Paderno: vent'anni di Granaio tra sogni realizzati, promesse disattese e volontari dal cuore grande. L'intervista a Scopel

Vent'anni fa nasceva l'idea del Granaio, casa di alloggio per disabili adulti. Un'impresa sulla quale pochi avrebbero scommesso data l'ambizione del progetto ma che è arrivata fino ad oggi, non senza fatica, grazie all'aiuto e all'impegno di tanti che ancora oggi come allora, vi hanno dedicato forze, risorse, tempo libero. Una residenza intesa quale risposta all'incertezza dei genitori per il "dopo di noi", per l'assistenza a disabili divenuti ormai adulti. 900 metri quadrati, una cifra che sfiorava il milione di euro già in preventivo (chiaramente poi lievitato) e "venuta su", mattone dopo mattone, soprattutto con l'aiuto dei privati perchè pochi furono i comuni che, nonostante i proclami, poi concretamente diedero un contributo. Dal primo giorno Costantino Scopel e la moglie Stella Brioschi ne furono la mente e poi il motore, pian piano circondandosi di persone che, per ragioni personali conoscevano la disabilità o perchè semplicemente portate a farsi "prossime" di chi più aveva bisogno.
A Scopel, che in questi anni ha combattuto con il coltello tra i denti, per portare a casa per i suoi ragazzi, una fetta dei loro diritti negati, abbiamo chiesto di ripercorrere questo tracciato, ricordando chi c'era e si è rimboccato le maniche e ha permesso di arrivare sin qui.



Vent'anni di Granaio... qual è la prima cosa che le viene in mente pensando a tutto questo cammino?
Che c'era tanta incoscienza in tutti quanti. Non ci aspettavamo le difficoltà che avremmo incontrato. Anzitutto bisogna dare il merito a mia moglie, Stella Brioschi; era lei il vero motore che realizzava i sogni. Nel 1982 aveva fondato un'associazione, AGHAPS, con la quale si proponeva un obiettivo alla volta. Tutti i ragazzi con handicap, in quel tempo, erano caricati su un pulmino e portati alla 'Nostra Famiglia'. La sera li riportavano a casa. Quando compivano quattordici anni venivano riconsegnati alle famiglie dicendo loro: ora dovete gestirveli voi. La 'Nostra Famiglia' non percepiva più soldi dallo Stato dopo il compimento dei quattordici anni e pertanto l'handicap tornava ad essere problema unico di chi ce l'aveva. Allora Stella, con altri genitori, si era posta un cruccio: questi ragazzi rientravano, non conoscevano i compagni coetanei e convivevano nella comunità come esseri particolari, extraterrestri, senza alcun riferimento sul territorio. Approfittando del suo ruolo di insegnante, Stella aveva operato e stimolato le autorità con presidi e con presidenti della regione, sino a che arrivò il primo ragazzo con handicap che frequentava la scuola normale ed era di Cernusco Lombardone. Da allora, pian piano, tutti i ragazzi disabili avevano potuto usufruire di un insegnante di sostegno, crescendo con il coetanei. La seconda tappa di Stella partiva da una domanda: ma dopo la scuola d'obbligo dove andranno questi ragazzi? Lei elaborò strategie per trovare una risposta e, dopo anni di impegni serali straordinari nelle commissioni comunali presso la sede di Merate e in regione, dal Comune di Merate fu individuato un sito a Brugarolo; si trattava di una scuola vecchia e non più a norma, ma per i disabili andava benissimo (questo era il pensare comune fra gli amministratori di un tempo).



A destra Stella Brioschi

Devo però dire che il comune di Merate, sotto la guida del sindaco Giuseppe Ghezzi, a metà anni Ottanta fece miracoli: nulla da paragonare con l'operato di alcuni sindaci attuali del territorio - a quei tempi i sindaci assumevano quella funzione senza prendere lo stipendio e pertanto quello che facevano era solo per il bene della comunità. Oggi invece, molto spesso, si lotta per la carica solo per lo stipendio e il potere, sprecando anche denari pubblici con opere o enti inutili. Pertanto la seconda tappa fu raggiunta e con successo. Il dottor Luigi Colombo e un grappolo di persone, molto sensibili al problema, portarono avanti la gestione con entusiasmo e con successo. Il personale viveva per questi ragazzi, cercava di aiutare la famiglia e il sabato e la domenica li portavano in diverse località per un weekend. Tuttavia l'incubo di Stella era: ma dopo la morte dei genitori dove andranno a finire questi ragazzi? C'era un vuoto assoluto sul territorio. Allora nacque l'idea di una casa alloggio. Già nel 1978, Bruno Orsini, psichiatra, si fece estensore della legge redatta dal collega dottor Basaglia, che avrebbe decretato la chiusura dei manicomi; l'allora ministro Tina Anselmi aveva stanziato - al valore attuale - circa 400 miliardi di lire (erano tutti beni posseduti da questi enti, una quantità enorme raccolta in decine e decine di anni). Aveva inoltre dato alla politica vent'anni di tempo per realizzare case alloggio, mirando a distinguere le problematiche di ogni soggetto. Va da sé che la politica dei piani alti in vent'anni non ha fatto nulla, anzi ha fatto sparire tutti i fondi necessari e predestinati. La fame di denaro dei politici è sempre stata proverbiale e risale a molti secoli fa, aumentando sempre in modo esponenziale sino ai nostri giorni. 

