Merate: il latinista prof. Ivano Dionigi si racconta nella centralità di tempo e parola

Si è svolta nella serata di mercoledì 9 novembre la presentazione del libro "Il presente non basta", scritto dal prof. Ivano Dionigi, già rettore dell'Università di Bologna e presidente della Pontificia Accademia per la latinità. L'evento, organizzato dall'Associazione Culturale "La semina" in collaborazione con il liceo Maria Gaetana Agnesi di Merate, ha avuto al centro l'importanza del sapere e della lingua latina anche ai giorni nostri. Dopo i saluti istituzionali del presidente de "La semina" Pierangelo Marucco e del dirigente scolastico del Liceo Agnesi Manuela Campeggi, la parola è passata alla prof.ssa Patrizia Lotti, curatrice di Episteme, rivista rivolta ai docenti sulla pratica dei saperi pubblicata dalla scuola in collaborazione con la Provincia di Lecco.

Da sinistra la preside Manuela Campeggi, il prof. Ivano Dionigi, la prof.ssa Patrizia Lotti, la prof Isabella Rossi e Pierangelo Marucco


"Non esiste mai fine alla conoscenza e al sapere - ha esordito l'insegnante - e il simbolo scelto come nostro logo ne è la prova: il labirinto di Creta, nel quale, una volta all'interno è impossibile perdersi, poiché la strada è guidata. Finito questo labirinto però, che rappresenta la conoscenza, ne esistono infiniti altri in cui imbattersi: il sapere non finisce mai". La professoressa si è poi soffermata su alcuni articoli presenti nella pubblicazione, che sono divisi in tre categorie: ricerca, ovvero articoli dal carattere filosofico; maieutica, una sezione dedicata interamente alla didattica, in cui sono pubblicati, tra le altre cose, un saggio sull'importanza dell'antologia, uno sul rapporto letteratura e cinema e uno sulla connessione tra letteratura e vita, curato dalla stessa professoressa Lotti con riferimenti al capitolo ottavo de I promessi sposi e, infine, la sezione recensire, dove si instaura un dibattito culturale ed educativo all'interno della scuola, mediante recensioni di libri e film. La parola è poi passata al prof. Dionigi, che dopo essersi complimentato per la serietà del lavoro svolto in questi anni per la pubblicazione dei vari numeri della rivista, arrivati a otto e iniziati nel 2005 per volere dell'allora preside del Liceo, ha raccontato la storia che ha portato alla stesura del libro. "Nell'estate del 2015 ero in vacanza con mia moglie, e stavo pensando a come salutare il rettorato che avrei lasciato nell'ottobre successivo. Decisi di tenere una conferenza sull'importanza del latino anche nel mondo attuale, ma trovare il titolo adatto per tale incontro è stato molto difficile. Alla fine è stato mio figlio Emanuele che me l'ha suggerito: la lezione del latino. In quell'occasione ho voluto spiegare, in cinquantotto minuti e a millecinquecento persone, cosa il latino ha significato per me. E così è nato il libro, che si può descrivere come un bilancio quarantennale della mia attività di docente universitario prima e di rettore poi.".

Il prof. Ivano Dionigi


Dionigi ha poi spiegato com'è rimasto positivamente colpito da uno striscione, portato da centinaia di giovani per i viali di Parigi dopo gli attentati del novembre scorso al Bataclan, sul quale c'era scritto Fluctuat nec mergitur, motto della capitale francese che significa È sbattuta dalle onde ma non affonda [riferito alla città, ndr]. "Se il latino è inutile? Non lo so. Il latino è una lingua morta? Non penso. I giovani si sono affidati a una lingua definita morta per portare un messaggio importante, sono andati all'essenziale per lasciare qualcosa di profondo e indelebile". L'autore ha poi illustrato il contenuto del libro, spiegando come all'inizio lo stesso si ponga delle domande per poi cercare di dare una risposta alle stesse. "Siamo nell'era del WEB, del digitale, della comunicazione, ma il tasso di comprensione è minimo. Siamo come in una Babele in attesa di una nuova Pentecoste per poter comprenderci l'un l'altro. Perché, poi, invochiamo il rinascimento? Il rinascimento non spazza via il passato, ma il presente: non è l'adorazione delle ceneri, ma la salvaguardia del fuoco. Dobbiamo tornare a riscoprire la centralità del tempo, la nobiltà della politica ma, soprattutto, il primato della parola.". È questo ultimo punto che la riflessione del professore si è concentrata, andando a ricordare che, come detto da Aristotele, l'uomo è l'unico animale dotato del logos, della parola. "Gorgia da Lentini scrive L'elogio di Elena, che come tutti sanno è stata un personaggio mitologico tutt'altro che apprezzato, anzi, per lo più sempre denigrato. È con queste opere che si capisce come la parola possieda un primato ineguagliabile, che troppo spesso viene confusa con il concetto di media, di comunicazione. Un mio alunno, ora diventato monaco, diceva che la parola viene prima, e la comunicazione viene dopo".


E la parola assume importanza anche nella politica, andando anche in essa a stabilire il suo primato, specialmente con la lingua latina. "Cicerone affermava che l'uso massimo della virtù è rappresentato dalla politica, e per le persone che la esercitano vi è un posto in cielo. La lingua latina ha creato espressioni come Res publica res populi, ovvero cosa pubblica, cosa del popolo. È per questo che possiamo dire che il latino è mater certa, anzi certissima, della nostra bella lingua italiana, e che per oltre venti secoli è stata la lingua della politica, dell'impero e della religione". L'ultima funzione del latino ricordata da Dionigi è stata quella della centralità del tempo, per secoli scandito proprio dalla lingua latina, con le stagioni, con i ritmi dell'uomo. "Siamo in un mondo in cui la tecnologia assume un ruolo fondamentale. Non va assolutamente demonizzata, ma oltre al concetto spaziale dato a essa è d'obbligo dare anche un concetto temporale. Il latino, da questo punto di vista, apre il tempio del tempo, dove scienza, latino e tecnologia possono convivere". La battuta finale del professore, infine, si è rivolta all'importanza dei classici anche al giorno d'oggi. "Non è classico ciò che è già stato, ma ciò che deve essere ancora. È per questo che i classici, oltre a futuro e tecnologia, hanno anche loro il futuro nel sangue". Dopo un lungo applauso da parte dei presenti, l'accademico si è poi congedato dai presenti che prima del termine dell'incontro non hanno mancato di porgli delle domande.

Stefano Riva

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