Carmelo La Mancusa: i miei genitori mi hanno insegnato a pensare molto, sognare moltissimo e guardare sempre avanti. Così ho vinto contro i ''mostri sacri'' e poi ho lasciato il posto

Si susseguivano, alternandosi, senza soluzione di continuità: Pierluigi Montanelli (1983/1988 - 1988/1993), Gilberto Tavola (1993/1997 - 2006/2011), Roberto Corbetta (1997/2001 - 2001/2006), spesso cambiandosi di posto, da vice a sindaco poi il contrario e così via. Una storia democristiana lunga anche dopo il crollo della balena bianca. Che prometteva - o minacciava - di continuare anche dopo il 2011 con Roberto Corbetta di nuovo candidato sindaco di Santa Maria Hoé, assieme al compagno di banco (politicamente parlando) Gilberto Tavola. Ma nella lista del dottor Tavola figurava anche un insegnante elementare dal nome e cognome improbabili per la brianzola Santa Maria Hoé: Carmelo La Mancusa. Un giovanotto, allora di 26 anni, figlio di un siciliano e di una pugliese, insofferente verso i riti della trentennale politica  del "solito trio" cui comunque riconosceva la capacità di sviluppare buona amministrazione. La Mancusa voleva provare un'esperienza nuova: correre da solo contro gli inossidabili Corbetta e Tavola prima che i loro volti venissero scolpiti nella roccia, non delle Black Hills ma del più modesto San Genesio. Per primo ingaggia Efrem Brambilla, ancora più giovane di lui, 22 anni e pian piano riesce a mettere assieme la lista che, non è chiaro se con ironia o sprezzo del pericolo chiama "Una speranza per Santa Maria". E la speranza diventa realtà: alle elezioni del maggio 2011 il giovane Carmelo batte il più anziano Roberto per 631 a 596. Efrem Brambilla, con 133 preferenze diventa vice sindaco. Cinque anni di apprendistato alla scuola La Mancusa e poi, nel 2016, rinunciando il sindaco uscente a ricandidarsi alla medesima carica, Efrem Brambilla stravince con poco meno del 77% dei voti su Mario Brambilla, esponente dell'ala che ancora schiera Roberto Corbetta e Gilberto Tavola. Oggi, da osservatori esterni, possiamo dire che tra i due c'è rispetto ma l'intesa di un tempo no, forse perché l'idealismo e il pensiero di innovazione di La Mancusa non si coniugano più con il pragmatismo, al limite del narcisismo, di Brambilla.

Carmelo La Mancusa


 
"Diciamo che l'approccio al ruolo è diverso cosi come è differente anche l'esercizio della funzione. Però Efrem ha il mio pieno appoggio. Anche quando non condivido la sua posizione. In un gruppo la coesione è fondamentale. E su questo il Sindaco ci può contare".



Una posizione prudente per chi ha avuto il coraggio di sfidare Tavola e Corbetta.
"La prudenza, come la passione per la politica, l'ho ereditata da mio padre, siciliano di Patti, giunto qui a 28 anni dopo aver vinto un concorso nelle poste. Mia madre, pugliese, era venuta al nord a trovare un parente vicino di casa di mio padre. Si sono visti, si sono conosciuti, si sono innamorati e qui hanno messo su casa. Io sono nato al San Leopoldo Mandic, elementari a Santa Maria, medie a Rovagnate. Le superiori al Pessina di Casatenovo. Università alla Bicocca e Perfezionamento tra le realtà educative/teatrali di Milano. Ho insegnato prima  a Casatenovo, poi a Perego e Castello Brianza. Appena diventato sindaco non volevo stare con un piede in due scarpe, perciò ho scelto per 4 anni di insegnare alla scuola primaria di Sartirana ed ora sono di ruolo al plesso di via Montello a Merate. Anche i miei figli, Margot, 4 anni e mezzo e Francesco, 6 mesi, sono nati in Brianza. Insomma a dispetto di nome e cognome sono brianzolo a tutti gli effetti. Della Sicilia ho portato il nome, Carmelo, del nonno paterno ed uno spirito allegro e conviviale. I miei mi hanno insegnato a pensare molto, a sognare moltissimo ed a guardare sempre avanti. Quando sono stato eletto dissi subito che quella di sindaco sarebbe stata un'esperienza di cinque anni, non di più. Ora tocca ad Efrem portare avanti quel progetto di rinnovamento che scrissi a 26 anni". 


