra deve cambiare i due volti. Non ritoccarlo. La verità, per quanto scomoda, è limpida:nil centrodestra meratese non rinascerà con gli stessi protagonisti Panzeri e Casaletto che lo hanno condotto alla sconfitta e all’isolamento. Serve un ricambio profondo, non cosmetico. Serve una nuova classe dirigente e qualche rientro importante di tutti gli esclusi che posseggano credibilità, relazioni, capacità di leggere il territorio e di parlare a una comunità che ha voltato pagina. Il ritorno di Panzeri e Casaletto, con la sua coreografia minimalista, non costituisce un passo avanti. È, piuttosto, il promemoria plastico di ciò che il centrodestra non può più permettersi di essere: autoreferenziale, irrilevante, incapace di aggregare. Se davvero si vuole costruire un’alternativa credibile alla maggioranza che governa la città, il punto di partenza non può essere il passato non possono essere loro due. Il punto di partenza è riconoscere che quel passato si è chiuso. E chi si ostina a non capirlo rischia di trascinare un intero schieramento nell’irrilevanza. Il centrodestra può rinascere? Certo. Ma non così. Non con queste premesse. Non con Panzeri e Casaletto. E soprattutto non con chi ha già dimostrato di non essere più creduto. Il pubblico è stanco. Il palco è vuoto. E la musica, ormai, è sempre la stessa.
L'infiltrato























