Merate: la fotografia del mercato settimanale, datato 1400. 154 banchi, 128 italiani, 26 tra nordafricani e asiatici (17%)

Le sue origini affondano ancora prima del 1400.
A pagina 53 del libro "Sette giorni a Merate" di Carlo Merli così scrive l'autore "Intanto se hai sentito accennare a Melate nome antiquato della nostra borgata, il detto nome risulta in varii antichissimi documenti, quali l'atto con cui l'arcivescovo Ariberto dava la corte di Melate in feudo ai monaci di San Dionigi, e l'altro con cui nel 1158 Federico Barbarossa confermava ai monaci i diritti di lucro e di giurisdizione. Col tempo la parola si cambiò in Merate e già nel 1403, in un decreto relativo al ripristino dei mercati locali, emanato da Caterina e da Gian Maria Visconti, trovasi scritto "in Burgo Merate".

Il mercato di Merate ritratto in un quadro di un pittore ignoto, datato 1783, e trovato presso
un antiquario di Bologna e, accanto, in un quadro di Donato Frisia datato 1938

Di secoli ne sono passati, il mercato è rimasto ma è profondamente cambiato: nei numeri, in parte nella dislocazione, sicuramente nelle merci e nei commercianti.
Allora c'erano i carri, il bestiame ed enormi tendoni, così come sono immortalati in un quadro del 1783 e in uno più recente di Donato Frisia del 1938. Come si scorge dalle immagini c'erano le guardie in divisa, i "signori" in abiti eleganti, con il cappello con la tesa o a mo' di tuba in testa e il bastone al quale reggersi durante le varie soste. Le massaie giravano con lunghe gonne e cuffie di cotone in testa. Il cuore era l'area che gravitava attorno a Piazza Prinetti.

Oggi i tendoni sono meccanizzati, ci sono furgoni a motore, i banchi hanno perso quel sapore di genuinità popolare che ancora negli anni Cinquanta possedevano. Spesso sono i teli di plastica da un banco all'altro a separare le merci, talvolta ripiegate con cura altre ammassate su tavole di legno dove la clientela "fruga" alla rinfusa alla ricerca dell'affare. Non ci sono più solamente i prodotti tipici del mercato, dalle olive alla frutta secca alle caramelle sciolte, ma oggetti di bigiotteria, per la casa, per la pulizia degli ambienti. Abiti di una certa fattura e finezza sono mischiati alle "occasioni" da uno o due euro. Il mercato resta comunque un momento di ritrovo per i meratesi, forse meno di acquisti come gli stessi ambulanti storici hanno avuto più volte modo di lamentare, per la perdita di qualità sia della merce che della clientela, per le difficoltà a trovare parcheggio e per un ambiente che non è più lo stesso.

I 154 banchi divisi per nazionalità

Con il prezioso aiuto dell'ufficio commercio abbiamo fotografato la situazione attuale del "nostro" mercato. In totale i posti occupati sono 154 di cui 128 intestati a italiani, 24 a nordafricani e 2 ad asiatici. I settori merceologici sono i più svariati: domina l'abbigliamento che, complessivamente, considerando vestiti in senso stretto ma anche accessori, calze ecc arriva a 70 unità. Una decina i banchi di calzature. 25 gli alimentari tra polli, pesce, formaggi, dolciumi, frutta.

 

La maggior parte degli ambulanti è concentrata in Piazza Prinetti (31 postazioni, di cui 4 gestite da stranieri), poi ci sono Via Mameli e Piazza Don Minzoni. In Via Manzoni i banchi sono 21 e di questi un terzo è intestato a stranieri, in particolare nordafricani, concentrazione questa che ha portato nei giorni scorsi una lettrice a paragonare quel tratto di strada a Marrakech.

Ubicazione dei banchi


La nota che preoccupa gli ambulanti con anzianità maggiore è la presenza crescente di bancarelle gestite da extracomunitari che opera agendo esclusivamente sulla leva del prezzo, offrendo merce a 1, 2, 5 euro che alla fine deprime nella sua complessità il valore stesso del mercato ambulante. Attualmente gli extracee sono il 17% del totale degli ambulanti e il loro numero continua a crescere mentre progressivamente escono dal centro gli italiani.
Saba Viscardi
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