 
Ma in Amministrazione comunale c'è entrato molto presto.
"Sì non avevo ancora compiuto 22 anni. A casa c'era una televisione sola e già da piccolo si ascoltavano sempre le trasmissioni politiche dell'epoca, Samarcanda, Maurizio Costanzo show e poi si discuteva. A me è sempre piaciuto impegnarmi, fare qualcosa di nuovo. Al Pessina sono stato per due anni rappresentante d'istituto. Una bellissima esperienza che porto nel cuore".



E far parte di un Consiglio comunale è certamente qualcosa di nuovo e di straordinariamente utile....
"E' verissimo. Si vede il proprio paese con occhi diversi, si conoscono persone, situazioni, problematiche che diversamente resterebbero sconosciute. Sono entrato su invito di Gilberto Tavola che per me è stato un maestro. Anche se credo che il mio debito maggiore sia verso Marco Panzeri che nel 2011 stava per concludere il mandato di sindaco di Rovagnate. I suoi consigli, il suo esempio, anche se non sempre condivisi, per me sono stati fondamentali".



Cinque anni di apprendistato poi la decisione di correre in proprio, cosa l'ha spinta a questo passo?
 "Mi sono chiesto se volevo andare avanti a partecipare a tutte le riunioni settimanali ascoltando e a volte faticando a dire la mia opinione oppure se non fosse il caso di imprimere una svolta al mio impegno in Comune. Una scelta di questo tipo non è facile; devi metterti in gioco ed avere un pizzico di follia.  Sono partito da solo, ho passeggiato su è giù per il paese parlando con le persone. "E' il figlio di Santino -  dicevano alcuni - l'impiegato postale". "E' l'allenatore di calcio" dicevano altri. Alla fine mi sono accorto che tutti mi conoscevano  e, probabilmente, avevano una buona opinione. Piano piano sono riuscito a mettere assieme un gruppo di giovani, con zero esperienza ma tanto entusiasmo".


 
Come l'ha presa Roberto Corbetta la sua candidatura?
"Penso con un sorriso, forse non ero molto apprezzato; a volte ponevo domande che suonavano come richiami. Può darsi che non mi sia posto bene io, quindi credo che mi abbia salutato senza né patemi  d'animo né tanto meno, un moto di timore. Ma ha sottovalutato non tanto noi, quanto il vento del cambiamento che già soffiava in paese. Alla fine, pur governando bene, la gente a lungo andare chiede volti nuovi, dai quali si attende qualcosa di diverso. Ecco  credo che il vecchio gruppo non abbia colto questa esigenza che stava montando. Intendiamoci la vittoria è stata di misura. Ma credo che nessuno ci avrebbe scommesso un euro".
 


Quante difficoltà ha incontrato dopo aver indossato la fascia di sindaco?
"Conoscevo un po' i meccanismi amministrativi ma c'è una grande differenza tra il consigliere comunale e il sindaco. Mi sono messo a studiare su compiti e prerogative del primo cittadino chiedendo aiuto a amici che già avevano rivestito la carica. Non mi mancava la determinazione ma bisogna considerare che alle elezioni del 15 maggio 2011 avevo 26 anni. E gli avversari erano quelli che avevano governato per tantissimi anni, sicuramente senza sfigurare. Aggiungo anche che la loro opposizione, almeno nei primi due o tre anni, fu dura e serrata".
 


Con Perego e Rovagnate avete dato vita all'unione dei comuni della Valletta. Un'iniziativa utile per il cittadino?
"L'unione è stata una grande rivoluzione che è passata un po' in sordina, una scelta forte che ci siamo assunti come gruppo per poter garantire ai cittadini quei servizi che singolarmente ciascun comune avrebbe avuto serie difficoltà a mantenere. L'unione di allora è la stessa che gestisce anche oggi i nostri comuni".
 


