Calusco: il cementificio aperto al pubblico per tranquillizzare gli scettici. Il direttore generale: livelli emissivi sono a norma


Porte aperte al cementificio Italcementi di Calusco nel segno della trasparenza, soprattutto per quanto concerne l'impatto ambientale, la sicurezza sul lavoro e l'avanguardia delle sue tecnologie. Lo stabilimento ultracentenario affacciato sul fiume Adda, visibile a svariati chilometri di distanza con i 110 metri di altezza della sua ciminiera, dal suo interno assume quasi un altro aspetto.

Uno dei trenini che ha accompagnato i visitatori nel tour dello stabilimento

Le aiuole curate nei dettagli, le arnie di api il cui miele è usato per monitorare l'aria attorno allo stabilimento, l'organizzazione dei reparti e, più in generale, l'ordine che contraddistingue ogni cosa fa sembrare un po' meno la cementifera uno di quegli ambienti angoscianti che farebbero al caso di un film distopico alla Terry Gilliam. Sarà che per la giornata di apertura al pubblico, svoltasi sabato 15 giugno, i suoi vertici hanno voluto un'attenzione massima all'accoglienza, l'impressione è che in ogni caso la cura dei dettagli sia una costante all'interno dello stabilimento caluschese di Italcementi. Del resto, stiamo parlando di una struttura che ogni giorno impegna circa 350 persone tra dipendenti (in tutto 143), fornitori e trasportatori, e produce ogni anno 1,5 milioni di tonnellate di cemento (in tutto di nove tipi).

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I primi forni esistono dal 1907, come è stato raccontato dalla guida ad ogni visitatore salito a bordo di una delle navette (dei trenini in pieno stile parco divertimenti), ai quali con il passare del tempo è stata realizzata tutto intorno la mastodontica struttura che conosciamo. I primi interventi di potenziamento e ammodernamento dell'impianto risalgono agli anni '20, a venti anni più tardi l'avvio della teleferica per il trasporto delle materie prime (calcare e marna) dalla cava del Colle Pedrino, a Palazzago.

Le arnie delle api attraverso le quali, con la produzione del miele, viene certificata la qualità dell'aria attorno al sito

Un sistema di approvvigionamento abbandonato del tutto soltanto nel 2006 quando fu attivato un nastro sotterraneo lungo 10 chilometri che collega la cava di Colle Pedrino con il deposito delle materie prime del Monte Giglio, posto tra Calusco e Carvico. Questo, a detta dell'azienda, ha consentito di evitare la circolazione su strada di oltre 10mila autotreni all'anno. Tre le macroaree di cui è composto lo stabilimento caluschese di Italcementi.

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La più a ridosso della strada provinciale (la Sp 166, quella che dal Ponte San Michele prosegue fino allo svincolo per raggiungere il casello di Capriate) è l'area in cui il cemento sfuso viene selezionato e suddiviso nei sacchi. La struttura risale agli anni '50 ed è sostanzialmente il luogo da cui partono i prodotti del cementificio, che prima passano dall'area macinazione e dalla linea di cottura che, con gli ultimi ammodernamenti, è ''aggiornata'' al 2002. Questa si estende tutto intorno alla imponente torre che spesso non possiamo evitare di vedere, quando ci orientiamo verso Bergamo, ed il suo fulcro è un enorme tubo di metallo rotante, lungo 67 metri per un diametro di 4,6 metri, che rappresenta il forno.

Il forno rotante
All'interno è rivestito di mattoni refrattari e la sua temperatura di esercizio raggiunge i 1.400°. Esternamente il calore diminuisce notevolmente, arrivando a quota 300-400° (che non passano comunque indifferenti anche alle persone che ci passano sotto che inevitabilmente percepiscono il residuo di quel calore). Le visite guidate di sabato terminavano più o meno in prossimità del forno, dove poco lontano sono stati allestiti stand per le dimostrazioni dei prodotti di Italcementi e altri più gastronomici e di svago, ma non prima di aver mostrato al pubblico il reparto in cui i vengono ''accolti'' in azienda i CSS (combustibile solido secondario, vale a dire elementi come plastiche, gomme e fanghi), trasportati all'interno con dei container e quindi inseriti nel processo di alimentazione del forno (attivo 24 ore su 24, 7 giorni su 7).

Il reparto in cui arrivano i rifiuti CSS per essere bruciati

Senza quel reparto, probabilmente Italcementi avrebbe meno "nemici" sparsi sul territorio. Eppure per produrre cemento vanno raggiunte le temperature di cui sopra, e per raggiungerle il metodo più vantaggioso è quello di utilizzare rifiuti. I CSS hanno preso sempre più piede all'interno dei cementifici nel 2013, quando il decreto Clini li classificò non più come rifiuti ma di fatto come combustibili. Con gli anni, cosa che è naturalmente avvenuta anche in Italcementi, i CSS hanno sostituito in buona parte l'utilizzo del pet coke (residuo del petrolio) scatenando però l'ira dei comitati ecologici. Ma a preoccupare più di tutto è la richiesta avanzata dal cementificio di Calusco di aumentare la combustione di rifiuti (seppure considerati combustibili) da 30mila a 110mila tonnellate annue.

Al centro il direttore di Italcementi Calusco, Ernesto Donnarumma, mentre illustra l'attività del cementificio alle autorità intervenute

Una questione spinosa e annosa allo stesso tempo, probabilmente passata inosservata sabato pomeriggio tra un giro sulla navetta e una dimostrazione su quanto siano performanti i prodotti di Italcementi (rispetto ai quali non si può dir nulla, altrimenti non ne sarebbero composti la quarta corsia della A4 o il nuovo stadio dell'Atalanta). Gli attivisti brianzoli e bergamaschi, dati Arpa alla mano, sono pronti a dimostrare che già oggi Italcementi sarebbe responsabile di valori troppo elevati di NOx e gas serra sul territorio.

I livelli di emissioni riportati su un monitor della sala di monitoraggio

Ernesto Donnarumma, il direttore generale dello stabilimento caluschese che sabato pomeriggio ha fatto lui stesso da cicerone all'impianto per le autorità intervenute, ha categoricamente smentito che l'Italcementi sia responsabile dell'emissione fuori norma di agenti inquinanti.

 


Rilevazioni di ARPA



''Esistono dei riferimenti di legge che impongono quali devono essere i livelli emissivi di un impianto come il nostro, e per diversi ordini di grandezza noi siamo al di sotto di questi limiti di norma'' ha spiegato. ''E' in corso un iter autorizzativo attraverso cui abbiamo chiesto di poter aumentare l'utilizzo dei combustibili solidi secondari e, come è previsto in questi casi, abbiamo dovuto affidare a terzi, nel nostro caso all'Università Tor Vergata di Roma, un'indagine epidemiologica sul territorio. Quando avremo un riscontro ancora non lo sappiamo''.

Galleria fotografica (vedi tutte le 74 immagini)


La veduta dalla torre di Italcementi con la cava del Monte Giglio sullo sfondo

A.S.
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