Nel 1816 l'anno senza estate e una rivoluzione nella cultura letteraria europea
Nella estate del 1816, conosciuto anche come "l'anno senza estate", una disperata storia d'amore, unitamente alla bizzarria del tempo atmosferico, furono all' origine di una piccola "rivoluzione " nella cultura letteraria europea.
Come già riportato circa due anni fa da queste colonne, la stagione estiva del 1816 si caratterizzò appunto per l'inclemenza del tempo atmosferico che fu causa di gravi carestie e crisi sociali in gran parte d'Europa e del Nord America, nonché di una serie di curiosi avvenimenti tra cui quello che andiamo brevemente a narrare.
Dopo alcune settimane di girovagare, compresa una sosta a Waterloo quale romantico gesto di solidarietà a Napoleone, Byron decise di risiedere a Villa Diodati, una prestigiosa dimora situata a Cologny sul lago di Ginevra, appartenuta ad una famiglia italiana perseguitata due secoli prima dall' Inquisizione.
I suoi spostamenti erano però " monitorati " in patria, in particolare dalla appena diciottenne Claire Clairmont con la quale, poco prima della partenza, aveva intrapreso una fugace relazione culminata con una gravidanza.
La Clairmont era sorellastra di Mary Wollstonecraft da poco divenuta compagna del poeta Percy B. Shelley; anche questa giovane coppia era in fuga dall 'Inghilterra più o meno nello stesso periodo e per gli stessi motivi di Byron: debiti e scandali famigliari.
La Clairmont , che si era nel frattempo aggregata alla coppia in fuga, con l'evidente scopo di mettere Byron di fronte alle sue responsabilità di padre e facendo leva sul desiderio del quasi cognato di conoscere quest'ultimo, convinse Shelley a prendere dimora sul lago di Ginevra nei pressi di Villa Diodati a partire dai primi di giugno.
Il gioco sembrava fatto per la giovane Claire che certamente sperava nella magia del luogo e nel "gentlemen agreement " dei presenti per risolvere la sua delicata situazione personale.
Dal resoconto dei diari dei cinque protagonisti non emerge con chiarezza quale evoluzione stesse avendo la vicenda quando, a causa del tempo particolarmente inclemente, il gruppo si trovò costretto ad una convivenza forzata dentro Villa Diodati.
Fu allora deciso di trascorrere le lunghe e piovose giornate con un "reading aloud"
(lettura ad alta voce) di racconti gotici e fantastici, fatto abbastanza consueto nei salotti inglesi dell'epoca.
Esaurito probabilmente il materiale di lettura, Byron, con un colpo di genio (o anche per distogliere l'attenzione dal suo pressante problema) propose una gara di scrittura di racconti fantastici. Nell' ambito degli intellettuali britannici del tempo, una delle massime aspirazioni, era produrre un'opera letteraria che potesse decretare fama imperitura al suo autore. L'iniziativa venne quindi accolta calorosamente, sopratutto da Mary Shelley e da John Polidori che si misero all'opera con impegno. Gli altri componenti del gruppo, ognuno per le proprie ragioni congiunturali, non si distinsero nell'occasione per una particolare ispirazione.
Dalla penna di Mary Shelley uscì niente meno che "Frankestein o il Moderno Prometeo" e John Polidori compose "Il Vampiro".
La fortuna ottenuta dall'opera della giovane Mary è nota a tutti anche per le numerose produzioni cinematografiche che ha successivamente generato.
Meno noti al grande pubblico sono però i motivi che ispirarono un racconto così originale, che creo' di fatto uno degli archetipi della letteratura fantastica di tutti i tempi insieme allo stesso Vampiro di Polidori.
In quegli anni erano molto apprezzati gli studi sulla elettricità e sulle sue applicazioni agli esseri viventi. A Londra, pochi anni prima, l'italiano Giovanni Aldini nipote di L. Galvani, scopritore dell'elettricità animale, si era esibito in esperimenti che prevedevano l'uso della energia elettrostatica su animali morti e perfino sul cadavere di un giustiziato per impiccagione, per attivare i movimenti degli arti e della testa. Questa macabra esperienza era stata vissuta in prima persona da un chirurgo, parente di Mary Wollstonecraft, nella prestigiosa sede del Royal College of Surgeons di Londra ed era rimasta sicuramente impressa nella memoria della giovane Mary attraverso il suo racconto.
