Imbersago: incanto, pianto e canto. L’arcivescovo Delpini in Santuario per i sacerdoti anziani
Un sentimento di raccoglimento, gratitudine e speranza ha accompagnato nella mattinata di giovedì 12 giugno la celebrazione della santa Messa presieduta dall’arcivescovo di Milano, monsignor Mario Delpini, presso il Santuario della Madonna del Bosco di Imbersago. L’Eucaristia, dedicata ai sacerdoti anziani del territorio, è stata occasione di riflessione profonda sul senso del Ministero vissuto nella lunga fedeltà e sulle grazie che accompagnano ogni stagione della vita presbiterale.


Durante l’omelia, l'alto prelato ha consegnato ai confratelli tre parole guida: incanto, pianto e canto. Tre immagini cariche di significato che si sono intrecciate nel contesto spirituale del Santuario, luogo di memoria e di piccoli miracoli, come le castagne che fruttificano fuori stagione – segni semplici, ma eloquenti, di una presenza divina che si manifesta nella quotidianità.


“Essere incantati”, ha detto l’Arcivescovo, è la prima disposizione del cuore che nasce proprio da un luogo come il Santuario, immerso nel verde, segnato dalla devozione popolare e dalla discrezione del silenzio. Incanto che tocca anche i sacerdoti, spesso testimoni discreti di quelle “grazie ordinarie” che Dio continua a elargire attraverso gesti semplici, parole buone, consolazioni intime. “Forse siamo qui per questo – ha detto Delpini – per restare incantati a ripensare alla nostra vita, agli anni di ministero, alle fatiche, alle gioie”.
La seconda parola, “pianto”, ha richiamato invece la compassione di Gesù per Gerusalemme e per tutti coloro che rifiutano la pace. Il pianto non è giudizio, ma partecipazione al dolore del mondo, soprattutto di fronte all’indifferenza verso Dio. “Non possiamo rimanere indifferenti all’indifferenza – ha proseguito – Non possiamo condannare o giudicare, però Gesù piange e noi vogliamo piangere con lui”.
Infine, “canto” è la terza parola, quella che esprime la gioia della fedeltà e della celebrazione. Anche nella fragilità della vecchiaia ogni sacerdote è chiamato a rinnovare l’alleanza con Dio attraverso l’Eucaristia, la preghiera e l’adorazione. “Anche se le nostre liturgie non sono solenni e il canto così curato – ha detto – il cuore canta quando si rinnova l’alleanza”.
A conclusione dell’omelia, l’Arcivescovo ha voluto condividere un suggerimento di lettura, ovvero “In attesa di un nuovo inizio”, il recente libro del cardinale Angelo Scola. Un testo breve ma intenso, che affronta con lucidità e fede il tema dell’invecchiamento, della malattia e della morte, come passaggi non solo inevitabili, ma carichi di significato cristiano. “Una lettura istruttiva – ha concluso Delpini – che parla con realismo del bene e del male dell’essere anziani e mostra il pensiero della morte come un pensiero che porta angoscia e insieme la speranza in attesa di un nuovo inizio”.


Durante l’omelia, l'alto prelato ha consegnato ai confratelli tre parole guida: incanto, pianto e canto. Tre immagini cariche di significato che si sono intrecciate nel contesto spirituale del Santuario, luogo di memoria e di piccoli miracoli, come le castagne che fruttificano fuori stagione – segni semplici, ma eloquenti, di una presenza divina che si manifesta nella quotidianità.


“Essere incantati”, ha detto l’Arcivescovo, è la prima disposizione del cuore che nasce proprio da un luogo come il Santuario, immerso nel verde, segnato dalla devozione popolare e dalla discrezione del silenzio. Incanto che tocca anche i sacerdoti, spesso testimoni discreti di quelle “grazie ordinarie” che Dio continua a elargire attraverso gesti semplici, parole buone, consolazioni intime. “Forse siamo qui per questo – ha detto Delpini – per restare incantati a ripensare alla nostra vita, agli anni di ministero, alle fatiche, alle gioie”.
La seconda parola, “pianto”, ha richiamato invece la compassione di Gesù per Gerusalemme e per tutti coloro che rifiutano la pace. Il pianto non è giudizio, ma partecipazione al dolore del mondo, soprattutto di fronte all’indifferenza verso Dio. “Non possiamo rimanere indifferenti all’indifferenza – ha proseguito – Non possiamo condannare o giudicare, però Gesù piange e noi vogliamo piangere con lui”.
Infine, “canto” è la terza parola, quella che esprime la gioia della fedeltà e della celebrazione. Anche nella fragilità della vecchiaia ogni sacerdote è chiamato a rinnovare l’alleanza con Dio attraverso l’Eucaristia, la preghiera e l’adorazione. “Anche se le nostre liturgie non sono solenni e il canto così curato – ha detto – il cuore canta quando si rinnova l’alleanza”.
A conclusione dell’omelia, l’Arcivescovo ha voluto condividere un suggerimento di lettura, ovvero “In attesa di un nuovo inizio”, il recente libro del cardinale Angelo Scola. Un testo breve ma intenso, che affronta con lucidità e fede il tema dell’invecchiamento, della malattia e della morte, come passaggi non solo inevitabili, ma carichi di significato cristiano. “Una lettura istruttiva – ha concluso Delpini – che parla con realismo del bene e del male dell’essere anziani e mostra il pensiero della morte come un pensiero che porta angoscia e insieme la speranza in attesa di un nuovo inizio”.
E.Ma.