Merate: 77esimo anniversario della battaglia di Nikolajewka. Il ricordo degli alpini, don Corti: chiediamo il dono di aiutare

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Centinaia di penne nere si sono date appuntamento nella serata di venerdì 24 gennaio a Merate per il 77esimo anniversario della battaglia di Nikolajewka. Una commemorazione che sta particolarmente a cuore alla sezione alpina meratese che ogni anno si spende insieme alla comunità e alla parrocchia per rendere onore a tutti i soldati che persero la vita nella tragica campagna di Russia, chiamando a raduno in città compagni da tutto il territorio lecchese e anche oltre.

Presenti, tra gli altri, il gruppo di Monza e di Varese. La cerimonia, incominciata intorno alle 20 con l'ammassamento davanti al palazzo comunale, è entrata nel vivo con l'ingresso solenne del vessillo della sezione di Lecco, la cui marcia è stata accompagnata dai musicisti della Banda Sociale Meratese. A seguire alzabandiera e intonazione dell'inno nazionale, il primo brano ad impegnare il Coro Stelutis di Brivio. Il lungo corteo ha attraversatoPiazza Prinetti, Piazza Vittoria e via Sant'Ambrogio per giungere fino alla chiesa parrocchiale.

Claudio Ripamonti, presidente degli alpini di Merate


Alpino anche il parroco che, insieme a don Luca Rognone, ha celebrato la messa, e cioè Padre Pierfrancesco Corti, missionario del PIME attualmente affidato alla gestione di Villa Grugana, tra Calco e Cassina. Nella sua omelia il sacerdote ha ricordato i primi momenti del suo arrivo alla Caserma Rossi di Merano.

LA CERIMONIA




PREGHIERA DELL’ALPINO


''Ricordo bene che era il 24 gennaio del 1984'' ha esordito. ''Un paio di giorni dopo ancora non ci era stata consegnata la nostra divisa ed eravamo in attesa in alcune camerate con le finestre che davano sul cortile. Il 26 gennaio vidi per la prima volta la commemorazione di Nikolajewka, una battaglia di cui ancora non sapevo molto. Avevo sicuramente studiato la campagna di Russia, ma solo allora compresi meglio che cosa avesse comportato. Già allora rimasi colpito davanti alla figura di quei caduti, alla fatica che quelle persone avevano vissuto. Di fonte a loro non si può far altro che stare in silenzio, sull'attenti e mostrare rispetto''.

Padre Pierfrancesco ha quindi ammesso di aver dovuto raccogliere un po' di coraggio prima di intervenire con la sua omelia. ''Sono stato 15 anni in missione in Bangladesh e ho affrontato diverse malattie, tra cui una leucemia, ma non è niente in confronto a quello che hanno vissuto i nostri alpini in quei tragici mesi'' ha proseguito. ''Ma se c'è una persona che mi dà la forza di parlare, questa sera, è don Carlo Gnocchi, uomo che ha vissuto e si è salvato da quella ritirata, vedendo con i suoi occhi la sofferenza degli alpini. Quando tornò in Italia, nel 1943, scrisse subito un libro al riguardo, nonostante il regime avesse proibito di parlare di quelle battaglie. Don Carlo da subito in quegli occhi scorge Cristo.

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Ed è proprio questo l'insegnamento che possiamo trarre da questa commemorazione. Il momento in cui vediamo il Signore è proprio il momento della fatica e della morte. Dio è lì non come un giudice o un castigatore, ma come qualcuno che ci vuole dare forza e speranza. Non a caso gli alpini usano questa bellissima espressione, quando qualcuno di loro muore. E' andato avanti, si dice. Il cristiano va avanti, in paradiso. Don Carlo vede tutto questo mentre cerca di aiutare i poveri alpini. Chiediamo allora anche noi di avere la forza di credere che c'è qualcuno che ci aspetta nel regno che Dio ha preparato per noi, insieme al dono di sapere aiutare''.

Don Luca Rognone

Padre Pierfrancesco Corti, missionario del PIME e alpino

Al termine della funzione religiosa, durante la quale è stata data lettura della preghiera dell'alpino, sono intervenuti il sindaco di Merate Massimo Panzeri, presente insieme a diversi altri esponenti delle istituzioni locali, e il presidente della sezione ANA di Lecco Marco Magni.

Il sindaco Massimo Panzeri

Il presidente della sezione ANA di Lecco Marco Magni

Il primo cittadino, dopo aver manifestato una certa emozione per aver partecipato per la prima volta alla commemorazione della battaglia di Nikolajewka in qualità di sindaco, ha speso alcune parole per elogiare gli alpini. ''Perché la gente ama così tanto gli alpini?'' si è chiesto. ''Non è solo per la loro simpatia o per il loro cappello. La gente vuole bene agli alpini perché gli alpini amano il loro territorio. L'Italia ama gli alpini perché gli alpini amano l'Italia. E non lo fanno solo a parole. In passato lo fecero con le baionette, e ci auguriamo che non ritorni mai più il bisogno, oggi lo fanno invece con il badile in mano, quando ad esempio accade una calamità naturale''.
A.S.

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