Merate: la Giubiana ''accende'' la festa nel centro, grande falò per scacciare l’inverno


Racconti in inglese, un corteo da piazza Italia fino al parco Belgioioso, cioccolata calda, pane e salame, vino e un grande falò. La pro loco meratese ha allietato numerosi bambini e adulti in occasione del rito della Giubiana, indetto per sabato 27 gennaio. Nella tradizione popolare il falò è considerato un rito di purificazione e consacrazione, varie sono le ricorrenze in cui queste pratiche si svolgevano e sono rievocate anche oggi, sia in concomitanza con il culto di un santo particolare, che con il ciclo delle stagioni e quindi dell'agricoltura.


Come ha spiegato Serena Labonia, studentessa di antropologia e membro del direttivo della pro loco di Merate "tutto parte con i Celti che festeggiavano il dio Lug, signore della morte e della resurrezione, accompagnato da un cinghiale, uno degli animali simboli delle popolazioni primitive europee; il rogo in queste feste simboleggiava non solo la fine dell'inverno, ma anche le fiamme infernali. Il nome Giubiana deriva proprio dalla tradizione pagana, e fa riferimento forse a Giunone, dea romana della fertilità, o al dio Giove, da cui l'aggettivo Joviana. Infatti in molti paesi il falò si svolge l'ultimo giovedì di gennaio. Nel Medioevo, dopo lunghe e continue trasformazioni, la cultura cristiana si impossessò di questo dio celtico, Lug, e della sua storia, sovrapponendo ad esso la più rassicurante figura di Sant'Antonio Abate, con la sua barba bianca e il bastone pastorale, mentre il rogo perse le sue caratteristiche pagane, diventando un rito di passaggio tra due stagioni, e il cinghiale divenne un più innocuo maialino".

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Labonia e lo storico medievale Lorenzo Proserpio, si sono dedicati principalmente allo studio dell'area Lombarda sul cui territorio due sono le occasioni, nel periodo invernale, in cui vengono accesi dei fuochi: la festa di sant'Antonio Abate, appunto, e la fine di gennaio, in occasione del rogo del Ginèe o della Giubiana (figure che stanno a rappresentare l'inverno).


"In entrambi i casi il nesso con la cultura contadina è evidente: il santo è raffigurato in compagnia di un maiale ed altri animali da cortile, in quanto protettore delle campagne, mentre la vecchia da bruciare rappresenta la cattiva stagione che si vuole allontanare e scacciare in favore di un nuovo rigoglioso inizio del ciclo agricolo".

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Ha proseguito Labonia "Essa viene anche associata alla figura della strega che mangia i bambini, e che quindi deve essere eliminata, per mettere al riparo i più piccoli. Tra l'altro il giorno in cui le streghe si riunivano nei loro sabba satanici era, secondo la tradizione, proprio il giovedì".


A Merate la ricorrenza è inoltre testimoniata da Alessandro Manzoni, che da bambino fu studente nel collegio dei padri Somaschi (l'attuale sede dell'Istituto Comprensivo). Come ha raccontato la studiosa " a quei tempi egli aveva osservato le fanciulle meratesi cantare la canzone del Ginée, radunate in circolo, nei "Giorni della merla". I giovani meratesi invece, si ritrovavano la sera degli ultimi giorni di gennaio, sul sagrato di S. Bartolomeo o davanti alla statua di Ercole, nel parco Belgioioso, dove accendevano un gran falò, attorno al quale cantavano. Tutto ciò dopo aver recitato il rosario nelle cucine e nelle stalle. I ragazzi prendevano di mira le ragazze non ancora sposate, a volte gettando cenere o polvere davanti agli usci delle loro porte, oppure canzonandole; le stesse del resto con il loro canto benaugurante, esprimevano il desiderio di maritarsi".
Ester Cattaneo
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