Merate: don Sabbadini della Caritas parla di condivisione, accoglienza, volontariato
Si è tenuto nella serata di venerdì 20 gennaio l'incontro dal titolo "Educare alla carità", promosso dall'oratorio San Giovanni Bosco e San Filippo Neri di Merate nell'ambito della settimana dell'educazione. Relatore della serata è stato don Massimiliano Sabbadini, vicedirettore di Caritas Ambrosiana dal primo settembre dello scorso anno.
Curioso, poi, come don Massimiliano sia diventato vicedirettore della Caritas, dopo tredici anni alla guida della Fondazione Oratori Milanesi e otto anni da parroco in una parrocchia di Milano. «Ho lavorato per tredici anni come direttore della FOM, e poi per otto da parroco presso la comunità di San Luigi Gonzaga di Milano, dove è presente l'unico dormitorio pubblico della città, in viale Ortles. Era presente anche un centro di ascolto. La mia nomina era alquanto inaspettata: quando chiesi al Cardinale come mai avesse pensato proprio a me, mi rispose che aveva osservato il mio comportamento durante la visita pastorale alle parrocchie del mio decanato. E ora mi accorgo che, dopo trent'anni di messa, devo ancora continuare a crescere nella carità, poiché Gesù si incontra nel povero».
In realtà, don Sabbadini ha alle spalle, durante il suo periodo da parroco, diverse esperienze caritatevoli, derivanti soprattutto dalla presenza in loco di un centro di ascolto. «Nella mia parrocchia - e lo dico con vanto - c'era un centro di ascolto, al quale tutti potevano accedere. Mensilmente, inoltre, proponevamo dei pranzi in oratorio assieme ai poveri, dove ognuno aveva un compito: non solamente cucinare e servire, ma anche e soprattutto stare in mezzo alla gente. L'amore di Dio, infatti, non è pieno finché non ci troviamo a mensa con lui. Il Vangelo dice: Beati i poveri. Spero davvero di poter diventare povero, per poter affidarmi alle benevole braccia del Padre». Il sacerdote ha poi continuato facendo una riflessione sul volontariato. «Oggi, in Italia, solo l'otto percento dei giovani fa volontariato, percentuale che raddoppia se guardiamo solamente l'ambito sportivo. Nel 1986, il cardinale Martini, in una lettera di Natale, elencava alcuni punti importanti in tal senso: bisogna imparare a guardare gli altri con occhi diversi, mettere a frutto la propria fede, soprattutto nel confronto con la parola di Dio, coltivare una certa abitudine all'accoglienza e, non da ultimo, farsi coinvolgere in esperienze di volontariato, anche per chiarire la propria vocazione. Il volontariato è dedizione gratuita assoluta alla carità: è anelito di libertà e di indipendenza». L'intervento è poi proseguito ricordando l'Anno Santo appena concluso. «L'anno della misericordia si è concluso, ma il Papa ha subito invitato a perseverare nella misericordia con la lettera apostolica Misericordia et misera. È importante fare opere di carità, perché in tal modo si restituisce la dignità a uomini a cui è stata strappata».
Concludendo, don Massimiliano ha citato le opere che madre Teresa faceva in India, a Calcutta. «La prima opera che madre Teresa ha fatto è stata proprio quella di restituire dignità all'uomo, permettendogli una morte serena e dignitosa. A quanti le chiedevano perché lei e le sue sorelle facevano questo, lei rispose: noi amiamo il Signore e trasformiamo in azione vivente questo amore. Il contributo di ognuno non deve essere per forza solamente economico, ma soprattutto umano, finalizzato alla restituzione di questa dignità». Dopo un applauso da parte dei presenti, il sacerdote si è congedato con una preghiera. Don Luca ha inoltre comunicato che dalla cena pro terremotati svolta la scorsa settimana sono stati raccolti 2700€, che saranno inviati nelle zone tramite Caritas Ambrosiana.
Don Luca e don Massimiliano
coinvolgere vicendevolmente. Non basta, infatti, educarsi alla carità, ma è necessaria una conversione ad essa».Curioso, poi, come don Massimiliano sia diventato vicedirettore della Caritas, dopo tredici anni alla guida della Fondazione Oratori Milanesi e otto anni da parroco in una parrocchia di Milano. «Ho lavorato per tredici anni come direttore della FOM, e poi per otto da parroco presso la comunità di San Luigi Gonzaga di Milano, dove è presente l'unico dormitorio pubblico della città, in viale Ortles. Era presente anche un centro di ascolto. La mia nomina era alquanto inaspettata: quando chiesi al Cardinale come mai avesse pensato proprio a me, mi rispose che aveva osservato il mio comportamento durante la visita pastorale alle parrocchie del mio decanato. E ora mi accorgo che, dopo trent'anni di messa, devo ancora continuare a crescere nella carità, poiché Gesù si incontra nel povero».
In realtà, don Sabbadini ha alle spalle, durante il suo periodo da parroco, diverse esperienze caritatevoli, derivanti soprattutto dalla presenza in loco di un centro di ascolto. «Nella mia parrocchia - e lo dico con vanto - c'era un centro di ascolto, al quale tutti potevano accedere. Mensilmente, inoltre, proponevamo dei pranzi in oratorio assieme ai poveri, dove ognuno aveva un compito: non solamente cucinare e servire, ma anche e soprattutto stare in mezzo alla gente. L'amore di Dio, infatti, non è pieno finché non ci troviamo a mensa con lui. Il Vangelo dice: Beati i poveri. Spero davvero di poter diventare povero, per poter affidarmi alle benevole braccia del Padre». Il sacerdote ha poi continuato facendo una riflessione sul volontariato. «Oggi, in Italia, solo l'otto percento dei giovani fa volontariato, percentuale che raddoppia se guardiamo solamente l'ambito sportivo. Nel 1986, il cardinale Martini, in una lettera di Natale, elencava alcuni punti importanti in tal senso: bisogna imparare a guardare gli altri con occhi diversi, mettere a frutto la propria fede, soprattutto nel confronto con la parola di Dio, coltivare una certa abitudine all'accoglienza e, non da ultimo, farsi coinvolgere in esperienze di volontariato, anche per chiarire la propria vocazione. Il volontariato è dedizione gratuita assoluta alla carità: è anelito di libertà e di indipendenza». L'intervento è poi proseguito ricordando l'Anno Santo appena concluso. «L'anno della misericordia si è concluso, ma il Papa ha subito invitato a perseverare nella misericordia con la lettera apostolica Misericordia et misera. È importante fare opere di carità, perché in tal modo si restituisce la dignità a uomini a cui è stata strappata».
Concludendo, don Massimiliano ha citato le opere che madre Teresa faceva in India, a Calcutta. «La prima opera che madre Teresa ha fatto è stata proprio quella di restituire dignità all'uomo, permettendogli una morte serena e dignitosa. A quanti le chiedevano perché lei e le sue sorelle facevano questo, lei rispose: noi amiamo il Signore e trasformiamo in azione vivente questo amore. Il contributo di ognuno non deve essere per forza solamente economico, ma soprattutto umano, finalizzato alla restituzione di questa dignità». Dopo un applauso da parte dei presenti, il sacerdote si è congedato con una preghiera. Don Luca ha inoltre comunicato che dalla cena pro terremotati svolta la scorsa settimana sono stati raccolti 2700€, che saranno inviati nelle zone tramite Caritas Ambrosiana.
Stefano Riva