Merate: il regista Martinelli ricostruisce la morte di Mussolini. 'Verità fastidiose'

Gli elementi per suscitare l'interesse alla conferenza presso l'aula Monsignor Colombo del Villoresi di Merate c'erano tutti mercoledì sera 10 gennaio. L'ipotesi di una clamorosa bufala legata all'uccisione di Mussolini. La prospettiva di un "cold case", la riesumazione di un caso del passato rimasto irrisolto o con molti lati oscuri da chiarire. La "spy story" sul coinvolgimento degli inglesi e quindi l'ipotesi complottista.

Il regista Renzo Martinelli


E infine il mistero sull'oro degli ebrei, scomparso insieme alle sei valigette con cui era stato fermato il duce e probabilmente finito nelle mani di qualche membro del CNLAI o del futuro Partito Comunista che sarebbe rinato da lì a poco. A parlarne è stato il regista Enzo Martinelli, nella presentazione del suo esordio letterario "Kill Benito". Il romanzo ruota intorno al personaggio fittizio "Balilla" e ai due partigiani realmente esistiti, il Capitano Neri e Gianna. La vicenda dell'uccisione di Mussolini viene ripercorsa tre volte nel libro, ogni volta in una versione differente. L'ultima è quella accreditata dall'autore, frutto di dieci anni di ricerche su cui sarebbe pronto a mettere la mano sul fuoco. Il preside del Villoresi Stefano Motta - che già aveva ospitato il regista in due precedenti occasioni - ha riconosciuto degli elementi drammaturgici tipici di una sceneggiatura cinematografica all'interno del libro edito nel 2016 da Gremese. Il cineasta ha confessato che questa sia la sua intenzione. «La vulgata comunista ha retto per 70 anni. Il muro si sta sgretolando, un film lo abbatterebbe. Sono verità fastidiose da raccontare. Questo Paese non è ancora pronto ad accettarle. Rai e Mediaset - ha aggiunto Martinelli - non lo finanzierebbero mai».

Il prof. Stefano Motta


Due sono i punti che non passerebbero inosservati. Il primo è la mano inglese dietro l'omicidio eccellente. I britannici avevano una base a Brunate, per loro sarebbe stato facile raggiungere il fuggiasco non appena la notizia della sua presenza fosse trapelata. Si racconta che il dittatore avesse con sé due borse in pelle nera contenenti carteggi che avrebbero messo in imbarazzo il primo ministro inglese Winston Churchill. Avrebbero rivelato il tentato tradimento della corona britannica nei confronti degli alleati russi, impegnati sul fronte orientale contro i nazisti. Da qui il movente e l'interesse a zittire per sempre Mussolini, senza farlo arrivare a processo. Secondo il regista, a generare un terremoto in terra nostrana sarebbe il secondo punto, il giallo sull'oro di Dongo. Se ne è già scritto, ma il potere persuasivo dell'occhio cinematografico farebbe schizzare dal trampolino la pesante accusa. «Il PCI si è imboscato i soldi degli ebrei deportati nei campi di concentramento - ha dichiarato il regista - Ci accuseranno di revisionismo e di falsificazione storica, ma tutti i partigiani che erano a conoscenza delle sei valigette del Duce sono spariti e di quei soldi si è persa traccia. C'è chi sostiene che l'oro degli ebrei sia stato utilizzato per finanziare la costruzione di Botteghe Oscure, sede del PCI».


I dubbi su ciò che accadde tra il 27 e il 28 aprile del 1945 nascono dalla versione non convincente offerta sull'Unità nel 1947 dal Colonnello Valerio, colui che i libri di storia riportano essere stato l'esecutore della fucilazione. «Il colonnello Valerio non sapeva nemmeno dove si trovasse Mussolini. È stato un fantoccio, un prestanome. C'era chi non si poteva macchiare di aver ucciso anche la compagna Claretta Petacci, una donna innocente» secondo Martinelli. La tesi di una fucilazione sul muretto in una via di Bonzanigo o fuori dal cancello di Villa Belmonte a Giulino farebbe acqua da tutte le parti. Le tracce sul muretto alto 1,20 metri dei colpi sparati non sono credibili. Avrebbero raggiunto solo le gambe del giustiziato a morte. I fori sul corpo suggerirebbero inoltre che l'azione sia stata compiuta a distanza ravvicinata e non frontale. Altri sospetti nascono dagli indumenti privi di buchi e la cerniera dello stivale era talmente sfasciata che avrebbe reso impossibile a Mussolini di camminare.


L'esame autoptico solleva più dubbi che certezze. Anche sull'orario della morte pare ci siano elementi discordanti. Quando il corpo arrivò a piazzale Loreto a Milano sarebbe dovuto essere ancora in rigor mortis, ma dalle foto pervenute si evince il contrario. Quindi è plausibile sia stato ucciso nelle prime ore del mattino del 28 aprile. In base ad alcune testimonianze orali e a documentazioni scritte Martinelli ha quindi avanzato la sua tesi sulle dinamiche dell'omicidio, che sarebbe stato eseguito da un militare inglese in Casa De Maria, dove pare ci fosse molto sangue. «Il film sarà ancora più duro del libro. Ho già in mente come sarà la sequenza in piazzale Loreto. Ci sarà tutta la violenza che si scatenò sui due corpi di Mussolini e dell'amante Petacci. I loro volti alla fine erano irriconoscibili. Non risparmierò nulla» ha affermato il regista, per poi aggiungere: «Noi non ci rendiamo conto che sono italiani che fino al giorno prima esaltavano Mussolini. Una vecchia in mezzo alla folla si alzò la gonna e gli pisciò sopra. Molti partigiani erano partigiani del giorno dopo». Ricreare quei momenti per un lungometraggio necessita di alti investimenti, con un massiccio intervento digitale che restituisca la fedeltà storica all'ambientazione e ai paesaggi, fortemente mutati in settant'anni.
M.P.
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