Merate: la Messa a Villa Cedri con Monsignor Paolo Martinelli

Mons. Paolo Martinelli


Nella giornata mondiale dedicata al malato, coincidente con la ricorrenza della Madonna di Lourdes, a Villa Cedri di Merate è giunto Monsignor Paolo Martinelli, vescovo ausiliario di Milano.


Il prelato ha officiato la celebrazione, unitamente al decano don Costantino Prina, al cappellano dell'ospedale Don Biagio Fumagalli e a Padre Illuminato del convento di Sabbioncello, invitando alla cura del malato e all'attenzione delle sue sofferenze e necessità.

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Una omelia molto sentita e delicata, dove il religioso più volte ha sottolineato l'importanza di avere a cuore la persona, l'uomo nella sua interezza non dimenticando il ruolo fondamentale svolto da operatori, volontari e dalle famiglie.

Aldo Gandini, Marco Arosio, l'assessore Giuseppina Spezzaferri, Alma Troisi Raccosta


Alla funzione, tenuta nel salone della struttura, erano presenti il presidente Aldo Gandini, il neo direttore Marco Arosio e Alma Troisi Raccosta (benefattrice e fautrice del restauro della Cappella).

 

XXV Giornata Mondiale del Malato
Santa Messa per gli ammalati
Villa dei Cedri, Merate, 11 febbraio 2017



Sorelle e fratelli carissimi nel Signore Gesù, sono molto lieto di poter celebrare l’Eucaristia in questa struttura residenziale, dedicata alla cura di persone anziane e affette da malattie neurodegenerative.
L’11 febbraio liturgicamente facciamo memoria della Beata Vergine Maria di Lourdes, ricordando le apparizioni della madre di Dio nel 1858 in questa località francese nella grotta di Massabiel; apparizioni che diedero vita ad un luogo, ancor oggi frequentatissimo da persone ammalate e non solo, tanto amato, pieno di consolazione, luogo di fede, dove si impara ad affidarsi a Dio, luogo di speranza, perché si prega per la salute e per la salvezza, e luogo di carità dove si impara ad accoglierci vicendevolmente e a sostenerci nel cammino.
Ricordando le apparizioni di Maria a Bernardette Soubirou, una ragazza molto umile, celebriamo oggi la XXV giornata mondiale dell’ammalato. Proprio 25 anni fa, infatti, nel 1992 san Giovanni Paolo II istituiva questa giornata come gesto importante per la Chiesa e per la società, perché possano crescere sempre di più in tutti l’attenzione amorosa per coloro che si trovano nella prova della malattia. E’ dunque una tradizione consolidata ritrovarci in questo giorno insieme, ammalati, familiari, operatori nel mondo della sanità, volontari, a pregare, a celebrare l’Eucaristia, per ritrovare forza, motivazione, consolazione e coraggio per vivere le circostanze del tempo presente.
Papa Francesco ha intitolato il suo messaggio per questa ricorrenza “Stupore per quanto Dio compie: «Grandi cose ha fatto per me l'Onnipotente...» (Lc 1,49)”, inspirandosi alle parole pronunciate da Maria dopo l’annuncio dell’angelo, durante l’incontro con la cugina Elisabetta. Facciamo nostre le parole del santo Padre contenute in questo messaggio: “desidero esprimere la mia vicinanza a tutti voi, fratelli e sorelle che vivete l’esperienza della sofferenza, e alle vostre famiglie; come pure il mio apprezzamento a tutti coloro che, nei diversi ruoli e in tutte le strutture sanitarie sparse nel mondo, operano con competenza, responsabilità e dedizione per il vostro sollievo, la vostra cura e il vostro benessere quotidiano. Desidero incoraggiarvi tutti, malati, sofferenti, medici, infermieri, familiari, volontari, a contemplare in Maria, Salute dei malati, la garante della tenerezza di Dio per ogni essere umano e il modello dell’abbandono alla sua volontà; e a trovare sempre nella fede, nutrita dalla Parola e dai Sacramenti, la forza di amare Dio e i fratelli anche nell’esperienza della malattia”.
In questa giornata troviamo nuovo slancio per contribuire alla diffusione di una cultura rispettosa della vita, della salute; un rinnovato impulso a lottare per il rispetto dell’integralità e della dignità delle persone, anche attraverso un corretto approccio alle questioni bioetiche e alla tutela dei più deboli.
Il nostro Arcivescovo, nella lettera pastorale sull’Educarsi al pensiero e ai sentimenti di Cristo ha affermato che proprio l’ambito della sanità emerge l’immagine di persona umana che abbiamo: “Un impegno decisivo è richiesto oggi nel mondo della sanità, luogo di sofferenza ma allo stesso tempo spazio per tanti gesti di misericordia, capaci di trasfigurare il dolore e il male del mondo”. Occorre “sostenere in modo deciso realtà e persone che promuovano in questi ambiti quel nuovo umanesimo di cui abbiamo tanto bisogno. … porre al centro del proprio lavoro il malato e i suoi familiari, mostrando come anche nella sofferenza, nella malattia e nella morte, la dignità dell’essere umano rimane inestirpabile agli occhi di Dio”.
Esiste nuovo umanesimo quando la persona è sentita come un bene in se stessa, come dono, quando è accolta nel suo infinito valore e nelle sue relazioni fondamentali.

