Intervista ai Tre Allegri Ragazzi Morti, sul palco alla Sbiellata

La Sbiellata Sanzenese compie dieci anni in grande stile. Quattro giorni di concerti, birra e salamelle tutto rigorosamente plastic-free. «Quest'anno il festival sarà completamente a favore dell'ambiente - ha dichiarato Fabio Poldelmengo, uno degli organizzatori. - Abbiamo deciso, ad esempio, di vendere anche delle borracce da riempire all'occorrenza per azzerare il consumo di plastica. Come sempre, gli introiti verranno devoluti interamente in beneficenza: in questi anni, infatti, abbiamo costruito alcuni pozzi in Africa».  

Sul palco di Olgiate Molgora, dal 6 al 9 giugno, saliranno band del calibro dei Derozer, Persiana Jones, Reel Big Fish e DOPE DOP. Ma a chiudere questa edizione saranno i Tre Allegri Ragazzi Morti, trio di Pordenone scelto anche da Jovanotti come band di apertura negli stadi.  Abbiamo intervistato Enrico Molteni, bassista dei TARM, per parlare del nuovo album, «Il sindacato dei sogni», uscito lo scorso 25 gennaio per la Tempesta dischi, e promosso in diverse trasmissioni televisive e radiofoniche come Stracult, Radio2, Radio Deejay Tropical Pizza e molte altre.    

Domenica sarete a Olgiate Molgora per presentare il vostro ultimo lavoro. Partiamo dalla copertina dell'album, dal gusto un po' retrò. Qual è stato lo spunto iniziale? 
«La copertina del disco è una sorta di gioco sui "gattini" e la voglia, quasi morbosa, di condividerli sui social. Abbiamo trovato online una statuina di ceramica di tre gattini (che poi abbiamo trovato anche fisicamente in un sito in California).  Davide Toffolo (il cantante del Tarm, ndr) è poi intervenuto graficamente trasformandoli in componenti della band. È la prima volta che decidiamo di usare una foto come copertina di un disco, una scelta per noi inusuale. Il titolo è evocativo, più corto rispetto al solito: "Il sindacato dei sogni" è una sorta di ossimoro poiché il termine sogni e sindacato raramente vengono accostati; un poco come le parole allegri e morti».  



Il disco è un ritorno al vostro rock delle origini con, però, venature psichedeliche. I testi poetici di Toffolo si fondono con la musica, creando quel mondo immaginario che vi contraddistingue e vi caratterizza.  Qual era il clima che si respirava in sala prove durante la registrazione? 
«Abbiamo registrato i brani nell'Outside Inside Studio di Volpago del Montello, in provincia di Treviso, in una casa in un bosco, un luogo molto affascinante. Siamo stati lì per alcune sessione di registrazione e l'idea di fondo è stata quella di realizzare un sound il più possibile suonato, senza l'intervento di computer. È un disco fondamentalmente rock con qualche spunto psichedelico: siamo stati a lungo a provare gli stessi giri e i brani si sono allungati all'inverosimile. Dopo un lungo lavoro, abbiamo dovuto tagliare e sono emersi questi ultimi dieci. Il disco è vicino a quelli delle nostre origini, senza influenze etniche che, invece, caratterizzavano i nostri ultimi lavori».    

Questo disco nasce in parte nel territorio di Lecco poiché l'album è stato pre-prodotto nello studio di Andrea Maglia, "il quarto Ragazzo Morto", originario di Bellano. 
«Le prime canzoni sono state suonate proprio nel lecchese, a Gittana, in provincia di Lecco, dove Andrea Maglia, il nostro quarto uomo nei live, ha uno studio di registrazione.  Le prime prove le abbiamo fatte lì ed è diventato un po' il nostro quartier generale»    



In questo disco hanno suonato tanti musicisti. Penso, ad esempio, a Viterbini dei Bud Spencer Blues Explosion o agli archi di "Bengala" che sono stati scritti, suonati e registrati da Davide Rossi a Los Angeles, già membro dei Goldfrapp, arrangiatore dei Coldplay e Röyksopp. Come nascono le vostre collaborazioni?
«Non abbiamo seguito la logica del featuring, ma abbiamo chiamato fondamentalmente amici. Il nostro studio di registrazione si trova a due passi da casa di Nicola Marzan, aka Bologna Violente, collaboratore dei Baustelle e del Teatro degli orrori: suonare con lui è stato qualcosa di naturale. Tutte le persone presenti in queste nuove canzoni ci sono vicine innanzitutto da un punto di vista umano e non per logiche discografiche».  

Il tour estivo dei TARM ha preso il via il 31 maggio a Ortigia, in provincia di Siracusa, e toccherà praticamente tutta la penisola. Come è cambiato il vostro  pubblico in questi ultimi 25 anni? 
«In questi ultimi live indoor abbiamo avuto un pubblico molto diverso: ci sono ragazzi giovani, famiglie con bambini, adulti, per non dire vecchi come noi (Enrico si fa una risata di gusto, ndr).  È bello vedere un pubblico così eterogeneo, dopo tanti anni di live».   

Come sempre Pordenone, la vostra città, entra prepotentemente nel vostro ultimo album...
«La nostra città è da sempre una fonte di ispirazione, nel bene o nel male. Nel tempo abbiamo capito che parlare della nostra piccola situazioni può essere capito anche da altre persone che vivono una piccola situazione, anche se non si tratta della stessa».   



Bengala, il secondo singolo del disco, è forse uno dei brani più significativi dell'album. Quali sono i temi di questo brano? 
«"Bengala" è uno dei pezzi più belli del disco e ci siamo divertiti molto a suonarlo in studio. Per come la vedo io, anche se Davide preferisce evitare di spiegare i suoi testi, è una canzone che parla della fine di una guerra e di liberazione. È uno dei brani nati durante le registrazioni e ha testo molto poetico».   

Ci racconteresti un aneddoto sui TARM? 
«Ultimamente abbiamo una passione per "le gambe sotto il tavolo", come la definiamo noi. Dopo tanti anni passati in autogrill, siamo ormai nauseati dai soliti panini. In questo momento siamo alla ricerca delle osterie da camionisti per poter mangiare sempre qualcosa di nuovo ed è qualcosa che in questo momento ci riempie di gioia»  
Beniamino Valeriano
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