Regione, Sanità: bocciata la legge di iniziativa popolare

Grazie a tutte le lombarde e a tutti i lombardi che hanno sostenuto la legge di iniziativa popolare. La nostra lotta comunque continuerà”, lo dice Gian Mario Fragomeli, consigliere regionale del Pd, dopo che, questo pomeriggio, in consiglio regionale è stata bocciata dal centrodestra la legge di iniziativa popolare che mirava a rimuovere l’equivalenza tra sanità pubblica e privata dall’attuale norma regionale di settore. Con 39 voti a favore e 23 contrari la maggioranza ha sancito il “non passaggio alla trattazione degli articoli” del testo di legge, mettendo fine al percorso iniziato a marzo del 2024 con il lancio della raccolta firme. 
Crediamo che la destra lombarda abbia fatto un gravissimo errore bocciando la proposta di legge d’iniziativa popolare e dando la porta in faccia a 100mila lombarde e lombardi che hanno chiesto una cosa sola: il diritto a poter essere curati in tempi e condizioni dignitose. Evidentemente le tante storie di lombarde e lombardi sottoposti a infinite attese per curarsi non contano abbastanza per i consiglieri regionali di destra, che continuano a rimanere chiusi nel Palazzo e a pensare che tutto vada bene per la salute dei cittadini, tanto da non meritare una discussione approfondita della proposta di legge.
Il testo della proposta verteva sui primi articoli, quelli relativi ai principi, mettendo in capo alla Regione il compito di governare l’offerta della sanità privata: secondo l’impostazione del Pd è la Regione e non il mercato, cioè la maggior convenienza economica, che deve dire al privato quali prestazioni servono al sistema, visto che il settore pubblico da solo non basta. In questo modo, orientando i servizi offerti, si possono anche ridurre le liste d’attesa che oggi abbiamo dimostrato non permettono di curarsi nemmeno con una prescrizione urgente. Un elemento fondamentale di questo meccanismo, annunciato da anni ma non ancora realizzato, è un Centro unico di prenotazione che coinvolga anche le prestazioni fornite dal privato in regime di servizio sanitario pubblico: la Regione lo aveva promesso per il 2016, non sarà realizzato nemmeno entro il 2028. 
Puntavamo su quattro pilastri: l’universalità del servizio, cioè la salute va garantita a tutti i cittadini e non solo a chi si può permettersi di pagare; la ricostruzione della medicina territoriale, così tragicamente debole durante il periodo della pandemia, dopo anni di distruzione da parte delle Giunte di centrodestra; la prevenzione come principio fondante della salute dei cittadini e della sanità stessa; il governo della programmazione sanitaria pubblica e privata, cancellando, appunto, l’equivalenza e integrandole nel nome della trasparenza e della sussidiarietà.
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