Merate: il politecnico presenta lo studio sul Castello Prinetti. La storia, incerta, nei secoli e le prospettive, ignote, sul futuro

Si è svolta durante il tardo pomeriggio di lunedì 28 novembre la conferenza di presentazione dello studio fatto sul Castello Prinetti di Merate, oggetto di varie indagini effettuate dal Politecnico di Milano volte a constatare lo stato di conservazione del prestigioso edificio storico. In apertura di lavori, l'assessore con delega all'Istruzione Silvia Sesana ha ringraziato i professori Paolo Bossi ed Elisabetta Rosina, entrambi docenti presso il Politecnico di Milano che hanno coordinato l'intero lavoro svolto da più di cinquanta laureandi.

Alcuni tesisti con i docenti prof.ssa Elisabetta Rosina e prof. Paolo Bossi


La parola è poi passata al Sindaco Andrea Massironi, che si è detto soddisfatto soprattutto per la proficua collaborazione degli enti interessati, quali il Comune, la Fondazione Castello Prinetti, il Politecnico di Milano e la Parrocchia di S. Ambrogio in Merate, attualmente proprietaria dell'edificio.

L'intervento successivo è toccato a Pietro Mercuriali, che ha partecipato allo studio occupandosi principalmente del reperimento di indizi e fonti utili alla ricostruzione storica del castello. "Le prime notizie certe in merito a Palazzo Prinetti risalgono al 1146, quando l'Ordine di San Dionigi emana un documento nel quale afferma di possedere la Corte di Merate, dove vi erano il Castello di Sabbioncello e il Castello di Merate, allora proprietà dell'ordine. La storia vera e propria, però, inizia attorno all'anno 1600: è del 1663 un documento che attesta l'uso e lo stato del castello, che all'epoca veniva usato come deposito e versava in scarse condizioni di manutenzione".

Pietro Mercuriali


È della fine del diciassettesimo secolo che il Castello viene restaurato, grazie all'impegno di Ercole Visconti, fidato collaboratore di Papa Innocenzo XI: a testimonianza di ciò è presente una lapide, del 1702, che testimonia la chiusura del fossato presente prima intorno al castello, verosimilmente rimosso in seguito ai lavori commissionati dal Visconti stesso. Si giunge dunque alla seconda metà del 1700, durante la quale Maria Teresa abolisce l'ordine di San Dionigi.



Il castello viene venduto, dal Durini, attuale proprietario, alla famiglia Prinetti, a cui si deve il nome che l’edificio porta tutt’oggi. Famiglia Prinetti che, nel 1946, lo vende alla Parrocchia di S. Ambrogio in Merate, ancora proprietaria tutt’oggi. Da segnalare che, fino al 1950, nel grande prato che sovrasta l’oratorio, facente parte del parco del Castello, vi era un doppio filare di piante, che portavano sino all’ingresso del palazzo.

Il prof. Paolo Bossi


La parola è poi passata al prof. Paolo Bossi, docente di Storia dell'Architettura presso il Politecnico di Milano, che ha elencato alcune questioni ancora aperte in merito alla storia del Castello. "Esistono diverse questioni ancora aperte - dice il ricercatore - riguardanti sicuramente il reperimento di documenti che ripercorrano fedelmente la storia del castello. Sappiamo che Ercole Visconti, una volta eletto Papa Innocenzo XII, si sposti a vivere nel Castello di Merate, che nel frattempo è divenuto una commenda dell'Ordine di San Dionigi. Si può ipotizzare inoltre che il Visconti abbia affidato il compito del restauro a Carlo Fontana, già autore di numerose opere a Frascati e dintorni, dove Ercole aveva acquistato Villa Belpoggio, durante il periodo in cui egli era a servizio della Corte Papale. Si può ricostruire un precedente trasferimento del Fontana in Lombardia visionando alcuni progetti, alcuni rimasti sulla carta e alcuni rimaneggiati da altri, che lo stesso ha redatto, come ad esempio la Cupola del Duomo di Como e il ridisegno del filaretiano del Duomo di Bergamo Alta".
 

L'accademico si è poi soffermato sul ruolo che i successivi abati commendatari hanno avuto nelle vicende relative al castello: sono presenti due documenti in particolare, in cui si attestano rispettivamente un intervento di manutenzione, avvenuto nel 1740, sulla base del quale si può procedere ad una prima valutazione della disformità delle mura e un inventario di ambienti e arredi del 1796. Sono quindi diverse le questioni ancora aperte sulla vicenda, che i tesisti presenti in sala, sotto la guida del professor Bossi, andranno ulteriormente ad approfondire. Si è poi arrivati, grazie alle misure effettuate dagli studenti laureandi, allo stato attuale del Castello. La prof.ssa Elisabetta Rosina, docente di Restauro al Politecnico di Milano, ha elencato le diverse tecniche utilizzate per i rilievi. "Oltre al classico filo a piombo per la misurazione della torre, si sono utilizzate tecniche come la termografia all'infrarosso, la psicrometria e il monitoraggio microclimatico. Non è stato effettuato un monitoraggio strutturale, ma attraverso questi strumenti sono state approfondite problematiche di tipo ambientale, prima fra tutte l'umidità".

È toccato poi agli studenti esporre quanto scoperto, partendo da alcune problematiche arrivando poi a una possibile soluzione per il restauro. "Sono state rilevate diverse difformità, a partire da diversi spessori delle mura che testimoniano l'intervento effettuato dall'architetto Fontana. All'interno vi sono inoltre molte differenze nella pavimentazione, con l'uso di diversi materiali, e nei soffitti, che in alcuni punti si presentano davvero degradati. Si hanno problemi strutturali, che però non significano pericolo di crollo: vanno però eseguite indagini aggiuntive. Il castello attualmente non è inagibile, ma è sicuramente meritevole di approfondimenti diagnostici. Le misure effettuate dimostrano la presenza di umidità di risalita, comprovata dalla bassa temperatura presente alla base delle mura. Le misurazioni interne hanno dimostrato anch'esse presenza di umidità di risalita, con tracce non visibili a occhio nudo", hanno affermato tre studenti che si sono alternati nella presentazione.

Le proposte di restauro, redatte anche in base a un questionario sottoposto alla popolazione, prevedono, in vari step, la riqualificazione del castello partendo dalla realizzazione di una coltivazione di prodotti a kilometro zero, che saranno poi rivenduti in un bar-caffetteria presente all'interno, dove saranno anche realizzati una università della terza età e un percorso museale.

Anche il giardino dovrà subire degli interventi, rendendolo fruibile grazie a terrazzamenti che potranno essere percorsi anche da portatori di handicap, grazie alle linee sinuose secondo le quali sono stati progettati.

In conclusione, la parola è tornata alla prof.ssa Rosina, che ha elencato i prossimi passi da seguire: "Anzitutto è opportuno continuare gli studi, per poter dare modo di diffonderne i risultati e poi lottizzare gli interventi, anche per ovvie ragioni di tipo economico. Andranno poi redatte specifiche norme d'uso, che permettano la fruizione del castello garantendone l'incolumità".


La chiusura dei lavori è toccata a Giacomo Ventrice, vicepresidente della Fondazione Castello Prinetti che ha lanciato un appello ai presenti: "Non spegniamo i riflettori sul castello Prinetti. È un bene privato, ma è il simbolo della città di Merate. Per questo auspico un tavolo di confronto con le istituzioni e con gli addetti ai lavori, per confrontarsi sul nostro simbolo". La serata è poi proseguita con un aperitivo all'esterno dell'Auditorium.
Stefano Riva
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