Merate: i genitori a convegno sul suicidio tra gli adolescenti. 7 casi in 3 anni, dato più alto in Lombardia. Parlano 2 esperti

In provincia di Lecco, negli ultimi 3 anni, si sono verificati 7 episodi di suicidi tra adolescenti. Considerato che gli abitanti tra 0 e 19 anni sono circa 65mila, il tasso è uno tra i più alti in Lombardia. Niente a che vedere, tuttavia, con i numeri che si registrano in Francia, Stati Uniti e Nord Europa, dove il suicidio è la prima causa di morte tra i più giovani (in Italia è comunque la seconda per i maschi, dopo gli incidenti stradali, e la terza per le ragazze). Un fenomeno, quello dell'autolesionismo estremo negli adolescenti, sempre più dilagante e dunque impossibile da prendere sotto gamba. Ne sa qualcosa l'associazione meratese ''Dietro la lavagna'' che il mese di febbraio lo ha dedicato proprio ad analizzare questo tema.

Da sinistra la dottoressa Marina Zambarella, il dottor Antonio Pirotti e Patrizia Riva

Giovedì scorso lo ha fatto con un incontro aperto a docenti e psicologi degli sportelli scolastici. Giovedì prossimo, 28 febbraio, alcuni psicologi parleranno direttamente agli studenti dell'Istituto Viganò e del Liceo Agnesi. Nella serata di mercoledì 19 febbraio, invece, ''Dietro la lavagna'' ha pensato ai genitori, condotti alla scoperta di cause e rimedi del fenomeno da due massimi esperti dell'argomento: la dottoressa Marina Zabarella, neuropsichiatra infantile dell'UOC Neuropsichiatria infanzia e adolescenza dell'Ospedale Manzoni di Lecco, e il dottor Antonio Piotti, docente di filosofia e psicoterapeuta dell'Istituto ''Minotauro'' di Milano. A fornire i dati citati all'inizio a chi ha partecipato alla serata che si è svolta nell'Aula Borsellino del polo scolastico di via Lodovichi, a Merate, è stata proprio la dottoressa Zabarella. Con l'équipe dell'Unità Operativa Complessa di cui fa parte, la neuropsichiatra ha spiegato di aver seguito nel 2016 in totale 272 adolescenti di cui 29 con ideazione suicidaria, diventati purtroppo molti di più l'anno successivo.
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Nel 2017 i pazienti che hanno necessitato di una presa in carico del reparto sono stati 306, di cui 53 con ideazione suicidaria. Fortunatamente poi nessuno ha veramente compiuto l'estremo gesto, salvo alcuni casi in cui si sono verificati dei mancati suicidi (ovvero dei comportamenti falliti, ma che avrebbero portato sicuramente alla morte della persona). ''Non è un caso che si stia iniziando, in particolare in alcuni paesi, a parlare di emergenza sanitaria'' ha commentato. ''Anche la nostra realtà territoriale ci ha messo alla prova, negli ultimi anni, e abbiamo quindi avuto la possibilità di vedere che cosa accade in questi adolescenti. Negli ultimi tre anni ci sono stati in provincia 7 suicidi di persone giovanissime. Erano ragazzi che non conoscevamo, ovviamente. Ci siamo però trovati a parlare e aiutare i compagni di classe, gli insegnanti e i genitori''.

E' innanzitutto utile fare attenzione, ha proseguito la neuropsichiatra, a tutta una serie di comportamenti autolesivi che potrebbero far capire che qualcosa non funziona nel profondo dell'adolescente. ''Ci sono condotte come i tagli sul corpo che in questi anni stanno diventando drammaticamente numerose' ha spiegato la d.ssa Zabarella. ''Con l'avvento dei social, oltretutto, l'azione autolesiva diventa motivo per esibirsi in pubblico. I ragazzi che praticano certe condotte ci raccontano che a volte sentono una tensione così insopportabile da scegliere di alleviarla con il dolore fisico, altri dicono di voler provare sensazioni diverse, come se avessero bisogno di sentire il vuoto sotto di loro. E' una situazione, questa, che quando la si incontra va assolutamente approfondita''. Il resto dei disagi di questo genere hanno poi tutti a che fare con tendenze suicide. Quando il pensiero della morte abita nei ragazzi talvolta non è semplice capirlo, ha spiegato la dottoressa. Sintomi come tristezza o depressione possono essere i primi campanelli di allarme, ma tutto sta nel capire fino a che punto l'adolescente è stato in grado di reperire informazioni o materiali che lo porteranno a concretizzare il gesto estremo.