Il concetto dell' uomo improvvido creatore, attraverso l'elettricità, di una vita artificiale di cui poi perde il controllo con tragiche conseguenze, fu accolto con grande successo dal pubblico e divenne l'ispirazione per i tantissimi successivi racconti di mostri ed automi, fino ai moderni robots o intelligenze artificiali dei racconti di fantascienza; uno per tutti il crudele cervello elettronico HAL 9000 di "2001 Odissea nello Spazio"
Anche l'opera di Polidori creò un archetipo letterario, si trattò infatti del primo racconto in assoluto ad avere come protagonista un vampiro, entità crudele che si nutre della vita altrui. Il giovane John si ispirò probabilmente ad un racconto relativo alle gesta non proprio esaltanti di un nobile inglese, crudele seduttore di fanciulle ( qualcuno ritiene si sia ispirato direttamente alle gesta di Byron raccontate da una sua detrattrice ) su cui innestò la leggenda dei morti che tornano terrorizzando i vivi, tipica della cultura popolare dei Balcani, che iniziava allora a farsi conoscere in occidente e che Bram Stoker, circa 80 anni dopo, sviluppò magistralmente con il suo Dracula, altra figura leggendaria che divenne materia per un filone cinematografico inesauribile.
Per rimanere sul terreno degli archetipi letterari del fantastico, anche se non inerente a Villa Diodati, è doveroso a questo punto un breve cenno al terzo di essi: la figura del doppio, sviluppata magnificamente da R.L. Stevenson in "La strana storia del dottor Jekyll e Mr Hyde" e che comprende anche tutti i racconti che hanno come protagonista " l'uomo lupo " o licantropo. Un essere in grado di eccellere nel bene come nel male a seconda dei panni indossati e che non può sottrarsi al suo crudele destino di carnefice e di vittima al tempo stesso.
La vicenda personale della giovane Claire Clairmont ebbe purtroppo un epilogo amaro: dopo alterne vicende la piccola Allegra,nata pochi mesi dopo il soggiorno sul lago, mori alla età di soli cinque anni mentre era ospitata in un convento italiano a cui Byron l'aveva affidata.
Anche gli uomini protagonisti dell'estate a Villa Diodati scomparvero nel giro di pochi anni in circostanze drammatiche.
Polidori mori suicida nel 1821, probabilmente a causa di una grave depressione.
Shelley annegò nel 1822 nelle acque della Liguria durante il naufragio della sua barca in circostanze mai chiarite.
Lord Byron mori nel 1824 in Grecia, dove si era recato per partecipare alla guerra d'indipendenza, ma la sua fine fu causata da una malattia e non dal campo di battaglia come forse da eroe romantico avrebbe desiderato.
Mary Shelley, che aveva solo 19 anni quando ideò il suo Frankestein, proseguì invece con caparbietà e successo nella carriera di scrittrice, nonostante la morte del marito e di ben tre figli in tenera età.
A lei si devono, oltre ad alcuni romanzi poco conosciuti al pubblico italiano, la pubblicazione postuma delle opere di P.B.Shelley ed un interessante diario, in forma epistolare, del viaggio In Italia (1840-43) che compi in compagnia di Percy, l'unico figlio sopravvissuto.
Le vicende umane, talvolta drammatiche, sono spesso all'origine di grandi balzi in avanti in tutti i campi dell'attività umana.
Qualcuno ha sostenuto, sopratutto dopo l'immersione del pensiero occidentale nel Romanticismo, che non vi è arte senza sofferenza. Forse, più semplicemente per eccellere ed essere innovativi in qualsiasi campo, la sofferenza va vissuta come veicolo del successo e non come alibi a non agire. Come ebbe a dire G.Simenon, il"padre" del commissario Maigret, con una felice espressione: una speciale vocazione all'infelicita' o meglio all'insoddisfazione.
