Verderio: ''E l’uomo creò le sue piante'' con Carlo Soave, noto professore e ricercatore
Le piante di cui ci cibiamo, partendo dalla preistoria fino ai giorni nostri, sono state illustrate dal professore e ricercatore Carlo Soave nella serata di venerdì 19 gennaio, in Villa Gallavresi a Verderio. In occasione del ciclo di conferenze scientifiche "La scienza nel terzo millennio", per il tema "l'uomo e l'ambiente", ha aperto l'incontro Giuseppe Gavazzi, organizzatore della serata.

"Questa sera abbiamo con noi l'ex ricercatore C.N.R. presso l'Istituto Biosintesi Vegetali, a Milano, Carlo Soave, in passato direttore della Sezione di Bergamo dell'Istituto per la Cerealicoltura, presso il Ministero dell'Agricoltura - ha commentato - Prima professore ordinario di "Genetica Agraria" nell'Università della Basilicata e oggi professore ordinario di Fisiologia Vegetale presso l'Università degli Studi di Milano. Presso la medesima sede è stato anche direttore del Dipartimento di Biologia era anche presidente della Società Italiana di Fisiologia Vegetale ed è infine membro del Consiglio dei Dipartimenti del CRA (Consiglio per la Ricerca in Agricoltura), ci racconterà qualcosa di più su quello di cui ci nutriamo".
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Soave ha fatto girare tra il pubblico dei campioni di spighe selvatiche e altre coltivate per evidenziarne la differenza spiegando che "Il passaggio da meri raccoglitori ad agricoltori, è stato decisivo. Nella preistoria si praticava la raccolta di piante selvatiche che, non solo lasciano i semi per terra obbligando chi se ne serviva a chinarsi faticosamente, ma vanno anche sbucciati dalle foglie che proteggono il seme e operano una mutazione spontanea per la quale risulta difficile staccarli dalla spiga.

Giuseppe Gavazzi
La domesticazione e "coltivazione", che significa aver cura, è stata inventata con il ritirarsi dei ghiacciai e ha alleggerito il lavoro. Nel corso del tempo sono cambiati sia i tipi di granai che i modi di trebbiare, oggi molto veloce grazie alla mietitrebbiatrice. In tutto ciò fondamentale è l'acqua, sulla base della quale si sono distribuite le popolazioni". Il relatore ha poi spiegato l'origine dei nomi di alcuni frutti, tra i quali la melanzana "mela non sana", chiamata così perché incommestibile allo stato selvatico e resa utilizzabile solo grazie alla domesticatezza dell'uomo. Soave ha inoltre mostrato la differenza fra arance selvatiche e non. Lo stesso per i fagioli e il mais, "l'oro dei Maya, risulta dorato e non piccolo e scuro solo se coltivato, e quindi modificato" ha spiegato "ne abbiamo certificazione grazie alla spedizione di Herman Cortes, il quale inviava lettere al re Carlo V per certificare la sua scoperta e ottenere finanziamenti.
Carlo Soave
Nei suoi scritti si vedono immagini e descrizione di come veniva preparata la tortilla, simile alla nostra polenta. Il mais è stato importato ma purtroppo il metodo di cucina della tortilla no, da questo ne è scaturito il problema della pellagra, che gli indios non avevano. La tortilla infatti, se da un lato fa si che parte delle proteine non siano digeribili dagli enzimi del corpo umano ma precipitano e denaturano, dall'altro mantiene la vitamina B e il resto delle proprietà nutritive rimane equilibrato. Per contro, con la lavorazione della polenta, si perdono quasi globalmente le proprietà del cereale".


Ester Cattaneo