 
Lei però ha votato contro la fusione con Perego e Rovagnate, perché?
"Potrei rispondere semplicemente che non ho aderito alla fusione perché nel programma elettorale che sottoponemmo alla cittadinanza c'era scritto chiaramente che la nostra intenzione era di preservare Santa Maria Hoé. La coerenza in politica è assai rara. Ma attenzione non per una mera questione di campanile, no. Io penso che le cose funzionano meglio quando amministratore e cittadino sono vicini. Per i servizi associati c'era (e c'è) già l'Unione. Non vedevo la necessità di cancellare dalle cartine geografiche il nome di Santa Maria Hoé e così la sua storia secolare. Già nel 1928 con regio decreto il comune era stato soppresso e passato sotto la denominazione di comune di Santa Maria di Rovagnate. E solo nel 1953 si è tornati autonomi. Perché sopprimerlo di nuovo? Dicono, perché così si incassano i premi che lo Stato ha messo in palio per i nuovi comuni nati da fusioni. Una manovra astuta per ridurre sempre più la rappresentanza locale concentrando in realtà sempre più grosse il potere politico e gestionale. Però, allora si diceva che la fusione è un matrimonio. D'accordo ma il matrimonio non è un incontro economico bensì la condivisione di una visione sul territorio. Del resto credo che quanto è accaduto nel Consiglio comunale di La Valletta Brianza sia significativo: mettendo  assieme gruppi diversi si è finito per perdere le risorse importanti rivenienti da Rovagnate che è quasi per nulla rappresentato nel nuovo Comune".
 
 

Oggi rifarebbe questa scelta?
"Sì senza dubbio. A maggior ragione osservando quanto accade nella neo costituita realtà amministrativa. A me piace osservare, osservo e faccio osservare anche i miei bambini a scuola per abituarli a guardare la realtà anche con occhi diversi; e nell'osservazione colgo tante cose, per esempio come si sono evoluti i rapporti tra i due paesi fusi. Anche se devo dare merito e onore alla giovane Roberta Trabucchi di saper tenere la rotta nonostante tutte le difficoltà sin qui incontrate".
 
 
 
Come mai ha deciso per il passo indietro lasciando il posto di candidato a sindaco al suo vice Efrem Brambilla?

"Come le dicevo l'ho detto subito, nel 2011 che mi sarei fermato alla fine del mandato. Perché in 5 anni ci sono tantissimi stimoli che una persona può dare e io penso di averne dati tanti. Alcuni di questi si stanno concretizzando nell'azione amministrativa della nuova giunta. Bisogna sempre reinventarsi e fare nuove esperienze per crescere. Efrem era già vice ed è stato un passaggio naturale candidare lui a sindaco. Aveva 28 anni, due più di me quando ho assunto la carica e ha maturato già una buona esperienza. Sono un fautore del rinnovamento e qualcosa di questa spinta deve aver attecchito anche nei paesi vicini, prima con Marina Galbusera a Rovagnate e poi con Roberta Trabucchi, prima sindaca del nuovo comune La Valletta Brianza".


 
Efrem Brambilla ha stravinto con quasi il 77% dei consensi. Un risultato straordinario.
"Direi di sì anche perché tra gli avversari c'erano, oltre al loro candidato Mario Brambilla personaggi conosciuti come Fabiana Tavola, Gilberto Tavola e Roberto Corbetta. Credo che la vittoria sia stata determinata da quanto abbiamo seminato e coltivato nei cinque anni. Nonostante la nostra poca capacità di comunicare quanto abbiamo fatto. Ad esempio l'unico progetto per l'Expo della provincia di Lecco l'abbiamo presentato noi, oppure il bike sharing per arrivare alla stazione con Olgiate e le colonnine per le auto elettriche. Abbiamo anche messo a punto una proposta per una nuova scuola elementare innovativa e per ristrutturare la scuole d'infanzia. Insomma si è lavorato molto e molto ci sarà da fare in questi anni".
 


Veniamo a temi sovracomunali. Nel lungo braccio di ferro sull'affidamento del servizio idrico Santa Maria si è schierato con Merate o con Lecco?

"Eravamo con Merate con la sola differenza che per noi il veicolo migliore era l'Azienda Speciale Pubblica, come Retesalute, autonoma dal gruppo LRH. Vede, io non appartengo al alcuna formazione politica e non ho una precisa area di riferimento. Mi ritengo uno spirito libero e non devo rendere conto a nessuno se non ai cittadini di Santa Maria. Penso che la semplicità sia una dote straordinaria anche perché sono le cose semplici quelle che vengono facilmente capite da tutti. E quel progetto lecchese tutto era fuorché semplice. Al contrario si è scelto un percorso complicato, tortuoso e costoso per arrivare ad un risultato che poteva essere raggiunto in pochi mesi con l'ASP". 



