Robbiate: i cattolici tra i partigiani della resistenza

In occasione della ricorrenza dell'80° anniversario della Liberazione dell'Italia dal nazifascismo, l'Associazione Culturale La Semina ha organizzato un incontro dal titolo “Partigiani della Resistenza: un doveroso approfondimento sui cattolici”.
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Relatore della serata, tenutasi mercoledì sera nella sala consiliare del comune di Robbiate, il professor Claudio Consonni, già docente di religione nelle scuole secondarie e giornalista, esperto di storia, rappresentante ANPC nel Comitato Milanese per le “Pietre d'inciampo” e membro del Comitato scientifico di quello della Provincia di Monza e della Brianza.
Obiettivo della serata: smentire l'errata credenza che alla Resistenza abbiano preso parte solo partigiani di ideologia comunista e riconoscere le persone di diverse estrazioni culturali e politiche che si sono opposte al regime fascista, in questo caso i cristiani cattolici.
“Partiamo dall'8 settembre del 1943: con l'armistizio nasce la Repubblica Sociale Italiana” ha iniziato il professor Consonni “precisiamo che il Vaticano e i Vescovi non riconoscono questo nuovo progetto di Mussolini”.
In quel contesto si espandono le file della Resistenza: in particolare, per aiutare le persone ricercate dal regime (militari alleati, oppositori, ebrei, renitenti alla leva, scioperanti) a fuggire e attraversare il confine per trovare rifugio in Svizzera nasce l'OSCAR, l'Organizzazione Soccorsi Cattolici Antifascisti Ricercati. Fu l'unica formazione partigiana riconosciuta dal Comando Volontari della Libertà, oltre alla Piemontese dei “cattolici comunisti”, a fregiarsi dell'aggettivo “cattolico”.
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Suddivisa in tre distaccamenti (Milano, Varese e la zona del varesotto sul confine), l'Organizzazione, secondo i documenti ufficiali dell'epoca era costituita da almeno una quarantina di personalità della diocesi di Milano suddivisi (come ogni organizzazione partigiana) per grado militare.
L'OSCAR conterebbe due caduti fra i propri membri: Giuseppe Candiani, renitente alla leva fascista di Crescenzago, ucciso sul Tresa mentre stava scortando un soldato alleato verso il confine e l'oppositore ing. Carlo Bianchi, padre di famiglia e impegnato su diversi fronti nella resistenza, fucilato nel 1944.
Vertice dell'Organizzazione era don Natale Motta, ma tra gli altri sono stati ricordati, con piccoli aneddoti che li hanno riguardati, anche altri sacerdoti come don Vittorio Pastori (conosciuto come don Vittorione), don Aurelio Giussani, don Beniamino Cappelletti, don Enrico Bigatti, don Andrea Tornaghi, don Andrea Ghetti.
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Tra le testimonianze del periodo che seguì l'armistizio, suggestiva è l'omelia che l'ormai monsignor Ghetti tenne per il funerale di don Giussani: “Si trattò per lui, come per molti altri, di fare una scelta decisiva: tra l'oppressore e gli oppressi, tra la dittatura e la libertà: don Aurelio si mise dalla parte dei perseguitati. Iniziò così il compito rischioso di guidare, oltre confine, ebrei, sbandati, militari fuggitivi da campi di concentramento poi fu necessario preparare documenti falsi, lasciapassare, etc”.
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Non si nascose mai la natura di Resistenza armata in cui operava l'OSCAR, che nei propri resoconti faceva liberamente riferimento alle armi e ad operazioni militari: “abbiamo ritrovato l'Organizzazione Soccorsi Cattolici Antifascisti Ricercati tra le formazioni partigiane armate facendo rispettosamente presente che per l'auspicabile educazione alla nonviolenza tentare di riscrivere la storia non solo non rende la giusta Memoria ai caduti ma, come tutte le forme di non conoscenza, può essere ingenua” ha spiegato, in conclusione il professor Claudio Consonni.

Al termine dell'intervento è stato lasciato spazio, come sempre, alle domande, a curiosità e al dibattito
F.F.

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