Merate: tra falsi miti, sovrastime e dati reali il libro di Facchini ''Alla deriva''
Anche a Merate è arrivato "Alla deriva", il libro di Duccio Facchini dedicato al fenomeno della migrazione in cui il giornalista di Altreconomia ha raccontato, dati alla mano, "il naufragio della politica, che nega i diritti per fabbricare consenso". Su invito del Comitato meratese per la difesa e l'attuazione della Costituzione, ieri sera si è svolta la presentazione pubblica nella sala civica di Viale Lombardia.
Per introdurre il tema, Facchini ha illustrato gli esiti di uno studio dell'Istituto Cattaneo che mostra come l'Italia sia il Paese europeo in cui la percezione della presenza della presenza dei migranti è più distante dalla realtà. Gli italiani sovrastimano, mediamente, del 17% il numero di migranti presenti nei confini nazionali: a fronte dell'8% ne sono percepiti il 25. L'elettore di sinistra sovrastima al 18%, quello di destra fino al 32, impressionante il dato del sud Italia dove a fronte del quattro per cento di migranti presenti, la percezione è del 27. Venendo alla realtà, il giornalista ha provato a sfatare alcuni luoghi comuni: i cittadini stranieri regolari presenti in Italia al 2017 sono 5.300.000, l'8,5%. Tra loro gli occupati sono 2.422.664, il 34% svolgono professioni non qualificate, mentre tra gli italiani sono occupati in queste professioni l'8%. "Ci rubano il lavoro? - si è chiesto l'autore - forse no. Inoltre gli immigrati, impegnati in percentuale altissime in lavori domestici e nell'assistenza agli anziani, svolgono un'attività importante per le famiglie italiane". Questa fascia della popolazione poi è - in qualunque settore - penalizzata dal punto di vista del salario rispetto ai colleghi italiani, mentre dal punto di vista imprenditoriale producono ricchezza: ci sono 700mila immigrati titolari di attività che contribuiscono con 130miliardi alla crescita del nostro Pil; il 21% di questi nuovi imprenditori sta in Lombardia, dove porta il 10% di valore aggiunto. Cinque miliardi di euro, di quello che i lavoratori immigrati guadagnano, lo mandano "a casa loro", forse "si aiutano da soli" ha commentato Facchini, prima di sottolineare un altro aspetto. "L'Italia si candida ad essere un Paese in riduzione per il saldo negativo tra nascite e morti e per l'invecchiamento della popolazione. Nel 2065 ci saranno sette milioni di abitanti in meno: il nostro sistema di welfare non starebbe in piedi, il tema dell'immigrazione richiede quindi un approccio più ragionato anche sotto questo punto di vista".

Duccio Facchini
Ulteriore aspetto toccato nella presentazione è stato quello delle Ong, che secondo la propaganda dilagante sarebbero dei "taxi del mare" che agiscono da pull-factor influenzando le partenze dei migranti dalle coste libiche. La Guardia costiera dal 2014 al 2017 ha salvato rispettivamente 38mila, 41mila, 35mila, 28mila persone, nello stesso periodo le Ong hanno recuperato 1450, 20mila, 47mila, 46mila migranti, Il numero di salvati dalle Ong non ha mai raggiunto la metà dei salvati complessivamente, i principali "taxi del mare" in questi anni sono stati la Guardia costiera e la Marina militare. "Le Ong - ha commentato l'autore - si sono limitate a rispondere ad un obbligo dettato dalle leggi e dalle convenzioni internazionali, intervenendo nei casi di imbarcazioni in pericolo, concludendo l'operazione di salvataggio nel più breve tempo possibile andando nel porto sicuro più vicino". La stessa Guardia costiera nelle sue presentazione spiega che all'origine delle migrazioni non ci sono dei pull-factor ma dei push-factor, che negli anni sono stati: la crisi albanese, le guerre in Kossovo, in Iraq, in Afghanistan, le Primavere arabe e le guerre civili in Siria e in Libia. "La lotta alle Ong è stata un pretesto per eliminare dal Mediterraneo braccia e occhi: a luglio 2016 sono state salvate 25mila persone, di cui 8mila dalle Ong 8mila; lo stesso mese, due anni dopo i salvataggi sono stati 1365 e l'Ong non ne ha realizzato nemmeno uno. Meno sbarchi, meno morti?" Si chiede ancora Facchini. No: l'Ispi ci dice che a fronte dell'enorme calo degli sbarchi è cresciuto del 150% il numero di morti e dispersi. E l'eliminazione dallo scenario delle Ong è direttamente collegato al progetto di creare una zona Sar - Search and rescue - libica. "Tripoli oggi si occupa del soccorso dei migranti in mare in forza di un progetto europeo finanziato con 1.800.000 euro e coordinato dall'Italia che punta a costruire un centro di coordinamento della Guardia costiera di Tripoli, con l'obiettivo tra agli altri, di ridurre i casi Sar gestiti direttamente da paesi membri e relativi costi". Da gennaio 2016 a luglio 2018 è crollato il numero di persone che dalla Libia è riuscito ad arrivare in Europa: nel luglio 2018 su 100 partiti, 74 sono stati riportati in Libia. In un rapporto di settembre l'UNHCR scrive che in Libia non c'è una legislazione sull'asilo, che il destino di un immigrato irregolare è la detenzione in condizioni crudeli, disumani e degradanti, in un Paese dove esiste la prassi dei lavori forzati e quella della tortura e in cui le Guardie costiere sono accusate di collusione con i trafficanti. La Libia - si legge - non può essere un Paese terzo sicuro, non può essere definito un porto sicuro. "Le colonne portanti delle politiche europee crollano" ha commentato il giornalista. Politiche europee che stridono però con un'altra pratica diffusa nel vecchio continente: la vendita del permesso di soggiorno e della cittadinanza a "immigrati investitori". Portogallo, Spagna, Francia, Gran Bretagna, Irlanda, Olanda, Lussemburgo, Lettonia, Grecia e Ungheria vendono il permesso di soggiorno e la residenza, mentre Malta, Austria, Bulgaria e Cipro vendono anche la cittadinanza; gli acquirenti vengono per lo più da Russia e Cina. Una pratica questa al altissimo rischio corruzione e senza troppe procedura di verifica secondo Transparency International e Global Witness, che hanno curato il rapporto "European gateway".

Federico, Ernesto Passoni e Cristina
