Paolo Vitali: ''La difesa e la valorizzazione dell’ambiente non sono in cima alle priorità dei nostri Amministratori. E lo stato del lago di Sartirana e dello stagno di S. Rocco ne sono prova''

Il geometra Paolo Vitali

"Allargare i canali che si aprono tra i canneti? Per me è un intervento inutile o comunque di scarsa utilità. Il lago ha bisogno di più immissari, non sono i canali che fanno scorrere l'acqua, sono le entrate e le uscite che generano correnti".

Dunque l'intervento da (appena) 145mila euro annunciato da Massironi con inizio lavori a novembre e termine a febbraio 2018 - che per la verità doveva essere presentato prima dell'estate, invece non si è visto nulla - non porterà quei benefici al lago che tutti auspichiamo?
"Ripeto, a mio parere, al lago servono fonti idriche decisamente superiori a quelle attuali. Che alla fine sono rappresentate da un rigagnolo che scende dalle colline a nord, la cui portata però è molto modesta e dalle piogge".




Paolo Vitali, geometra, 35 anni di onorato servizio in Tessitura di Merate con incarichi nei settori acquisti, programmazione e manutenzione, cacciatore fino al 1973
("quando mi scoppiò tra le mani il fucile, da allora non ho più imbracciato un'arma") guarda ecologica volontaria dal 1985, direttore della riserva lago dal 1991 al 2009, grande conoscitore della flora e della fauna locali, è conscio che questa sua affermazione farà irritare il Sindaco. Ma ne è profondamente convinto.   Geometra Lei però è critico anche rispetto alla bonifica effettuata  nel 1974 dalla Cooperativa lago che vedeva tra i suoi attivisti ancora il Sindaco attuale....
"Si, a mio parere - lo dico pur sapendo di andare incontro a nuove polemiche -fece più danni che altro. Nel senso che il probabile uso di diserbanti ha di fatto cancellato gran parte delle piante acquatiche indispensabili sia per la produzione di ossigeno sia per la fornitura di cibo a molte specie ittiche. Allora la colpa fu addossata alle 400 carpe erbivore immesse nel lago. Ma non è possibile che 400 carpe, non in grado di riprodursi, abbiano spazzato via quasi 100mila metri quadrati di piante acquatiche. I danni che produce l'uomo vengono assorbiti dall'ambiente in 40-50 anni; quelli che genera la natura è la natura stessa che li ripara nel volgere di pochi anni. E oggi, basta osservare la tipologia di pesce ancora presente nel lago, per avere la prova che le specie che si nutrono di piante sommerse - come la "Myriophyllum spicatum e acuaticum" (piante ossigenanti) o alcuni tipi di "nymphaea"-  sono quasi scomparse o affette da nanismo.
 

Nymphaea

Myriophyllum spicatum e acuaticum



Quindi la biodiversità che solitamente caratterizza questi specchi d'acqua è venuta meno?   

"A mio parere la biodiversità è stata pregiudicata quarant'anni fa. E a cascata l'intero sistema della riserva è stato danneggiato. Negli anni sono quasi scomparsi i "gasteropodi"(chiocciole, lumache) che si nutrivano di piante acquatiche in grado di crescere anche in acque eutrofizzate, sono sopravvissute poche libellule, pochi insetti acquatici e la catena alimentare è andata in crisi: ci sono poche rane, quindi ancor meno bisce d'acqua di cui una volta il lago era colmo, scarseggiano tritoni padani (tipo lucertolone d'acqua), salamandre e così via. Quando manca una specie nella delicata sequenza ordinata dalla natura la catena alimentare si interrompe con effetti sull'intera filiera".

Tarabusino

Germano Reale

Martin Pescatore



Sono ancora molte le specie di uccelli che sopravvivono nella Riserva?

