Paderno: manca uno studio del traffico, i sindaci a RFI
Dopo la presentazione di RFI delle tre opzioni progettuali per la costruzione di un nuovo ponte sull'Adda, a prendere la parola sono stati i sindaci del meratese, monzese e isola bergamasca e i comitati presenti a Palazzo Lombardia o in collegamento da remoto.
Il primo a intervenire è stato il sindaco di Verderio Danilo Villa, che ha sottolineato la difficoltà di dialogo tra gli enti e RFI, quando viene sempre affrontata la questione ferroviaria e non di viabilità.
“Secondo le vostre valutazioni passeremmo dal passaggio nei nostri paesi da 5.000 veicoli al giorno a 15.000 e da 0 a 2.500 mezzi pesanti. Noi ci aspettiamo una soluzione, perché, come avete evidenziato, il nostro reticolo viario, che oggi supporta una circolazione quotidiana di 1 milione 500 mila automobili, si vedrà sommare i fattori di traffico ulteriori che porterà il ponte”. Numeri enormi, che non si ridurranno, come indicato da RFI, a favore di tanti che prediligeranno il trasporto ferroviario. Le strade del territorio, pensate nel 1800 per il traffico del tempo, ha specificato Villa, non potranno sostenere il continuo passaggio di automobili e mezzi pesanti che con il nuovo viadotto avranno nuovamente libero accesso. “Non ci viene detto nulla a riguardo , non è previsto un miglioramento della viabilità, che rappresenta già un problema attuale, non viene più neanche accennato alle tangenziali precedentemente previste. Non vengono tenuti in considerazione l'aumento dell'inquinamento e della pericolosità stradale, che causeranno un calo della qualità della vita dei cittadini”. Una considerazione deve essere anche compiuta dal punto di vista paesaggistico, che in queste zona della Brianza è di grande valore, anche per quanto riguarda l'aspetto storico e campestre, che necessitano di essere preservati e non aggrediti da un flusso di traffico insostenibile. Non chiaro, ha puntualizzato Villa, quale sarà il destino del passaggio a livello della Sernovella: se l'asse viario sarà interrato o sopraelevato o se ad "abbassarsi" sarà la ferrovia.

A spalleggiare le considerazioni di Villa è stato il sindaco di Paderno Gianpaolo Torchio, che ha chiarito la visione comune di tutti gli enti, sull'esigenza di un nuovo collegamento sia stradale che ferroviario tra l'isola di Bergamo e della Brianza, senza dimenticare però l'inevitabile impatto sulla viabilità. “Sicuramente manca un quadro di gestione sul traffico, non ci viene detto quali strutture supporteranno l'aumento veicolare già evidenziato. Bisogna studiare un punto nevralgico tra tre Province, quattro se consideriamo Milano, che da qui ai cinque anni, da quando nel 2020 noi sindaci del meratese abbiamo sottoposto la problematica, non ci è stato fornito”. Una seconda questione portata dal primo cittadino, è stata quella di pensare l'intervento su un quadro complessivo, su tutta l'area dell'Adda. “Proprio l'altro giorno siamo stati informati dell'ipotesi di un altro ponte viario a 3-5 km a sud del San Michele, un elemento che non sta entrando in questa discussione, quando sicuramente verranno influenzati i flussi di traffico”. Torchio ha espresso le aspettative dei sindaci di essere chiamati a un tavolo con tutti i territori coinvolti, tenendo in considerazione lo studio del traffico che i comuni del meratese stanno conducendo sul territorio per frenare un impatto che non si può trascurare. E a corroborare come l'intervento possa rivelarsi uno sfregio dal punto di vista paesaggistico, ha aggiunto come il san Michele sia tra i 70 punti panoramici con "vista" individuati da regione come peculiari del paesaggio lombardo. Insomma un bene che regione stessa eleva a "fiore all'occhiello".
Il sindaco di Merate Mattia Salvioni ha colto al balzo la palla lanciata da Torchio, invitando a considerare il ponte come un'opportunità di miglioramento di un territorio che è crocevia di tre province. “Il ponte rappresenta solamente la punta di un iceberg per pensare e realizzare delle idee progettuali significative che diano una soluzione efficace al problema viabilistico”.

