Festa al Santuario per il 50mo di due vescovi e del rettore padre Giulio

I primi vent'anni scoppiettanti, come fuochi di artificio, carichi di entusiasmo. “Allora avevamo la ribalta del Ministero ed era il periodo delle realizzazioni”. I successivi dieci come una fase di intermezzo che è coinciso con il passaggio del Millennio, dall'esodo alla rivelazione profetica. “E' stato il tempo della purificazione, siamo passati dalla religione della forza a quiella dell'interiotità dove Dio non era più nel fuoco ma nella brezza leggera del mattino”. E infine gli ultimi venti, dal 2005 al 2025, l'ora del Getsemani. “Si sente la fatica del Ministero da adulti, con le prime sconfitte e qualche fallimento”. Il tutto dentro un mutamento generale che ha vissuto una prima crisi nel 2001 con l'attacco alle Torri Gemelle, una seconda nel 2008 di stampo puramente economico e infine una terza nel 2020 con il Covid.
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Monsignor Franco Giulio Brambilla, vescovo di Novara, ha riassunto così i suoi 50 anni da sacerdote offrendo la riflessione ai suoi compagni di Messa, tra cui monsignor Mario Delpini e il rettore padre Giulio Binaghi, radunati nel santuario di Madonna del Bosco per ricordare quel 7 giugno 1975.
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Una “rimpatriata” che è stata anzitutto un momento di preghiera e riflessione ma anche l'occasione per rivedersi e ricordare gli anni degli studi e del percorso che hanno portato alla consacrazione per mano dell'allora arcivescovo Giovanni Colombo.
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Nel corso della sua omelia, rivolgendosi ai fedeli ha ricordato come sia necessario prendere in mano la paura di restare soli e affrontarla “serve morire un po' dentro e po' fuori di noi” - rifacendosi al chicco di grano del Vangelo – per dare frutto e ha ribadito come i mali del nostro tempo siano il consumistmo e l'iperattivismo.

Con una metafora musicale, ha poi spronato a far sì che volontà divina e umana trovino un accordo. “Tutte le volte che ci siano accordati, come le note, alla volontà di Dio, quando abbiamo ascoltato la gente attorno a noi, in quel momento abbiamo sentito vibrare qualcosa di importante dentro di noi. Per fare questo ci vogliono orecchio e attenzione”.

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La funzione è stata animata dalla corale e dal suono del nuovo organo ed è stata molto partecipata. Presenti come sempre gli infaticabili volontari che hanno gestito il flusso delle persone che ogni giorno è sempre molto intenso, vista la intitolazione a chiesa giubilare del santuario, e che si fa ancora più marcato in cerimonie come questa.
S.V.
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