Carissimi e carissime, la liturgia di oggi ci invita alla consolazione. Maria ci consola nel nostro cammino e ci conforta nel nostro pellegrinaggio terreno. Abbiamo ascoltato dal libro del profeta Isaia questo annuncio di grazia: Come una madre consola un figlio così io vi consolerò.
Certo l’esperienza della malattia nostra o dei nostri cari ci scuote profondamente dalle nostre abitudini solite e ci fa percepire tutto il bisogno che abbiamo degli altri, del loro aiuto e più ancora della loro presenza. Nella condizione della malattia emergono domande potenti e profonde di relazione e di riconoscimento; le risposte solite non bastano più.
Sorge così la domanda fondamentale di guarigione. Si può dire che nel malato la realtà più sana è il desiderio di guarire. Non è scontato questo atteggiamento; sappiamo come spesso rischiamo di rimanere passivi nella malattia. Mentre è importante essere mossi dal desiderio di bene, di salute.
In questo desiderio sono tanto importanti gli altri, la famiglia, gli amici e i volontari, come anche l’azione sapiente degli operatori sanitari. Per vivere in modo fecondo il tempo della malattia occorre non essere da soli, ma sempre sentire che apparteniamo, che siamo voluti bene.
In questa prospettiva il nostro desiderio di guarigione e di salute è sempre, consapevolmente o inconsapevolmente anche un desiderio di salvezza, un desiderio di senso; dentro il desiderio di stare meglio – una domanda che facciamo al nostro medico e agli infermieri – è radicata una domanda più profonda che è quella di durare, di essere assicurati per sempre, che la nostra vita non finisca nel nulla ma abbia un senso duraturo. Che la sofferenza del tempo presente abbia un senso, una direzione ed un significato. Per questo l’apostolo Paolo ci assicura nella lettera agli Efesini che noi siamo dentro un disegno buono, il disegno del Padre, siamo voluti ed amati, non siamo un numero o un caso: siamo stati scelti prima della creazione del mondo per essere in Cristo Gesù anche noi figli, figli di Dio. Ecco ciò di cui abbiamo bisogno: la certezza di essere amati e voluti. Questo è il sentimento supremo della vita che la celebrazione di oggi vuole rafforzare in noi.
Abbiamo ascoltato nel Vangelo il celebre cantico del Magnificat che scaturisce dalle labbra di Maria, madre di Dio e madre nostra, come un canto di vittoria e di certezza della vittoria del Signore: il Signore si unisce a noi nella vita, egli è colui che abbatte i potenti ed innalza gli umili; Egli è per noi, in nostro favore; prende su di se la nostra condizione di fatica, per infonderci speranza e consolazione.
Quando nella nostra vita domina questo sentimento supremo di essere voluti, allora anche l’esperienza della sofferenza e del dolore diventano occasione di amore, essere amati ed amare; i legami più veri si rinsaldano.
Quanti santi ci hanno mostrato che anche la malattia diviene un’occasione per riscoprire l’amore. Non solo perché veniamo custoditi dall’amore dei nostri cari, ma perché anche coloro che sperimentano una debolezza o una malattia sanno dare tantissimo agli altri, nella preghiera, nella offerta della vita unita a quella di Cristo e nel vivere gli affetti intensamente.
Riprendiamo dunque coraggio e speranza; la dolce presenza della Vergine Maria di Lourdes ci assicura il bene, la presenza del Figlio suo nella nostra vita: Lui è la nostra salute, Lui è la nostra salvezza; lui ha riempito di senso ogni istante della nostra vita, poiché si è preso su di sé la nostra umanità, i nostri limiti e i nostri dolori.
Chiediamo alla Madonna di donarci un cuore lieto, anche nella tribolazione. Il cuore è lieto perché sa di essere amato e di essere prezioso agli occhi di Dio.
Affidiamo a Maria, che sempre veglia su di noi, tutti i nostri cari.

S.V.
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