Novate, la comunità abbraccia il meratese Cardinale Ravasi: ''Qui le mie radici''

Il cardinale Gianfranco Ravasi

Ha voluto fare un discorso ''semplice'', come lo ha definito lui stesso, lanciando prima un monito rivolto a tutti i presenti e lasciando poi loro un messaggio di speranza e di fede. Era difficile immaginare che il Cardinale Gianfranco Ravasi avrebbe fatto ritorno in Vaticano, dove vive ed è Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, senza consegnare ai novatesi, incontrati nella loro parrocchia domenica mattina, 30 dicembre, dopo la visita al Mandic di sabato pomeriggio (clicca QUI), un pensiero dal significato profondo. Tanto più che, come rimarcato dallo stesso Ravasi, rivolgendosi ai presenti, ''a noi ci legano le stesse radici dato che anche io sono nato nella vostra stessa città di Merate''.

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Poco prima, invece, il Cardinale aveva ricordato di aver condiviso, ''prima che le nostre strade si dividessero'', il percorso da seminarista proprio con Don Eugenio Folcio, il sacerdote che da poco si è insediato a Novate e che ha concelebrato messa con Ravasi dicendosi ''onorato'', spiegando oltretutto che i giovani che tra qualche anno riceveranno la cresima (ora alle prese con la preparazione per la comunione) hanno espresso il desiderio di avere come ministro ordinario della confermazione proprio il cardinale di origine meratese. Nella sua omelia, l'eminenza ha toccato tre aspetti, tanti quanti le letture del Vangelo, esordendo appunto chiarendo che il suo discorso sarebbe stato semplice, seppure i brani a cui faceva riferimento ''sono tre inni di grandiosa e alta teologia''.

Il vicario parrocchiale don Eugenio Folcio

''Mi voglio concentrare su questa frase che abbiamo sentito, 'in principio era il Verbo', anzi soltanto sull'ultimo termine'' ha spiegato. ''Che cos'è la parola se non il più grande strumento di comunicazione che delinea l'identità umana? Noi abbiamo attraverso questo meccanismo 'strano' del parlare il modo di esprimere un pensiero, che diventa suono e col verificarsi di un altro fenomeno, l'ascolto, viene percepito anche da altri. Viviamo in un tempo in cui la parola è ferità, e ferendo la parola feriamo anche il pensiero. Oggi domina purtroppo il linguaggio dell'offesa. Per certi, come molti di noi presenti, entrare nel mondo digitale è come essere migranti che vanno in una terra sconosciuta parlando un'altra lingua. Ma il problema è che i più giovani sono detti nativi digitali, e cresceranno comunicando in quei canali, senza voce, senza contatto e persino senza odori. Quella è però una parola volgare, che crea una mentalità sbagliata''.

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Il Cardinale ha proseguito nel suo ragionamento attorno alla parola ''Verbo'' spiegando quanto sia fondamentale per un credente la lettura della Bibbia. ''C'era chi diceva che ogni parola dei testi sacri ha 70 significati, uno per ciascuno di noi'' ha spiegato. ''E' esattamente come quando si spacca una pietra con il martello, che sprizzano scintille ovunque: la Bibbia è la fiaccola per i passi della nostra vita''.

Don Eugenio Folcio e il cardinale Gianfranco Ravasi

Sul finire della sua omelia, il Cardinale Gianfranco Ravasi ha accostato al termine analizzato anche un'altra, importante parola dei cristiani. ''La parola si fece carne'' ha proseguito. ''Il significato non è solo corporeo. Sì, Dio si fece uomo tra gli uomini, conobbe l'amicizia e il tradimento, la sofferenza della gente, ma le sue parole sono sempre state consolazione e conforto, perciò nutrimento, come la carne. La parola diventa vita. Finisco riprendendo anche io, come Don Eugenio, una citazione di Borges, scrittore argentino che Papa Francesco ha conosciuto molto bene. Diceva che 'non c'è un solo istante che non sia carico come un'arma'. Ogni secondo della nostra vita è importante, perciò, non lasciamolo risolvere nel vuoto, ma facciamo in modo che sia sempre come un seme fecondo''.

Dopo aver ricevuto un lungo applauso dalle navate, il Cardinale è sceso tra la gente lasciandosi abbracciare, baciare e dando una carezza ai bambini.
A.S.
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