Come già riportato circa due anni fa da queste colonne, la stagione estiva del 1816 si caratterizzò appunto per l'inclemenza del tempo atmosferico che fu causa di gravi carestie e crisi sociali in gran parte d'Europa e del Nord America, nonché di una serie di curiosi avvenimenti tra cui quello che andiamo brevemente a narrare.
Dopo alcune settimane di girovagare, compresa una sosta a Waterloo quale romantico gesto di solidarietà a Napoleone, Byron decise di risiedere a Villa Diodati, una prestigiosa dimora situata a Cologny sul lago di Ginevra, appartenuta ad una famiglia italiana perseguitata due secoli prima dall' Inquisizione.
I suoi spostamenti erano però " monitorati " in patria, in particolare dalla appena diciottenne Claire Clairmont con la quale, poco prima della partenza, aveva intrapreso una fugace relazione culminata con una gravidanza.
La Clairmont era sorellastra di Mary Wollstonecraft da poco divenuta compagna del poeta Percy B. Shelley; anche questa giovane coppia era in fuga dall 'Inghilterra più o meno nello stesso periodo e per gli stessi motivi di Byron: debiti e scandali famigliari.
La Clairmont , che si era nel frattempo aggregata alla coppia in fuga, con l'evidente scopo di mettere Byron di fronte alle sue responsabilità di padre e facendo leva sul desiderio del quasi cognato di conoscere quest'ultimo, convinse Shelley a prendere dimora sul lago di Ginevra nei pressi di Villa Diodati a partire dai primi di giugno.
Il gioco sembrava fatto per la giovane Claire che certamente sperava nella magia del luogo e nel "gentlemen agreement " dei presenti per risolvere la sua delicata situazione personale.
Dal resoconto dei diari dei cinque protagonisti non emerge con chiarezza quale evoluzione stesse avendo la vicenda quando, a causa del tempo particolarmente inclemente, il gruppo si trovò costretto ad una convivenza forzata dentro Villa Diodati.
Fu allora deciso di trascorrere le lunghe e piovose giornate con un "reading aloud"
(lettura ad alta voce) di racconti gotici e fantastici, fatto abbastanza consueto nei salotti inglesi dell'epoca.
Esaurito probabilmente il materiale di lettura, Byron, con un colpo di genio (o anche per distogliere l'attenzione dal suo pressante problema) propose una gara di scrittura di racconti fantastici. Nell' ambito degli intellettuali britannici del tempo, una delle massime aspirazioni, era produrre un'opera letteraria che potesse decretare fama imperitura al suo autore. L'iniziativa venne quindi accolta calorosamente, sopratutto da Mary Shelley e da John Polidori che si misero all'opera con impegno. Gli altri componenti del gruppo, ognuno per le proprie ragioni congiunturali, non si distinsero nell'occasione per una particolare ispirazione.
Dalla penna di Mary Shelley uscì niente meno che "Frankestein o il Moderno Prometeo" e John Polidori compose "Il Vampiro".
La fortuna ottenuta dall'opera della giovane Mary è nota a tutti anche per le numerose produzioni cinematografiche che ha successivamente generato.
Meno noti al grande pubblico sono però i motivi che ispirarono un racconto così originale, che creo' di fatto uno degli archetipi della letteratura fantastica di tutti i tempi insieme allo stesso Vampiro di Polidori.
In quegli anni erano molto apprezzati gli studi sulla elettricità e sulle sue applicazioni agli esseri viventi. A Londra, pochi anni prima, l'italiano Giovanni Aldini nipote di L. Galvani, scopritore dell'elettricità animale, si era esibito in esperimenti che prevedevano l'uso della energia elettrostatica su animali morti e perfino sul cadavere di un giustiziato per impiccagione, per attivare i movimenti degli arti e della testa. Questa macabra esperienza era stata vissuta in prima persona da un chirurgo, parente di Mary Wollstonecraft, nella prestigiosa sede del Royal College of Surgeons di Londra ed era rimasta sicuramente impressa nella memoria della giovane Mary attraverso il suo racconto.
