Osnago: la storia della Corona ferrea e la copia realizzata dall'artista Bruno Freddi

Si è tenuta durante la serata di giovedì 23 febbraio la presentazione del libro "Memorie di una millenaria", scritto da Valeriana Maspero che ripercorre la storia d'Europa facendo uso delle "testimonianze" portate dalla famosa corona ferrea. Per l'occasione, grazie alla disponibilità del maestro Bruno Freddi, abile orafo, è stata portata ad Osnago anche una copia della corona da lui stesso realizzata.

Bruno Freddi, Valeriana Maspero, Anna Maria Caglio e Marco Molgora

Dopo i saluti istituzionali dell'assessore alla cultura Maria Grazia Caglio, la parola è subito passata a Valeriana Maspero, che ha ripercorso la storia della corona, partendo dalla sua primaria realizzazione: un elmo realizzato su commissione dalla regina Elena per suo figlio Costantino, famoso imperatore di Roma.

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«La storia inizia poco dopo la nascita di Cristo
- ha esordito - quando l'impero di Costantino era in una crisi soprattutto etico-morale. La madre si mise così d'accordo con il Papa per andare in Terra Santa a cercare di recuperare i resti della crocifissione di Gesù. Sul Golgota trovarono resti di numerosi crocifissioni, ma solamente un palo aveva ancora attaccato il cartello: dalla famosa scritta "INRI" si capì che quello era il palo orizzontale con il quale era stato crocefisso il Cristo».

La Regina decise così di portare i resti a Roma, nel palazzo Lateranense, in modo tale da poter, secondo lei, portare protezione al figlio. «Venne anche realizzato un bordo da posizionare su un elmo, nel quale fu incastonato un pezzo della croce, fissato mediante dei chiodi provenienti dai resti trovati». Una composizione, quella della Corona, mutata nel corso del tempo, date le numerose mani tra le quali è passata. «L'elmo - ha continuato l'esperta - rimase come eredità ai vari imperatori romani. Quando l'Impero cadde nel 476 d.C., vennero spedite a Costantinopoli le insegne dell'impero, tra cui figurava anche l'elmo. Lo stesso fu poi addobbato da Teodorico con l'aggiunta di smalti decorativi. Dopo la sconfitta dei Longobardi da parte di Carlo Magno, avvenuta nel 786 d.C., la corona si presentava rovinata: fu lui a ripristinarla aggiungendo le gemme mancanti e ripristinando gli smalti. Ciò è dimostrato anche dalle analisi svolte negli anni novanta, che hanno permesso la cera utilizzata per fissare le pietre proprio all'epoca di Carlo Magno».


Si hanno poi notizie nel 1175, quando fu utilizzata da Federico Barbarossa per la sua incoronazione: la corona era ancora formata da sei piastre. Fu verso la fine del 1200 che la stessa venne ipotecata dai Visconti per poter finanziare la guerra. Nel 1316, quando i Visconti riscattano la corona, scoprono che essa era stata privata di due piastre, probabilmente vendute dall'ordine degli umiliati a causa di difficoltà economiche: della privazione di due piastre ne sono prova le cerniere della corona originale, visibilmente lacerate. La parola è poi passata all'artista Bruno Freddi, che ha ripercorso le tappe che lo hanno portato alla realizzazione del manufatto.


«Dopo una mostra a Monza - ha detto - il Comune mi ha commissionato la realizzazione di alcune piastre da utilizzare come omaggi per le autorità che si recavano in visita alla città. Me ne ordinarono 24: poi però cambiarono idea e mi chiesero la realizzazione della copia di due corone. La sua realizzazione è durata un anno, visto anche l'intenso studio condotto assieme a mio figlio grazie alle informazioni raccolte dalla perizia effettuata dallo studio italiano di gemmologia. Le due copie sono identiche in tutto e per tutto all'originale: una è conservata presso la sala consiliare del municipio di Monza, mentre l'altra è nel tesoro del Duomo, quella che viene portata in tutto il mondo per le mostre. Per la realizzazione ho cercato di imitare le tecniche utilizzate allora: è stata infatti realizzata tutta a sbalzo e cesello, senza l'uso della fusione. Con le piastre rimanenti ho poi deciso di realizzare una copia della corona originale, formata da 8 piastre e che oggi vediamo qui».


Decisamente affascinato e attratto il pubblico, che non ha mancato di porre domande ai relatori prima di avere la possibilità di vedere da vicino la copia della preziosa corona.
Stefano Riva
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