Sartirana: viaggio attorno al lago, tra scorci di rara bellezza e selve di rovi spinosi e canneti, sotto le mangrovie e gli ontani
Per rendersi conto dello stato di salute del lago di Sartirana non è sufficiente passeggiarci attorno. Occorre camminare molto lentamente, soffermarsi più e più volte, insomma impiegare non 50 minuti ma almeno due ore. Solo così si possono notare i particolari evitando l'inganno visivo che porta a conclusioni spesso sbagliate. Il lago è malato, sì ma di una malattia degenerativa di lunga e lenta evoluzione. Morirà? Sì, ma possono volerci 50 anni o 3 secoli. Dipende dall'uomo. Che può alzare le mani e lasciare alla natura il proprio epilogo oppure intervenire e curare, esattamente come il medico fa con il paziente. Il quale, è certo, morirà, ma molto più tardi se assumerà cure appropriate. E il medico deve essere rigoroso, non pietoso. Perché, come dice l'adagio popolare, il medico pietoso fa la piaga cancrenosa. Ecco, un giro di parole, una metafora per entrare nel dibattito a gamba tesa, anzi a palla di fucile: gli interventi devono essere decisi, quando servono ruspa e ruspetta debbono usarsi ruspa e ruspetta. Per il bene dello specchio d'acqua e per la sua fruibilità da parte delle migliaia di persone che, soprattutto nella bella stagione, ma anche in inverno amano camminare lungo il sentiero, per i pescatori sempre alla ricerca di un angolo nascosto e possibilmente ombroso, per le famiglie con passeggini al seguito che quando giungono su uno di quei dannati ponticelli in pietra lanciano maledizioni a coloro che li hanno ideati. C'è moltissimo da fare gli obiettivi sono, allungare la vita al lago e renderlo al tempo stesso una vera e propria attrazione turistica.
Il nostro cammino inizia proprio alla foce, lato est. La prima impressione è negativa, sull'acqua galleggiano le alghe, una sorta di mucillagine da mare Adriatico. Si tratta sì di alghe che però si sono staccate dal fondo a causa del primo caldo, alla riduzione dell'ossigeno e all'aumento dell'azoto. L'alga si spezza e sale in superficie. Ci fosse una corrente maggiore se ne andrebbe rapidamente.
Dicevamo all'inizio: c'è davvero molto da fare. Ma soprattutto ci vuole il coraggio di fare. L'Amministrazione comunale che ha la gestione della riserva deve mettersi al lavoro con l'ausilio degli esperti e redigere un massiccio piano di intervento da realizzarsi tra novembre e febbraio. E destinare ogni euro non strettamente necessario altrove per questo lavoro. Merate dispone di una rara bellezza, che ben pochi comuni possono vantare. Oggi è scarsamente utilizzata e, perché no, anche sfruttata. Per ciò bisogna agire non dimenticando che tra le prime opere ci sono le pulizie di tutti i fossati che scendono dalle colline e dalle case sovrastanti, fossati che portano acqua pulita in continuazione. La zona ha falde acquifere un po' ovunque e a pochi metri di profondità. Ripulire i fossati significa alimentare lo specchio d'acqua, favorire la circolazione e, a cascata, attraverso la Ruschetta, ridare vita anche allo stagno di San Rocco, altro angolo dimenticato della città.
Il nostro cammino inizia proprio alla foce, lato est. La prima impressione è negativa, sull'acqua galleggiano le alghe, una sorta di mucillagine da mare Adriatico. Si tratta sì di alghe che però si sono staccate dal fondo a causa del primo caldo, alla riduzione dell'ossigeno e all'aumento dell'azoto. L'alga si spezza e sale in superficie. Ci fosse una corrente maggiore se ne andrebbe rapidamente.
Dicevamo all'inizio: c'è davvero molto da fare. Ma soprattutto ci vuole il coraggio di fare. L'Amministrazione comunale che ha la gestione della riserva deve mettersi al lavoro con l'ausilio degli esperti e redigere un massiccio piano di intervento da realizzarsi tra novembre e febbraio. E destinare ogni euro non strettamente necessario altrove per questo lavoro. Merate dispone di una rara bellezza, che ben pochi comuni possono vantare. Oggi è scarsamente utilizzata e, perché no, anche sfruttata. Per ciò bisogna agire non dimenticando che tra le prime opere ci sono le pulizie di tutti i fossati che scendono dalle colline e dalle case sovrastanti, fossati che portano acqua pulita in continuazione. La zona ha falde acquifere un po' ovunque e a pochi metri di profondità. Ripulire i fossati significa alimentare lo specchio d'acqua, favorire la circolazione e, a cascata, attraverso la Ruschetta, ridare vita anche allo stagno di San Rocco, altro angolo dimenticato della città.