"Ci sono anatre, germani reali, folaghe, moriglioni, qualche moretta tabaccata e alzavole (dette da noi "reseghett"). Poi esemplari di martin pescatore, tarabusino, storno, cornacchia, merlo, usignolo, cinciallegra fringuello, svasso. C'erano tanti beccaccini che amano l'acqua bassa ma oggi senza lo sfalcio del canneto passano, ma non si fermano.



E specie ittiche?

"Nei secoli scorsi, diciamo fino al xix secolo, i proprietari tenevano nel lago soltanto tinche, anguillette, carpette e persici che poi vendevano sui mercati di Milano. Finita quella stagione sono stati immessi prima lucci e scardole e poi un po' di tutto a causa dell'inciviltà di molte persone che prendono pesci e animali in genere poi se ne liberano gettandoli dove capita. Oggi nel lago ci sono boccaloni, pesci gatto africani, tartarughe della Florida, Gamberi della Lousiana che si moltiplicano rapidamente e uccidono i gamberi autoctoni.



Un ecosistema ancora piuttosto vivace, nonostante tutto. E poi c'è o c'era un bel sistema di reticolo minore che si dipanava fino a Verderio Inferiore da un lato e Imbersago dall'altro.

"Infatti. Il lago ha un emissario, conteso nei secoli tra diverse nobili famiglie denominato prima roggia Verderio, poi roggia Annoni, sembra costruito all'incirca nel 1476 collegando diversi fossi irrigui. Il flusso delle acque veniva regolato mediante chiuse in ferro manovrate manualmente in funzione delle necessità. La roggia Annoni correva tra i campi poi, dopo la confluenza col "fontanone" raggiungeva quel bellissimo sistema di canali chiamato laghetto di Novate. L'invaso era regolato da una serie di chiuse, copriva all'incirca 20mila metri quadrati e nel punto più lungo arrivava a 187 metri. Era uno specchio d'acqua ricchissimo dal punto di vista della biodiversità. Da lì poi, sempre regolato con chiuse l'acqua veniva spinta fino a Verderio a irrigare i campi. Pensi che a Novate usando opportunamente fasci d'erba si riusciva a catturare il pesce con le mani. Era un angolo meraviglioso sotterrato dalla mano dell'uomo tra il 10 e l'11 febbraio del 1981. Il sindaco dell'epoca Giuseppe Ghezzi emise un'ordinanza di ripristino ma che cadde nel vuoto. Succede anche questo in un Paese come il nostro. Da San Rocco, oggi mediante la caditoia (il cosiddetto "tombotto" ndr) ma un tempo mediante una chiusa in ferro che ancora si vede sul lato nord dello stagno parte la Ruschetta che attraversa la proprietà Mombello e finisce nell'Adda a Imbersago.
 

Lo stagno di San Rocco oggi

Parliamo dunque dello stagno di San Rocco.  

"Come abbiamo detto è uno stagno costruito dall'uomo attorno al 1600. In origine apparteneva al conte Prinetti, era lungo 22 metri e largo 6. Il fondo è un lastricato di ciottoli oggi ormai ricoperto di fanghiglia. Serviva per compensare il troppo pieno del lago di Sartirana e impedire che scendesse eccessiva acqua verso Verderio allagando campi e paesi, ma alcune fonti sostengono che servì per alcuni decenni anche come ghiacciaia. Oggi è invaso dalla "Jussiaea grandiflora", una pianta sudamericana che qualcuno ha buttato nelle acque. E' una pianta sommersa per cui se contenuta non crea danni ma se non fermata in qualche modo, dilaga fino a ricoprire l'intera superficie dello specchio d'acqua come è effettivamente accaduto. Basterebbe poco in realtà per sistemare il problema: una barchetta e qualche volontario con opportuni rastrelli per liberare lo stagno. Così invece queste piante acquatiche tolgono al fondo la luce del sole e ne soffrono sia le piante sommerse sia i pesci. Diciamo che visto così lo stagno sarebbe l'habitat ideale per l'anaconda. E ora speriamo che qualche squilibrato non ci prenda in parola".