Anche il sindaco di Imbersago Fabio Vergani ha espresso, in maniera ferma e determinata, i propri dubbi, associandosi alle preoccupazioni dei colleghi. “Noi stiamo promuovendo un'analisi del traffico sulla soluzione 1 proposta oggi. Le tre soluzioni non aiutano il territorio a focalizzarsi su ricadute specifiche. Comunicate il prima possibile la soluzione principe per concentrare le nostre azioni”. Il borgomastro di Imbersago, nonchè presidente della conferenza dei sindaci, ha proseguito poi specificando come le ricadute vere si comprenderanno solo quando lo studio sulla viabilità sarà terminato. Attualmente i comuni del meratese ne hanno commissionato uno, con una spesa di oltre 40mila euro sostenuta per metà dalla Provincia di Lecco, che prende in considerazione una delle tre soluzioni proposte da RFI. Mancano gli studi con gli impatti viabilistici portati dagli altri due scenari. Quindi, in pratica, al momento di concreto sulla viabilità non si ha nulla, se non macro numeri che minacciano solo di peggiorare nelle stime. Vergani ha aggiunto, che il punto di sbarco di un eventuale ponte, individuato sulla rotonda della SP54 sotto la Madonna del Bosco di Imbersago, in mancanza di ulteriori soluzioni per permettere il defluire del traffico non risulterebbe sostenibile vista anche la strozzatura della curva Moratti.
Anche Pierlugi Toccagni del Comitato nuova mobilità dell'isola bergamasca ha sostenuto come la costruzione del ponte porterà nuove interazioni con la viabilità stradale e ferroviaria quando già questa si trova in uno stato di sofferenza. Si verificherà una immobilizzazione del traffico costante, che bloccherebbe uno sviluppo futuro del territorio, per la mancanza di competitività e l'insostenibilità della circolazione. “Bisogna pensare che questa sarà un'opera che avrà impatto per i prossimi 100 anni, occorre dunque avere una visione d'insieme sul territorio”.
Non ultimo è stato ricordato come qualunque soluzione porterà mezzi pesanti in un territorio dove, già le stesse rotonde, non hanno il calibro per sostenerne la manovra di svolta.
La referente di RFI ha ribadito la massima apertura a dialogare per arrivare quanto prima alla scelta dello scenario per partire con i lavori. La data del 2030, termine ultimo per la fruibilità del san Michele alle attuali condizioni, incombe. E dopo 5 anni dalla prima chiusura e dalle prime richieste dei sindaci a prendere in considerazione anche l'aspetto viario oltre a quello del nuovo viadotto, nulla è stato fatto. Nulla.
Il primo a intervenire è stato il sindaco di Verderio Danilo Villa, che ha sottolineato la difficoltà di dialogo tra gli enti e RFI, quando viene sempre affrontata la questione ferroviaria e non di viabilità.
“Secondo le vostre valutazioni passeremmo dal passaggio nei nostri paesi da 5.000 veicoli al giorno a 15.000 e da 0 a 2.500 mezzi pesanti. Noi ci aspettiamo una soluzione, perché, come avete evidenziato, il nostro reticolo viario, che oggi supporta una circolazione quotidiana di 1 milione 500 mila automobili, si vedrà sommare i fattori di traffico ulteriori che porterà il ponte”. Numeri enormi, che non si ridurranno, come indicato da RFI, a favore di tanti che prediligeranno il trasporto ferroviario. Le strade del territorio, pensate nel 1800 per il traffico del tempo, ha specificato Villa, non potranno sostenere il continuo passaggio di automobili e mezzi pesanti che con il nuovo viadotto avranno nuovamente libero accesso. “Non ci viene detto nulla a riguardo , non è previsto un miglioramento della viabilità, che rappresenta già un problema attuale, non viene più neanche accennato alle tangenziali precedentemente previste. Non vengono tenuti in considerazione l'aumento dell'inquinamento e della pericolosità stradale, che causeranno un calo della qualità della vita dei cittadini”. Una considerazione deve essere anche compiuta dal punto di vista paesaggistico, che in queste zona della Brianza è di grande valore, anche per quanto riguarda l'aspetto storico e campestre, che necessitano di essere preservati e non aggrediti da un flusso di traffico insostenibile. Non chiaro, ha puntualizzato Villa, quale sarà il destino del passaggio a livello della Sernovella: se l'asse viario sarà interrato o sopraelevato o se ad "abbassarsi" sarà la ferrovia.

