Quattro domeniche di caccia e tre morti
“Quattro domeniche e tre morti: che la caccia fosse anacronistica, crudele e pericolosa si sapeva, ma forse è arrivato il momento di intensificare i controlli su chi la pratica e rivalutare i rischi per tutti, a maggior ragione, per chi frequenta pacificamente boschi e campagne o ha sfortuna di trovarsi in un’area “occupata” dalle doppiette”. Così l’on. Michela Vittoria Brambilla, presidente della Lega Italiana Difesa Animali e Ambiente e dell’Intergruppo parlamentare per i diritti degli animali, commenta la notizia dell’uccisione in un bosco di Faedis, in provincia di Udine, di un cacciatore 70enne, colpito da un compagno.
“Oltre all’enorme tributo in vite animali - prosegue l’on. Brambilla - oltre ai danni per la biodiversità e dell’ambiente, che a mio avviso basterebbero per fermare la caccia, c’è anche da chiedersi, e dovrebbero chiederselo innanzitutto le autorità di pubblica sicurezza, se chi pretende di maneggiare le potenti armi per uso civile oggi sul mercato sia davvero in grado di farlo, abbia le conoscenze necessarie e i riflessi a posto. Interrogativo quanto mai pertinente se si considera che buona parte dei circa 500mila cacciatori superstiti, dopo “l’età d’oro” degli anni Ottanta, ha ben più di sessant’anni. In uno Stato giustamente attento ad evitare la circolazione di massa delle armi, stile USA, il lassismo verso i cacciatori è sorprendente. O forse si spiega con la solita resilienza di una lobby sempre meno rappresentativa, sempre più ostinata e troppo protetta”.
“Oltre all’enorme tributo in vite animali - prosegue l’on. Brambilla - oltre ai danni per la biodiversità e dell’ambiente, che a mio avviso basterebbero per fermare la caccia, c’è anche da chiedersi, e dovrebbero chiederselo innanzitutto le autorità di pubblica sicurezza, se chi pretende di maneggiare le potenti armi per uso civile oggi sul mercato sia davvero in grado di farlo, abbia le conoscenze necessarie e i riflessi a posto. Interrogativo quanto mai pertinente se si considera che buona parte dei circa 500mila cacciatori superstiti, dopo “l’età d’oro” degli anni Ottanta, ha ben più di sessant’anni. In uno Stato giustamente attento ad evitare la circolazione di massa delle armi, stile USA, il lassismo verso i cacciatori è sorprendente. O forse si spiega con la solita resilienza di una lobby sempre meno rappresentativa, sempre più ostinata e troppo protetta”.