Insomma tra il lago di Sartirana, lo stagno di San Rocco, i due ruscelli e il laghetto di Novate avevamo nel nostro piccolo una gran bella rete idrica.....

"Certo ma la conservazione di questi ambienti non è mai stata in cima alle priorità dei nostri amministratori. E' tutto qui il problema. E' da gennaio che si parla della cessione da parte del privato proprietario di San Rocco al Comune e ancora nulla si sa, mentre lo stagno è in agonia. E possibile che non si possa incaricare la società che gestisce il verde di impiegare una giornata, dico una sola giornata per ripulirlo dalla Grandiflora e da qualche  ninfea rossa o conquedor immessa arbitrariamente da qualcuno? Che spettacolo offriamo a quanti passano da via Bianchi"?


Sullo sfondo un laghetto del Texas

Lei che è stato per tanti anni direttore della riserva e poi si è dimesso proprio a causa del poco interesse verso il suo lavoro che cosa suggerisce ad un eventuale amministratore dotato di buona volontà?

"Qualche suggerimento l'avevo lasciato prima di dimettermi. Brevemente:
1) innanzitutto incaricare un idrobiologo di studiare un piano per la reimmissione nel lago di Sartirana di piante acquatiche e piante ossigenanti;
2) rilanciare quel sistema che avevo avviato anni fa di casette per la fauna insettivora, che si nutre soprattutto di zanzare, tipo il pipistrello che si va estinguendo. Oggi nelle casette che avevo allestito ci sono cinciallegre e in autunno entra il moscardino avellanarius che mangia ghiande, bacche, nocciole ma anche piccoli insetti;
3) mantenere gran parte dei rovi che rappresentano habitat naturali tagliando solamente quelli che invadono il camminamento;
4) procedere con lo sfalcio del canneto con sistematicità, tenendo sempre ben presente che le canne tendono a muoversi verso le sponde non verso il centro del lago;
5) potenziare le fonti di immissione, in via Falcò c'è un pozzo a 4-5 metri sopra il lago che può essere collegato, c'è ancora il pozzo profondo 200 metri dentro la villa Bracco. La Signora si era detta disposta a far collegare il pozzo al lago ma poi credo a causa del diniego a realizzare un piccolo ampliamento della proprietà ha negato l'uso del pozzo. In caso di necessità si può ricorrere all'acquedotto e comunque la zona ha falde acquifere abbondanti;
6) limitare la pesca soprattutto in alcuni punti del lago dove solitamente alcune specie si rifugiano per prolificare. Le gare si tengano esclusivamente nel tratto della foce.

Il giorno del conferimento della benemerenza civica


Ma Lei aveva dato questi suggerimenti quando dirigeva la Riserva?

"Certamente. Ma per una ragione o per l'altra erano stati bocciati. Invece si sono spesi tanti soldi per l'attraversamento delle rane in via Falcò che non serve a nulla e per collettare il fossato a ovest dell'abitato di via Volta che fornisce un po' d'acqua soltanto in caso di pioggia. Verificare le due cose, per credere".


Oggi ha qualche idea da regalare a chi verrà nel 2019?

"Innanzitutto dico di porre in cima al programma la difesa e la valorizzazione di queste risorse naturali sia a scopo ambientale che turistico. Invece solitamente sopra ci stanno opere pubbliche spesso poco o per nulla utili. Poi direi di stanziare una somma importante ogni anno per gli interventi che devono essere pianificati e coordinati sotto l'attenta regia di un esperto. Infine inviterei a realizzare un piccolo museo per far vedere ai ragazzini delle scuole elementari e medie com'era quell'ambiente un secolo fa e com'è oggi, facendo conoscere loro le principali specie presenti di fauna e flora. Io conservo ancora una trentina di nidi di uccelli diversi fra loro, raccolti in tanti anni di perlustrazione da una sponda all'altra, da Sartirana a Novate. Li metto volentieri a disposizione di chi ha davvero la voglia di far conoscere, difendere e valorizzare la nostra riserva naturale".
Claudio Brambilla
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