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Chi sono le persone che si porta nel cuore e che hanno contribuito in maniera determinante a raggiungere questo traguardo?
Sono molti coloro che ci hanno aiutato e che hanno seguito il nostro progetto. E chiedo scusa di non poterli indicare tutte. Anzitutto abbiamo immediatamente compreso che avevamo bisogno, pesantemente, dei media. E alcuni giornali ci hanno aiutato, pubblicando articoli anche con frequenza quotidiana. Sui media la figura principale è stata lo studente Roberto Perego, che scriveva per un giornale appena nato: Merateonline. Si è preso molto a cuore il problema e ne seguiva l'evoluzione. E poi Sergio Perego del Giorno. Anche il giornale di Merate ci sosteneva con il contributo di Sabina Zotti. Tutto ciò contribuiva alla raccolta di fondi in modo entusiasmante. Dobbiamo ammettere che la sensibilità della popolazione verso questo problema era molto alta. Vorrei citare la signora Rosa Panzeri e quello che diventò poi sindaco di Paderno, Valter Motta e poi l'attuale primo cittadino di Lecco, dottor Virginio Brivio. La Elemaster allora agli esordi ci ha seguito con passione. Maxi sport ha avuto molto a cuore il nostro problema e poi tanti comuni del circondario ad esclusione di Merate che non ci ha mai sostenuto come avrebbe potuto. Gli architetti dello studio Archingeo hanno realizzato gratuitamente il progetto e seguito i lavori. L'impresa edile di Poggi Giorgio ci ha seguiti gratuitamente in tutto il percorso. La nostra gratitudine va anche ai progettisti degli impianti ingegner Lucarelli e a tanti, tanti altri.

Quali sono stati i momenti più difficili e quelli dove ha potuto dire "non pensavo, ma ce l'abbiamo fatta"?
È stato il periodo iniziale. I rapporti con la burocrazia della Regione. Mentre nelle prime due imprese compiute da Stella l'interlocutore era il presidente Giovenzana, vecchia democrazia, persona sensibilissima; con la salita della destra al potere tutto è diventato difficilissimo. Due anni per stendere uno statuto che ci consentisse di aprire questa casa. Su e giù dai dirigenti della regione e loro continuavano a bocciarci lo statuto. Cosa volevano in realtà, se ci unissimo a qualche "compagnia" o corrente politica, non lo spremo mai. Noi siamo sempre stati liberi da condizionamenti politici ma lo scoramento era enorme e avevamo pensato di abbandonare il nostro progetto.



A quali altre persone si sente di dire grazie? E a chi invece vorrebbe dire "nonostante voi, ce l'abbiamo fatta lo stesso"?
Dico grazie al parroco don Paolo Ferrario, che si è battuto strenuamente forse anche contro alcuni suoi fedeli che, pur facendo la comunione, non escludo che pregassero Dio che questa casa, nella quale si sarebbero ospitate persone diverse dal loro modo di pensare, magari di aspetto dissomigliante dal Gesù biondo che vedevano in chiesa, non si realizzasse. La nostra gratitudine va ai media. Ai pochi assessori, Bruno Mornati, Anna Rosa Panzeri, al sindaco di Paderno di allora, Angelo Rotta, al sindaco Valter Motta e alla persona del dottor Mosca, allora dirigente ASL. Al dottor Magni, fondamentale per uscire dalle immense pastoie burocratiche passate e presenti. E nonostante il Comune di Merate, che ha sempre snobbato l'opera con scarsa considerazione da parte di giunte di destra e di sinistra, siamo riusciti a fare la casa per disabili più bella della Lombardia. Nonostante i detrattori di destra di Paderno d'Adda, che continuamente ci attaccavano, consigliandoci di realizzare quest'opera non nelle vicinanze della chiesa, ma in mezzo a un prato lontano dagli occhi dei benpensanti. Nonostante l'avversione di tanti che non vedevano l'ora di far denunce ai vigili o ai carabinieri per nostre presunte irregolarità. La casa ci è costata 1,6 milioni di euro, per il 90% da privati.