Anche sul grande progetto di multiutility del Nord Lombardia, Santa Maria ha votato contro. Ma Efrem Brambilla aveva un mandato per esprimere quel voto nell'assemblea dei soci di Lario reti?

"Il Sindaco ha convocato tutti per raccogliere le singole opinioni. Devo dire che nelle prime fasi dei colloqui pareva che non fosse possibile opporsi alla fusione di Acel e Lario Reti Gas in Acs-Agam. Io e Cristian Bonanomi abbiamo tenuto la stessa linea contraria al progetto, esposta in consiglio comunale a Dicembre 2016. Se Brambilla in assemblea ha votato contro significa che in tale direzione sono andati i pareri del consiglieri. O almeno la maggioranza dei pareri".


Lei che cosa ha detto?
"Io penso innanzitutto che l'acqua è un bene comune per cui deve restare pubblica e le amministrazioni locali debbono avere la gestione del servizio, mentre il gas è un prodotto liberalizzato sul mercato. Forse si poteva vendere le due società e uscire del tutto da quel mercato. Oggi comunque sono contrario alla fusione. Più grandi diventano le aziende, più si allontanano i centri decisionali dai mercati di riferimento e quindi dai cittadini-consumatori. Oggi siamo a parlare di una fusione per posizionarci meglio sul mercato. Magari tra alcuni anni sarà chiesto di allargare il bacino con altre fusioni. Una storia che non avrà mai fine. Acel e Lario reti Gas sono due realtà solide e ben gestite ma l'esperienza mi dice che a volte le scelte politiche sulle società, nel tempo, producono risultati deludenti. Domani con due consiglieri su tredici il lecchese conterà poco o nulla anche nella definizione delle strategie di investimento e nelle politiche tariffarie".



Un rimpianto per un obiettivo non raggiunto durante il suo mandato?
"Il caso Bessel, oltre 200 dipendenti che hanno perso il posto di lavoro. Mi sono impegnato molto andando a parlare a tantissimi tavoli, dalla provincia fino ad arrivare al Mise a Roma. Ho provato anche a presentare alla proprietà Fumagalli degli imprenditori disposti a rilanciare l'area con una missione differente per salvaguardare dei posti di lavoro. Il progetto era interessante e riguardava la possibilità di far diventare l'area un centro di ricerca e produzione di prodotti della natura con tecnologie innovative. Purtroppo per ragioni che non sto a raccontare non se ne fece nulla".



Ha già deciso per chi voterà alle regionali e alle politiche?
"Non lo so ancora. Potrei dire che l'offerta non soddisfa la domanda ma preferisco aspettare le prossime settimane. Di sicuro però a votare andrò. E' un dovere, prima che un diritto, cui non voglio sottrarmi. Né rinunciare".



Qual è la sua posizione sui social e la politica?
"Sono cosciente del fatto che sono strumenti potentissimi per informare le persone. Sicuramente però non sono così efficaci nel far riflettere. Non possiedo nessun profilo social e non ho nemmeno delle app di comunicazione ormai in voga sullo smartphone. E' una scelta personale e ne vado fiero. Qualche settimana fa una persona mi ha chiesto se poteva inserirmi nel gruppo di una nota applicazione di messaggistica istantanea sul telefonino. Gli ho risposto che non avevo l'applicazione. Lei mi ha detto che non sapevo cosa mi stessi perdendo. Io ho risposto che non sapeva cosa avessi conquistato".


 
Progetti futuri?
"La politica è una cosa bella. Fatico però a vedere i comuni che si reggono in piedi sui tagli, sugli oneri di urbanizzazione e sui cosiddetti spazi finanziari. Perciò in questo anno e mezzo di pausa mi sono concentrato a confrontarmi con tante persone, tanti professionisti provenienti da diversi settori conosciuti durante l'esperienza di sindaco ed ho elaborato una serie di appunti su una possibile riorganizzazione della società. Magari se vorrà gliela racconterò con calma".
Claudio Brambilla
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