Inno, Zamperini all'attacco: "La strofa non si cambia"

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Il Consigliere Regionale Lecchese, Giacomo Zamperini, interviene sulla vicenda legata alla scuola "Manzoni" di Merate (LC), in cui sarebbe stato corretto e rivisto il testo dell’inno nazionale italiano da cantare durante una cerimonia, modificandone un verso in “siam pronti alla vita”.

«Bene ha fatto il Governo, tramite il Sottosegretario all’Istruzione e Merito, Paola Frassinetti, a mettere in atto questo intervento conciliatorio verso un’iniziativa che, seppur fatta con le migliori intenzioni, ha ingenerato non poca confusione e malessere in alcuni bambini e nelle loro famiglie. I nostri simboli, come l’inno nazionale, sono un patrimonio di tutti e debbono rappresentare un momento di unione ed integrazione, attraverso l’insegnamento di quei valori che hanno reso grande l'Italia in passato e che la renderanno più forte nel futuro e non possono essere motivo di polemica. Auspico che si possa risolvere questa situazione usando buonsenso, nel rispetto della legge 4 dicembre 2017, n. 181, che non lascia spazio ad alcun dubbio interpretativo. Viene riconosciuto definitivamente il testo del "Canto degli italiani" di Goffredo Mameli e lo spartito musicale originale di Michele Novaro quale Inno Nazionale della Repubblica Italiana.»
Giacomo Zamperini
Ma signore benedetto in un Paese come il nostro con 1.7 milioni di giovani che non studiano né lavorano, col 22% di disoccupazione giovanile, col 145% di debito pubblico sul prodotti interno lordo pari a 2.863 miliardi (48mila euro/abitante), con un disavanzo annuo del 4.5%, almeno tre regioni controllate dalla criminalità organizzata, una sanità pubblica che ha già escluso dalle cure 4.5 milioni di italiani, una crescita non superiore allo 0.6% contro lo 0.8% dell'eurozona il consigliere regionale Giacomo Zamperini, assurto alle cronache per aver tentato di fermare col prioprio corpo l'ambulanza che portava Luana al suo riposo definitivo a Udine dopo aver vissuto in stato vegetativol per 17 anni, non trova altro che preoccuparsi  di una strofa dell'inno nazionale quando ben pochi distinguono la corte con la Coorte, e meno ancora son pronti alla morte. Ma rendiamoci conto: l'inno è stato composto nel 1847 dal ventenne Goffredo Mameli, morto due anni dopo, l'Italia l'ha adottato nel 1946 e soltanto nel 2017 l'ha ufficializzato, 170 anni dopo la composizione musicale da parte di Michele Novaro. In tutto questo tempo i "Blackbird" hanno sostituito le mongolfiere, i droni hanno preso il posto dei muli, la linea del Piave sta solo nei libri di testo e le sfilate con cappelli e piume sono momenti di puro folclore. Una ipotetica chiamata alle armi farebbe sparire come nebbia al sorgere del sole tutti i militi pancia in dentro e petto in fuori. E dal 1° luglio 2005, cioè da 19 anni, la leva obbligatoria è stata soppressa, quindi di soldati ce ne sono ben pochi. Ha davvero senso far cantare ai ragazzi siam pronti alla morte? O è meglio riadattare il testo, come avviene sempre quando i tempi cambiano in modo radicale, in siam pronti alla vita,  che, tra l'altro, è già di per sé una sfida durissima? E per di più, se Zamperini non l'avesse capito, i Docenti del manzoni hanno chiesto un parere definitivo a Sergio Mattarella, dimostrando grande rispetto per le Istituzioni.
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