Cosa c'è ancora da realizzare?
Ci sarebbe ancora moltissimo da fare. Le famiglie hanno ancora in casa figli disabili gravi e non vengono costruiti altri CDD (centri diurni disabili) e CSE (centri sociali educativi)... nonché case alloggio per il 'dopo di noi'. Molti genitori sono morti e hanno lasciato in "eredità" a figli o nipoti la cura di queste persone e non ci sono case come il Granaio. Chi dovrebbe non si sogna nemmeno di coprirne il bisogno: c'è gente bravissima a creare carrozzoni costosissimi e la legge del 'dopo di noi' realizzata dal governo precedente è un'autentica presa in giro per i poveri genitori.



Al centro Costantino Scopel con il Cardinale Dionigi Tettamanzi e l'amico Sergio Perego


Quale rimpianto?
Non essere stato capace di unire a noi e formare persone che lottassero per il problema al nostro fianco. Anche i genitori dei ragazzi disabili sono spesso assenti e sfiduciati. Non hanno più voglia di lottare. Rassegnati, scoraggiati, sottomessi al potere negativo delle nostre amministrazioni. Il chiedere e non ricevere risposte, oppure e il chiedere per poi ricevere continui rifiuti tolgono le speranze.

I rapporti che si sono rivelati più proficui in questi anni?
Sono poche le persone che ci hanno continuamente seguito. Ormai bisogna ricorrere agli avvocati, per ottenere quello che ci è dovuto per legge. E anche con gli avvocati bisogna stare attenti. Per fortuna esistono persone come Don Marco Tenderini, presidente dell'associazione "A força da partilha"; il coordinatore di Dentro e Fuori,organizzazione non profit che fa capo al promotore Dario - che fornisce un aiuto concreto alla nostra associazione anno dopo anno. Poi tutti i volontari che quotidianamente aiutano i nostri ospiti a vivere una vita migliore.

Com'è stato il rapporto con gli operatori e le famiglie?
Se parliamo di operatori che stanno gestendo la Casa del Granaio, sono ottimi. Famiglie, disperate, sconfortate e avvilite trovano in loro i confessori, gli psicologi del momento, a cui confidare i problemi giornalieri. Una volta la funzione era assolta dai sacerdoti, ora non più, spesso immersi in questioni burocratiche e amministrative. Naturalmente vi sono operatori disponibili e sensibili, altri meno.



Se tornasse indietro rifarebbe tutto?
Sarebbe impossibile oggi fare qualcosa del genere. Le burocrazie e il moltiplicarsi di difficoltà create da enti e istituzioni rendono qualunque attività del genere impossibile. No... non avrei la forza, perché il mondo che amministra il sociale, invece di aiutarci spesso frappone difficoltà enormi, tali da scoraggiare qualunque iniziativa. Oggi sarebbe impensabile progettare un'avventura simile. Noi in due anni abbiamo realizzato l'opera, oggi penso che ci vorrebbero sei-sette anni e, per quanto uno sia pieno di buona volontà, senza dubbio crollerebbe durante il tragitto. Abbiamo affrontato di tutto in questo cammino: controlli su controlli, richieste impensabili, pratiche continue da evadere con costi che lievitavano continuamente. Defatigante.

Cosa sono stati questi vent'anni in termini di fatica, impegno e notti insonni?
Forse mia moglie Stella è deceduta anche per lo stress dovuto a tutto ciò. Quando realizzi qualcosa, questo qualcosa deve essere gestito nelle sue problematiche e nelle sue difficoltà quotidiane. Era molto stanca e mi pregava di continuo: subentra tu per favore! Se calcoliamo le spese sostenute direttamente e non, forse avremmo potuto acquistarci un bell'appartamento. Ma noi lo sapevamo e non abbiamo ceduto nemmeno per un attimo. Noi non volevamo apparire come coloro che promettono e non mantengono mai. Volevamo essere diversi. Sognare, promettere e arrivare in fondo. Abbiamo sempre rifiutato incarichi politici, non abbiamo mai perso di vista la nostra meta. Sì, tante sono state le notti insonni. Le manifestazioni da organizzare, le porte a cui bussare per chiedere aiuti. Non nascondo che abbiamo anche finto di appartenere a un partito o a un altro. Ero e sono contento per tutti gli sforzi fatti per portare a casa quanto era necessario. Però ora sono tranquillo. Sono giunto vicino alla fine di una vita ben vissuta e ho tanta serenità dentro di me.
S-V.

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