Il concetto dell' uomo improvvido creatore, attraverso l'elettricità, di una vita artificiale di cui poi perde il controllo con tragiche conseguenze, fu accolto con grande successo dal pubblico e divenne l'ispirazione per i tantissimi successivi racconti di mostri ed automi, fino ai moderni robots o intelligenze artificiali dei racconti di fantascienza; uno per tutti il crudele cervello elettronico HAL 9000 di "2001 Odissea nello Spazio"
Anche l'opera di Polidori creò un archetipo letterario, si trattò infatti del primo racconto in assoluto ad avere come protagonista un vampiro, entità crudele che si nutre della vita altrui. Il giovane John si ispirò probabilmente ad un racconto relativo alle gesta non proprio esaltanti di un nobile inglese, crudele seduttore di fanciulle ( qualcuno ritiene si sia ispirato direttamente alle gesta di Byron raccontate da una sua detrattrice ) su cui innestò la leggenda dei morti che tornano terrorizzando i vivi, tipica della cultura popolare dei Balcani, che iniziava allora a farsi conoscere in occidente e che Bram Stoker, circa 80 anni dopo, sviluppò magistralmente con il suo Dracula, altra figura leggendaria che divenne materia per un filone cinematografico inesauribile.
Per rimanere sul terreno degli archetipi letterari del fantastico, anche se non inerente a Villa Diodati, è doveroso a questo punto un breve cenno al terzo di essi: la figura del doppio, sviluppata magnificamente da R.L. Stevenson in "La strana storia del dottor Jekyll e Mr Hyde" e che comprende anche tutti i racconti che hanno come protagonista " l'uomo lupo " o licantropo. Un essere in grado di eccellere nel bene come nel male a seconda dei panni indossati e che non può sottrarsi al suo crudele destino di carnefice e di vittima al tempo stesso.
La vicenda personale della giovane Claire Clairmont ebbe purtroppo un epilogo amaro: dopo alterne vicende la piccola Allegra,nata pochi mesi dopo il soggiorno sul lago, mori alla età di soli cinque anni mentre era ospitata in un convento italiano a cui Byron l'aveva affidata.
Anche gli uomini protagonisti dell'estate a Villa Diodati scomparvero nel giro di pochi anni in circostanze drammatiche.
Polidori mori suicida nel 1821, probabilmente a causa di una grave depressione.
Shelley annegò nel 1822 nelle acque della Liguria durante il naufragio della sua barca in circostanze mai chiarite.
Lord Byron mori nel 1824 in Grecia, dove si era recato per partecipare alla guerra d'indipendenza, ma la sua fine fu causata da una malattia e non dal campo di battaglia come forse da eroe romantico avrebbe desiderato.
Mary Shelley, che aveva solo 19 anni quando ideò il suo Frankestein, proseguì invece con caparbietà e successo nella carriera di scrittrice, nonostante la morte del marito e di ben tre figli in tenera età.
A lei si devono, oltre ad alcuni romanzi poco conosciuti al pubblico italiano, la pubblicazione postuma delle opere di P.B.Shelley ed un interessante diario, in forma epistolare, del viaggio In Italia (1840-43) che compi in compagnia di Percy, l'unico figlio sopravvissuto.
Le vicende umane, talvolta drammatiche, sono spesso all'origine di grandi balzi in avanti in tutti i campi dell'attività umana.
Qualcuno ha sostenuto, sopratutto dopo l'immersione del pensiero occidentale nel Romanticismo, che non vi è arte senza sofferenza. Forse, più semplicemente per eccellere ed essere innovativi in qualsiasi campo, la sofferenza va vissuta come veicolo del successo e non come alibi a non agire. Come ebbe a dire G.Simenon, il"padre" del commissario Maigret, con una felice espressione: una speciale vocazione all'infelicita' o meglio all'insoddisfazione.
P.C.