A spalleggiare le considerazioni di Villa è stato il sindaco di Paderno Gianpaolo Torchio, che ha chiarito la visione comune di tutti gli enti, sull'esigenza di un nuovo collegamento sia stradale che ferroviario tra l'isola di Bergamo e della Brianza, senza dimenticare però l'inevitabile impatto sulla viabilità. “Sicuramente manca un quadro di gestione sul traffico, non ci viene detto quali strutture supporteranno l'aumento veicolare già evidenziato. Bisogna studiare un punto nevralgico tra tre Province, quattro se consideriamo Milano, che da qui ai cinque anni, da quando nel 2020 noi sindaci del meratese abbiamo sottoposto la problematica, non ci è stato fornito”. Una seconda questione portata dal primo cittadino, è stata quella di pensare l'intervento su un quadro complessivo, su tutta l'area dell'Adda. “Proprio l'altro giorno siamo stati informati dell'ipotesi di un altro ponte viario a 3-5 km a sud del San Michele, un elemento che non sta entrando in questa discussione, quando sicuramente verranno influenzati i flussi di traffico”. Torchio ha espresso le aspettative dei sindaci di essere chiamati a un tavolo con tutti i territori coinvolti, tenendo in considerazione lo studio del traffico che i comuni del meratese stanno conducendo sul territorio per frenare un impatto che non si può trascurare. E a corroborare come l'intervento possa rivelarsi uno sfregio dal punto di vista paesaggistico, ha aggiunto come il san Michele sia tra i 70 punti panoramici con "vista" individuati da regione come peculiari del paesaggio lombardo. Insomma un bene che regione stessa eleva a "fiore all'occhiello".
Il sindaco di Merate Mattia Salvioni ha colto al balzo la palla lanciata da Torchio, invitando a considerare il ponte come un'opportunità di miglioramento di un territorio che è crocevia di tre province. “Il ponte rappresenta solamente la punta di un iceberg per pensare e realizzare delle idee progettuali significative che diano una soluzione efficace al problema viabilistico”.

Anche il sindaco di Imbersago Fabio Vergani ha espresso, in maniera ferma e determinata, i propri dubbi, associandosi alle preoccupazioni dei colleghi. “Noi stiamo promuovendo un'analisi del traffico sulla soluzione 1 proposta oggi. Le tre soluzioni non aiutano il territorio a focalizzarsi su ricadute specifiche. Comunicate il prima possibile la soluzione principe per concentrare le nostre azioni”. Il borgomastro di Imbersago, nonchè presidente della conferenza dei sindaci, ha proseguito poi specificando come le ricadute vere si comprenderanno solo quando lo studio sulla viabilità sarà terminato. Attualmente i comuni del meratese ne hanno commissionato uno, con una spesa di oltre 40mila euro sostenuta per metà dalla Provincia di Lecco, che prende in considerazione una delle tre soluzioni proposte da RFI. Mancano gli studi con gli impatti viabilistici portati dagli altri due scenari. Quindi, in pratica, al momento di concreto sulla viabilità non si ha nulla, se non macro numeri che minacciano solo di peggiorare nelle stime. Vergani ha aggiunto, che il punto di sbarco di un eventuale ponte, individuato sulla rotonda della SP54 sotto la Madonna del Bosco di Imbersago, in mancanza di ulteriori soluzioni per permettere il defluire del traffico non risulterebbe sostenibile vista anche la strozzatura della curva Moratti.
Anche Pierlugi Toccagni del Comitato nuova mobilità dell'isola bergamasca ha sostenuto come la costruzione del ponte porterà nuove interazioni con la viabilità stradale e ferroviaria quando già questa si trova in uno stato di sofferenza. Si verificherà una immobilizzazione del traffico costante, che bloccherebbe uno sviluppo futuro del territorio, per la mancanza di competitività e l'insostenibilità della circolazione. “Bisogna pensare che questa sarà un'opera che avrà impatto per i prossimi 100 anni, occorre dunque avere una visione d'insieme sul territorio”.
Non ultimo è stato ricordato come qualunque soluzione porterà mezzi pesanti in un territorio dove, già le stesse rotonde, non hanno il calibro per sostenerne la manovra di svolta.
La referente di RFI ha ribadito la massima apertura a dialogare per arrivare quanto prima alla scelta dello scenario per partire con i lavori. La data del 2030, termine ultimo per la fruibilità del san Michele alle attuali condizioni, incombe. E dopo 5 anni dalla prima chiusura e dalle prime richieste dei sindaci a prendere in considerazione anche l'aspetto viario oltre a quello del nuovo viadotto, nulla è stato fatto. Nulla.
I.Bi.