Robbiate: la criminalità e la sua percezione nella società, i dati del professor Cornelli
Nella serata di venerdì l'associazione CambiaMenti ha proposto un incontro dal titolo "Oltre la paura. Il crimine tra percezione e realtà".
Ospite del dibattito, che si è svolto nella sala consiliare del Comune di Robbiate, il professor Roberto Cornelli, docente di criminologia all'Università Bicocca di Milano ed ex sindaco di Cormano.
Partendo dai luoghi comuni più diffusi, a livello mediatico e sociale, il professor Cornelli ha presentato al pubblico un'attenta analisi dei dati a disposizione degli studiosi; e ne è scaturito un quadro ben diverso dalle certezze radicate nel senso comune che considera la criminalità in continuo aumento, le città sempre più insicure per colpa dell'immigrazione e scarso il controllo da parte della forza pubblica.
"I furti rappresentano il 50% dei reati che avvengono sul territorio - ha spiegato l'esperto - ma prendendo in considerazione le statistiche su questo reato tra 1955 e 2013 notiamo che un suo aumento è registrato a partire dal 1970 e un picco è raggiunto nel 1990; negli anni successivi numero dei furti si mantiene stabile. Questo fenomeno è riconducibile al boom economico degli anni '60: la società del benessere, dove gli oggetti in circolazione sono tanti e desiderati, determina automaticamente un mercato legale ed illegale dei beni; un esempio clamoroso in questo senso fu quello dei furti di autoradio a metà degli anni '80".
Un altro dato evidenziato dalle statistiche (relative al 2012) è che in Italia vengono denunciati meno furti in abitazione rispetto ad altri paesi europei come la Grecia, il Belgio, la Danimarca e i Paesi Bassi; e molto simile risulta il confronto tra il nostro paese il Regno Unito e il Lussemburgo.
"Per quanto riguarda il dato degli omicidi è molto importante in criminologia perché sfugge alla variabile della propensione alla denuncia, in una società democratica un omicidio non può sfuggire", ha continuato il professor Cornelli. "Ebbene l'Europa, insieme al Canada, risulta il luogo con meno omicidi sul pianeta: 1,5 - 2 all'anno ogni 100mila abitanti a fronte del dato più alto che riguarda El Salvador: 18 - 20 omicidi. Nel nostro paese il tasso di omicidi è il più basso del continente: 0,8".
"In Italia - ha aggiunto il criminologo - i problemi si registrano nelle province di Napoli e Caserta, dove saliamo a 4, in Calabria e nella provincia di Nuoro. La Sicilia, invece, ha un dato ormai molto simile alla Lombardia. Se per il nuorese questo è legato alla persistenza del codice barbaricino che prevede la faida e il delitto d'onore; la situazione in Calabria e Campania è da imputare alla criminalità organizzata, soprattutto in momenti storici in cui le nuove famiglie ridisegnano la mappa del controllo sul territorio".
E ancora: "Se pensiamo che nel corso dell'800 i dati sulla conflittualità violenta dell'Italia erano conosciuti in tutta Europa e che lo stato sabaudo dovette far fronte in ogni modo alla situazione, inclusa la nascita della criminologia e del sistema penale-detentivo come ancora oggi lo conosciamo, fa impressione notare che la Svezia, un modello sociale, sia ora uno dei paesi con il più alto tasso di omicidi nel continente. Questo è dovuto ai traffici di armi e droga legati alla criminalità organizzata proveniente dalla Russia e dall'area del Baltico"
Secondo le statistiche nel nostro paese il numero degli omicidi per 100mila abitanti è costante dal dopoguerra e subisce un incremento soltanto nei primi anni '90 con la riconfigurazione del potere mafioso e la guerra Stato - Mafia.
Anche per quanto riguarda il femicio e i reati che hanno come vittima una donna i dati sono costanti dagli anni '70. "Non c'è bisogno di dire che i casi aumentano per affrontare il problema di una società che, nonostante la parità di genere, rimane fortemente patriarcale", è il parere del professor Cornelli. "Se si gonfiano i dati si rischiano infatti di creare delle forzature e di perdere di vista le priorità: la prima esigenza è proteggere le donne in casa perché è tra le mura domestiche che si verificano la maggior parte di questi delitti".
