Il Mandic, pur tra le difficoltà è ancora un “DEA” di 1° livello

Certo, i soliti supporter regionali – per lo più con interessi personali cospicui – diranno che non si possono avere tutte le specialità in un presidio ospedaliero. Vero. Non si possono avere alte specializzazioni, dove il numero di prestazioni è garanzia di appropriatezza e elevata qualità.
Ma ci sono specialità di base che dovrebbero essere presenti in un Dipartimento Emergenza e Accettazione (DEA) di 1° livello quale è il San Leopoldo Mandic. Lo prevede il decreto 70 del 2 aprile 2015 al paragrafo 2.3. Le strutture di 1° livello sono dotate delle seguenti specialità: Medicina Interna, Chirurgia Generale, Anestesia e Rianimazione, Ortopedia e Traumatologia, Ostetricia e Ginecologia (se prevista per numero di parti/anno), Pediatria, Cardiologia con Unità di Terapia Intensiva Cardiologica (U.T.I.C.), Neurologia, Psichiatria, Oncologia, Oculistica, Otorinolaringoiatria, Urologia, con servizio medico di guardia attiva e/o di reperibilità oppure in rete per le patologie che la prevedono. Devono essere presenti o disponibili in rete h. 24 i Servizi di Radiologia almeno con Tomografia assiale computerizzata (T.A.C.) ed Ecografia, Laboratorio, Servizio Immunotrasfusionale. Per le patologie complesse (quali i traumi, quelle cardiovascolari, lo stroke) devono essere previste forme di consultazione, di trasferimento delle immagini e protocolli concordati di trasferimento dei pazienti presso i Centri di II livello. Devono essere dotati, inoltre, di letti di "Osservazione Breve Intensiva" e di letti per la Terapia Subintensiva (anche a carattere multidisciplinare).
Fino a una decina d’anni fa tutte queste specialità erano presenti. E mentre noi lanciavamo l’allarme per il progressivo depauperamento, i soliti politici lecchesi ci accusavano di fare inutile terrorismo e che, anzi, il Mandic era oggetto di un potenziamento consistente e continuo. Sostenuti da una parte della stampa sempre prona al potere politico (se non da essa indirettamente controllata).
La verità è che oggi non abbiamo più Psichiatria, Oculistica, resta poco di Otorinolaringoiatria, è stata di fatto cancellata l’Ostetricia Ginecologia, uno dei reparti di punta con i primari Della Rocca, Zagni e Del Boca. Quindi niente più parti. L’Oncologia è in gran parte trasferita al Manzoni. La Pneumologia è ancora in capo all’Inrca e è sempre più in difficoltà operativa. Le visite specialistiche hanno tempi di attesa biblici (anche a causa dell’esercizio di extra moenia). La compressione è ogni giorno più evidente per quanti sforzi faccia il dg Marco Trivelli. 
La triste vicenda dell’86enne ne è una prova. Al di là delle sue condizioni di salute complessive. Il Pronto soccorso ha fatto quanto era in suo potere ma di lì in avanti la disorganizzazione e la carenza di personale hanno mostrato in quale progressivo disastro sta finendo la sanità pubblica. Neppure un’ambulanza per il trasporto in sicurezza. Una notte in osservazione, il peggioramento del quadro clinico. Il decesso.
Tuttavia, pur in questo quadro non confortante, ci sono ragioni per guardare avanti con più ottimismo. La prima si chiama Marco Trivelli, il direttore generale che, pur avendo ricevuto la pesante eredità della passata gestione durata oltre cinque anni, sta operando con passione e tenacia per migliorare l’organizzazione aziendale e introdurre nuove prestazioni tentando quanto meno di arginare i rischi di altre restrizioni a causa della scarsità di personale infermieristico. La seconda si evidenzia dal ritrovato slancio dei primari in una logica di lavoro di squadra, con rinnovata fiducia, pur tra le tante difficoltà, grazie proprio all’impegno della Direzione strategica. L’unità dei primari è essenziale in una logica polispecialistica. Alla fine successo e insuccesso camminano sulle gambe delle persone.
Non è molto. Ma è pur sempre una inversione di tendenza.  
Claudio Brambilla
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