Verderio che non c'è più/4: mercerie e sartorie, negozi di casalinghi ed elettricità fino ai venditori ambulanti di corte
Ma nei paesi c'erano anche dei negozi dove si vendeva di tutto e di più e che specialmente per le donne erano una sorta di mercato al chiuso: dalle stoffe ai detersivi, dalle caramelle all'oggettistica con soprammobili e statuine, passando per i casalinghi fino alla verdura di stagione. E, servizio che oggi specialmente per gli anziani sarebbe di grande aiuto vista la scomparsa dei negozi di vicinato, c'erano i venditori ambulanti che passano di porta in porta, "urlando" del loro arrivo e rifornendo le case, anche con una sorta di baratto.
VERDERIO SUPERIORE
BARZULA
Questo negozio è rimasto all'inizio di via Fontanile, ma ha cambiato molto la sua attività. Vale quindi la pena parlarne perché è curioso ricordare certe abitudini di oltre mezzo secolo fa.
Questa merceria, di proprietà della famiglia Brivio, era un negozio veramente fornito nel quale le donne potevano trovare di tutto per il fatto che, allora, non c'era la possibilità di spostarsi con le auto o i mezzi pubblici nei paesi attorno (non c'erano ij mezzi) e tantomeno nei grandi magazzini, ancora da inventare.
In negozio si vendeva di tutto, come da tabella 14, la licenza commerciale in vigore in quegli anni e rilasciata dal comune di Verderio.
Barzula – vendita gelati di Olimpio Brivio
Al bancone era sempre presente la moglie di Olimpio, il capo famiglia, che si chiamava Agnese Besana, soprannominata Gnesa Barzula. Il nome barzula, deriva dal vecchio dialetto che significa badile, e il soprannome venne loro aggiunto a causa di un vecchio antenato il quale lavorava sulle strade usando uno speciale badile.
Nel negozio si potevano acquistare spolette o navette di cotone, elastici, stoffe varie, nastri, aghi, spilli, lucidi per le scarpe, stringhe, candeggina e detersivi vari, cerniere, gomitoli, biancheria varia, calze e tutto quello che può passare nella testa di un acquirente.
Nel negozio c'erano anche ogni tipo di caramelle, in particolare i zabesi, le golia di oggi, ma in forme diverse che riproducevano animali e oggetti, benisétt culurà, confetti di ogni tipo e colore, nonché frutta di stagione. In estate campeggiavano le grosse angurie, fresche e gustose che riempivano, a costo sopportabile, lo stomaco.
Nel negozio si vendevano anche articoli per la scuola, come matite, pastelli, quaderni e quant'altro necessitava ai ragazzi di allora.
Il proprietario Olimpio, Limpiu, era molto noto perché, in estate, con uno speciale trabiccolo a tre ruote, girava le cascine a vendere il gelato: una rarità per quei tempi. Inoltre, dalla primavera all'autunno inoltrato, Olimpio metteva un banchetto in piazza sul quale erano in bella vista ogni tipo di leccornia di quei tempi. In ottobre vendeva le caldarroste che tanto piacevano ai ragazzi.
Oggi il negozio della famiglia esiste ancora, ma ha ridotto gli articoli della merceria, ma continua a vendere tutti i tipi di frutta e in ogni stagione poiché ormai arriva anche dall'estero.
I SARTI E TILII QUELLO DELL'ULTIMA MODA
Se le donne si arrangiavano da sole a confezionare i vestiti per sé e per i bambini, gli uomini dovevano rivolgersi ad alcuni sarti che, senza pretese, confezionavano loro un vestito nuovo: l'unico che doveva durare per molti anni!
Allora, l'abbigliamento era molto modesto e consisteva in un paio di pantaloni di fustagno, una camicia quadrettata e un maglione di lana, magari fatto in casa, da metterci sopra. In inverno, non esisteva il cappotto e gli uomini usavano delle lunghe mantelle nere, tabar, che li avvolgeva completamente riparandoli dal freddo.
A inizio Novecento, a Verderio c'era un sarto di nome Paolo Brivio, alla cascina Malpensata che tutti chiamavano sartell, piccolo sarto, proprio per la sua corporatura piccola e curva a causa anche di una leggera gobba. Non aveva un verro negozio, ma lavorava in casa.
C'era anche un sarto alla cascina Salette, Pietro Frigerio, detto Peder, con le stesse caratteristiche del collega Paolo. Alla sua scuola però è cresciuto un nipote di nome Attilio, Tilii per gli amici, che frequentò la scuola di taglio "Don Guanella" di Lecco e poi si impiegò in una sartoria di Ronco Briantino e, successivamente, in una più grande e alla moda di Milano.
Quando decise di mettersi in proprio, trovò un locale, prima alla cascina Airolda, poi nella cascina dei Campée, un rustico contadino che stava alla fine della via Maggioli.
Quando si liberarono i locali della Cooperativa San Giuseppe in piazza Roma, Attilio li acquistò e aprì un nuovo negozio di sartoria.
Già collezionava numerose riviste di moda e molti clienti venivano anche da Milano perché apprezzavano la sua professionalità.
