Mandic: paziente perse la vista, a giudizio l'oculista. In Aula 'assolto' dai consulenti

"Non è configurabile responsabilità a carico del medico". E' questa la conclusione alla quale sono pervenuti i due consulenti della Procura incaricati di studiare a quattro mani il caso di un paziente, classe 1947, che, dopo essere stato sottoposto in regime di ambulatoriale ad un intervento chirurgico per l'asportazione di una presunta ciste all'ospedale Mandic di Merate nel marzo 2012, ha perso la vista dall'occhio "toccato"  dal dottor P.G., l'oculista ora a processo per lesioni personali colpose. Quest'oggi, al cospetto del giudice monocratico Enrico Manzi, ha rassegnato le proprie valutazioni - stante l'assenza della collega con la quale ha collaborato - soltanto il dr. Carlo Capoferri, ripercorrendo, come chiesto dal pubblico ministero Silvia Zannini in sede di conferimento dell'incarico, i fatti che si sono susseguiti dal primo al cinque marzo di sei anni fa e dunque dall'accesso del paziente - anche quest'oggi presente in Aula, pur essendo già stato escusso ad una precedente udienza - al nosocomio di via Cerri all'effettivo riscontro dell'intercorsa cecità, poi diventata permanente. Il perito ha così ricordato come il collega P.G. visitò dapprima l'uomo presso il proprio studio privato in data 17 dicembre, fissando poi l'operazione di rimozione della supposta cisti sebacea, risultata essere, a seguito di biopsia effettuata su un campione prelevato in corso di intervento, un emangioma e dunque un tumore benigno, descritto per rendere l'idea come una "spugna di vasi".
Rimandato a casa, il paziente - residente a Mariano Comense - il giorno successivo avrebbe contattato il medico, lamentando gonfiore all'occhio e venendo rassicurato su circa la "normalità" di tale disturbo, confermata anche dal dr. Capoferri che ha invece bollato come non facente parte del decorso post-operatorio la amaurosi - e dunque la cecità - descritta dalla persona offesa in data 4 marzo, in relazione alla quale l'uomo sarebbe stato invece tranquillizzato dall'oculista, salvo poi essere visitato l'indomani e, di fronte all'assenza della vista, sottoposto ad una terapia cortisonica d'urto per cercare di arginare la sospetta lesione ischemica del nervo ottico riscontrata. Ritenendo la cura appropriata seppur somministrata secondo la logica del "o la va o la spacca", il consulente della Procura ha giudicato consono il comportamento assunto dall'imputato, con unica eccezione la risposta fornita nel corso della telefonata del giorno 4, pur ammettendo che, anche qualora il paziente fosse stato visitato subito, in termini di probabilità di recuperare la vista non sarebbe forse cambiato nulla. La probabile causa del buio? "Una emorragia iniziata in corso o successivamente all'intervento, comprimendo il nervo ottico" ha sostenuto, parlando di un evento raro ma descritto in letteratura. "Non è detto ci sia stato sanguinamento: l'ischemia poteva già essere in corso" ha obiettato uno dei due consulenti nominati invece dalla difesa, con entrambi i camici bianchi concordi però con il dr. Capoferri nell'escludere responsabilità in capo al dr. P.G., il cui approccio chirurgico sarebbe stato corretto, assumendo anche un atteggiamento appropriato nella prescrizione degli esami prima e dopo l'intervento.
Non del tutto dello stesso avviso un ulteriore esperto portato in Aula dalla dottoressa Zannini che ha ipotizzato "responsabilità del primario della struttura in vigilando nella gestione di questi interventi", evidenziando a giustificazione di tale pesante affermazione come "è buona regola che si faccia un ricontrollo in ospedale dopo l'operazione". Nel caso specifico, invece, "assistiamo a telefonate private tra il signore e l'oculista. Questo è il tema: la carenza nell'assistenza post-operatoria".
Per il completamento dell'istruttoria, con l'escussione della dottoressa che ha redatto la consulenza in collaborazione con il dr. Capoferri, della ferrista che collaborò con l'imputato e dello stesso dr. P.G., la causa è stata aggiornata al prossimo 25 gennaio. Nel frattempo si definirà con ogni probabilità anche la causa civile intentata al cospetto del giudice Carlo Stefano Boerci.




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A. M.
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