Patrizia Riva, presidente associazione ''Dietro la lavagna''

''Spesso ci troviamo di fronte a ragazzi pronti a compiere un atto estremamente lucido'' ha proseguito la d.ssa Zabarella. ''Non sempre c'è una corrispondenza diretta con una patologia psichica, come invece avviene nella maggior parte dei casi di adulti con idee suicidarie. Perciò consideriamo anche i tentati suicidi eventi molto gravi che potrebbero ripetersi e impongono perciò una presa in carico della persona. Sappiamo infatti che 6 suicidi su 10 sono preceduti da almeno un tentativo, e che il 40% dei ragazzi che ci provano poi ripetono il gesto. I motivi possono essere tra i più vari: a volte perché subiscono atti di bullismo, o per un fallimento scolastico o relazionale. Quando li ricoveriamo nel nostro ambulatorio, la filosofia è quella di lavorare sulla risposta che sia tesa alla messa in sicurezza del paziente. Per degenze lunghe ci interfacciamo con la psichiatria, se è un individuo con più di 16 anni, altrimenti alla pediatria o alla neuropsichiatria infantile. Il ricovero serve innanzitutto per dare un segnale importante al gesto autolesivo che è stato compiuto. Ci fermiamo tutti e mettiamo in campo ogni risorsa che possa portare ad una risposta. E partiamo, nel farlo, ascoltando il loro desiderio di morire, senza dare risposta del tipo che non se ne possa parlare perché è scandaloso, non etico o una cosa da non farsi. Di solito questi ragazzi hanno molte ragioni. Il nostro compito è quello di presentare, una dopo l'altra, le ragioni della vita''.

La d.ssa Marina Zabarella, neuropsichiatra infantile dell'ASST di Lecco

Tutto ciò che riguarda l'impegno della d.ssa Zabarella e dell'équipe di cui fa parte arriva però solitamente dopo che un adolescente ha già compiuto il gesto estremo o lo ha tentato. Ed è lo stesso problema con cui si è ritrovato troppe volte ad avere a che fare anche il dr. Antonio Piotti quando, per l'Istituto Minotauro di Milano, si occupava di decine di casi alla volta. Come psicoterapeuta e insegnante di filosofia, Piotti incontrerà giovedì prossimo gli studenti e lo farà nell'ambito dell'iniziativa di prevenzione che insieme alle associazioni e alle scuole del territorio vuole incominciare a promuovere. ''Come operatori siamo un po' stufi di intervenire dopo'' ha commentato mercoledì sera davanti ai genitori. ''Perciò servono questi incontri, per sensibilizzare e provare a parlare del fenomeno nel modo giusto, soprattutto perché in giro ci sono troppe idee sbagliate. E quella più diffusa è proprio quella che dice di non nominarlo nemmeno, il suicidio, affinché nessuno sia stimolato a farlo''. Lo psicoterapeuta milanese ha quindi citato due esempi di modi sbagliati di affrontare il problema, e si è trattato per entrambi di casi mediatici.

Il dr. Antonio Piotti, filosofo e psicoterapeuta

''Uno è stato quello della 'Blue Whale', la balena blu. Ad un certo momento sembrava ci fosse un'epidemia suicida, con dei misteriosi tutor che ti prendevano sui social e ti facevano il lavaggio del cervello portandoti a compiere 50 azioni tra cui l'ultima quella di suicidarsi. Ovviamente si trattava di una fake news, ma la notizia è circolata a tal punto da creare una suggestione tale per cui alcune persone più fragili si sono interessate, trovando magari qualche ragazzo un po' pazzo altrettanto interessato che ha incominciato a fare la parte del tutor''. Il secondo esempio citato è stato quello della serie televisiva ''13'' che descrive le fasi che portano al suicidio di una giovane. Secondo il dr. Piotti più che vietarne la sua trasmissione, sarebbe più efficace accompagnarne la visione, sottoporlo ai giovani a titolo educativo. Il resto dell'intervento dell'insegnante e psicoterapeuta si è concentrato nell'illustrazione di una ricerca condotta dalla psicologa americana Jean Twenge (autrice del libro ''Iperconnessi''), secondo cui la ''IGeneration'' (come definisce la generazione che sostanzialmente vive l'adolescenza in questi anni), avrebbe incominciato a differire drasticamente dalle precedenti (baby boomer e millenials) per quanto riguarda le internalizzazioni.

Se da una parte appare che gli adolescenti di oggi consumino meno sostanze stupefacenti, compiano meno omicidi, meno incidenti stradali, meno stupri e meno fughe di casa, dall'altra sono più soggetti a suicidio, depressione, atti di cyberbullismo, ritiro e isolamento dalla società.
Alberto Secci
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