Bastava andare nel suo negozio, scegliere il colore e l'abito desiderato da una delle figurine di moda, e il sogno, nel giro di una quindicina di giorni si realizzava. In negozio lo aiutava a imbastire e a cucire, la moglie Luigia Aldeghi.
Al centro del suo negozio c'era un tavolone di legno sul quale Attilio amava sedersi a cucire con le gambe incrociate. Ordinava la stoffa e la stendeva sul tavolone e, con il gesso bianco, tracciava dei segni e poi procedeva al taglio dei pantaloni e della giacca. Già allora, era un vero stilista.
Il Tilii, era un personaggio unico, allegro e chiacchierone con tutti. Era appassionato di calcio e il suo idolo era Sentimenti IV, il grande portiere del Vicenza la cui fotografia, con firma e dedica, giganteggiava su un muro del negozio. Per il cicliusmo, era tifoso del belga Merckx.
Con l'arrivo degli abiti pronti nei grandi magazzini, Attilio chiuse con grande rammarico la sua attività: erano gli anni '70!
LENZUOLA DI PURO LINO COMI
In paese non mancava neppure un'azienda artigianale che lavorava il lino e il misto-lino e produceva pregiatissime lenzuola, salviette e altri capi di biancheria per la casa.
Nella fabbrica, di proprietà di Pietro Comi e al quale succedette il figlio Alberto, lavoravano a turno ben sedici donne di Verderio.
Filanda Comi
Iniziò la produzione nel 1927 e chiuse i battenti solo agli inizi degli anni Novanta. Anche questa azienda forniva all'ingrosso diversi clienti in tutta Italia, ma non disdegnava la vendita anche ai privati, magari in occasioni di matrimoni, che si recavano negli uffici che si trovavano in via Principale.
VERDERIO INFERIORE
CASALINGHI E ELETTRICITÀ: L'ARTE DI FEDELE ANDREOTTI
La sua storia campeggiava su tutti i giornali locali: "L'elettricista Fedele spegne le sue insegne". Questo avveniva nel febbraio 2003, dopo oltre quarant'anni di lavoro.
Il negozio di casalinghi ed elettrodomestici di Carla e Fedele Andreotti si trovava sull'angolo di via Tre Re e via IV Novembre: un punto di riferimento per tutto il paese di Verderio e non solo.
Carla e Fedele Andreotti nel giorno della chiusura: 1 marzo 2003
Lo avevano aperto nel lontano 1959 e per intere generazioni chi si sposava, non mancava di rivolgersi a loro per la lista delle nozze. Così come tutti coloro che avevano bisogno di un buon elettricista per gli impianti delle case, delle chiese e delle aziende: Fedele era un artigiano professionista. Infatti, qualche anno prima della chiusura, aveva anche ricevuto una medaglia d'oro dalla Camera di Commercio di Lecco, a ricordo della sua lunga e importante attività. Il prefetto stesso gli aveva consegnato l'onorificenza.
Nel 2003, poiché i figli avuti si erano dedicati a tutt'altri lavori, preso anche dalla stanchezza, pur con grande dispiacere, a 65 anni, con la moglie avevano preso la decisione di abbassare la saracinesca. Lui però ha continuato ancora per qualche anno l'attività di elettricista, fino alla scomparsa avvenuta pochi anni dopo.
Fedele era anche un maratoneta e nel 1974 aveva ricevuto il premio "Gamba d'argento" per aver percorso in un anno ben 1500 chilometri tra le varie gare sportive a cui aveva partecipato.
A testimonianza di Carla e Fedele, rimangono alcune foto nel momento dell'abbassamento della saracinesca e una grande nostalgia per il lavoro svolto.
BUSINÉTT, IL VENDITORE AMBULANTE
Nella corte degli Stalìt, così chiamata perché c'erano tante stalle, sulla via Roma, abitava il personaggio più stravagante di Verderio Inferiore: Ambrogio Conti, ma conosciuto con il soprannome di Businétt, una storpiatura del nome.
Non aveva un negozio, ma il suo lavoro consisteva nel girare di corte in corte, nelle cascine del paese e nei dintorni a vendere la candeggina e la lisciva. Raccoglieva stracci e rottami urlando: "Don gh'è chi ul strascée", "Donne, è arrivato lo straccivendolo". In cambio degli stracci dava loro i detersivi.
Businètt e il suo cavallo
All'apparire in corte le donne accorrevano e gli si radunavano attorno non solo per acquistare la sua mercanzia, ma anche per ascoltare i pettegolezzi che aveva sentito negli altri paesi. Nei suoi giri, con un carisma innato, combinava anche i matrimoni. Qualcuno però è finito male.
Era considerato anche un guaritore, per via degli infusi di erbe che preparava.
Devoto di padre Pio da Pietrelcina, i suoi vicini raccontavano che quando pregava la sua stanza si riempiva di profumo di rosa. Per questo dicono anche che avesse fatto un voto e fosse un frate laico e che quando morì, venne messo nella bara vestito da frate, ma nessuno ricorda esattamente questo particolare.
Continua/4