Merate: la 'Valagussa' chiude la propria storia in tribunale Lindo, 'Ho pianto'. Il Giudice: quadro deprimente ma veritiero

Il giudice Enrico Manzi
"È un quadro deprimente ma veritiero"
. Il giudice Enrico Manzi ha sintetizzato così, con poche e "sofferte" parole, lo scenario che è stato tratteggiato dall'imprenditore Lindo Valagussa al termine della sua deposizione per i procedimenti che lo vedono imputato per omesso versamento di IVA e ritenute.
Un crollo drammatico, repentino, non prevedibile e nemmeno arginabile del mercato, dovuto a diversi fattori che, congiuntamente, hanno messo in ginocchio la Valagussa srl come tante altre realtà operanti nel campo dell'edilizia e delle costruzioni.
Questa mattina in aula è comparso, assistito dall'avvocato di fiducia Noemi Mariani del foro di Monza, il legale rappresentante dell'omonima società meratese, Lindo Valagussa, impresa operante dal 1972 e che, nei momenti "buoni", è arrivata ad avere fino a 68 dipendenti.

L'imputato, accusato di omesso versamento di IVA per gli anni 2010, 2011, 2012 e per omesso versamento di ritenute per l'anno 2011, ha spiegato le svariate ragioni che hanno causato il tracollo delle sorti economiche dell'azienda, senza più possibilità di ripresa.

"Gli istituti di credito mi chiudevano i fidi e gli incassi e quando mi presentavo a rogitare davanti ai notai le banche invece di trattenersi una quota si prendevano tutta la somma e così per noi non c'era possibilità di avere della liquidità".

In una sorta di "partita di giro" le banche presso le quali la Valagussa aveva una esposizione, si trattenevano direttamente la cifra che l'azienda avrebbe dovuto incassare dal compratore, impedendo di fatto una "boccata di ossigeno". "Mi sono anche messo a piangere ma nulla, mi ritiravano le cambiali".

 Avviata negli anni Settanta, leader nella costruzione e nelle manutenzioni soprattutto nella parte sud della provincia, l'impresa edile aveva iniziato ad avere i primi problemi tra il 2009 e il 2010 anni del tracollo dell'edilizia.

Alla congiuntura negativa, all'imposizione dei rientri dei fidi in tempi stretti da parte delle banche, alla scarsa liquidità si erano aggiunti infine i mancati pagamenti da parte di privati o i ritardi delle pubbliche amministrazioni.

Dopo diversi tentativi di recupero dei crediti nei confronti dei clienti, la garanzia a favore dell'azienda dei beni personali, non era rimasta altra strada che quella della messa in liquidazione della società il 31 luglio 2012.

Tentata la strada del concordato preventivo (ammesso in data 20 maggio), si era poi dovuti desistere procedendo alla dichiarazione di fallimento l'8 luglio 2013.

"Abbiamo cercato in tutti i modi di risanare la società ma non c'è stato nulla da fare" ha proseguito l'imprenditore meratese, giunto in tribunale accompagnato dal figlio Stefano, che ha testimoniato in seguito "non ci ha aiutato nessuno. Abbiamo messo a garanzia molti beni di famiglia, i conti correnti personali, abbiamo avuto anche problemi nel pagamento delle bollette di casa, ma non siamo riusciti a venirne fuori".

Un momento della protesta degli operai, in difficoltà a causa della crisi dell'azienda e più in generale del settore delle costruzioni


Dai 30 milioni di fidi del 2008, come spiegato da Stefano Valagussa, consigliere delegato amministrativo, si era scesi a 18 milioni e a nulla erano valsi anche gli studi commissionati ad esperti per tentare dei piani di rientro. Lavori ultimati con committente il comune di Robbiate, nel 2010, erano stati pagati due anni dopo e gli introiti incassati direttamente dall'Inps. Opere svolte per un maneggio (250mila €) e la fornitura di calcestruzzo (300mila €) erano rimaste impagate. A garanzia dell'azienda, la famiglia Valagussa aveva messo beni e titoli personali del valore di diverse centinaia di migliaia di euro così come erano stati sospesi gli stipendi agli amministratori.

Messa in liquidazione con la domanda di fallimento in proprio, l'azienda Valagussa aveva così tristemente terminato la sua un tempo florida storia, fatta di capannoni, complessi residenziali, intere aree edificate e rese abitabili o produttive.

Per la discussione finale, non senza nascondere un senso di disagio e anche di tristezza di fronte a un imprenditore messo in ginocchio al termine della carriera, il giudice Enrico Manzi ha rinviato al 23 settembre alle ore 15.

S.V.
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