Il docente ha poi affrontato il tema della percezione della criminalità tra i cittadini. In base ai sondaggi, a partire dagli anni '90, le famiglie che considerano molto o abbastanza pericolosa la zona in cui abitano sono un terzo della popolazione, ed il dato non è cambiato.
Questo aspetto è stato quindi messo in relazione con l'aumento dell'immigrazione e con il numero degli agenti di polizia nei vari paesi europei.
Secondo i calcoli, l'87% delle vittime italiane subisce un reato da autori italiani e soltanto per il 9% da stranieri, mentre all'opposto il 24% degli stranieri e vittimizzato da italiani e per il 70% da altri stranieri. "È un dato molto semplice da leggere e che dimostra come sia più probabile che uno straniero nel nostro paese sia vittima di un italiano che non il contrario. L'alta percentuale di stranieri in carcere è dovuta al fatto che durante il percorso giudiziario hanno molte meno possibilità di difendersi, e l'aumento dei crimini in relazione all'aumento dell'immigrazione è smentito dalle statistiche che vede nel nostro paese una diminuzione dei reati dal picco degli anni '90", ha sottolineato Roberto Cornelli. "Per quanto riguarda poi i poliziotti in Italia ce ne sono molti di più che in Spagna, Germania, Francia e Regno Unito. Più che sul loro numero bisognerebbe quindi intervenire sulle loro funzioni e sulla loro organizzazione".
Perché pensiamo allora che la criminalità sia in crescita negli ultimi anni e perché il tema della sicurezza è entrato prepotentemente nel discorso pubblico?
"Negli anni '80 - ha risposto il professore - i telegiornali non davano notizie di criminalità ordinaria e nei giornali la cronaca nera era lasciata alle ultime pagine delle notizie locali, il giornalismo era costruito su argomenti ben diversi. Tutto è cambiato alla metà degli anni '90 con il declino dei giornali di partito e l'avvento delle Tv commerciali, che avevano come scopo primario la vendita di un prodotto. A questo si lega, tra anni '80 e anni '90, il crollo del sistema politico che generò una crisi della fiducia tra i cittadini e i loro rappresentanti e tra gli stessi cittadini, ed il passaggio da un paese di emigranti ad uno caratterizzato da un'immigrazione sempre maggiore e che fatica tutt'oggi ad essere culturalmente plurale".
"Non è un caso che proprio dagli inizi degli anni '90 si inizi a parlare di "sicurezza" e "paura della criminalità, termini prima sconosciuti al dibattito politico. Creando diffidenza la società si è chiusa in se stessa e la reazione sociale alla criminalità ha prodotto politiche che a loro volta hanno aumentato la paura delle persone. Si dovrebbe invece affrontare il problema con politiche di rassicurazione e che generino socialità e poi, con novizia di dati, contrastare la criminalità nel merito e non in base alla paura", ha concluso il criminologo.
Al termine della disamina del professore sono stati tanti gli interventi e le domande del pubblico. La maggior di questi, a fronte di un dato che evidenzia come il 97% dei furti resti impunito, si sono soffermati sul tema della sicurezza privata e della legittima difesa.
"Se si estendesse il diritto dei cittadini a farsi giustizia da sé si aumenterebbe la violenza nella società", è stata la risposta del professor Cornelli sul tema. "Rischieremmo di diventare come gli Stati Uniti dove il livello di criminalità è simile a quello europeo ma dove i dati sul tasso di violenza e sugli omicidi sono molto più alti. Personalmente credo che su questo aspetto sia l'Europa ad essere un modello per gli Stati Uniti e non viceversa".
Tabella 1: Delitti e furti denunciati ogni 100mila abitanti in Italia dal 1955 al 2013 CLICCA QUI
T2: Furti in abitazione per 100mila abitanti denunciati nei paesi UE nel 2012 CLICCA QUI
T3: Rapine per 100mila abitanti denunciate nei paesi UE nel 2012 CLICCA QUI
T4: Tasso di omicidi nel mondo CLICCA QUI
T5: Tasso di omicidi nei paesi europei CLICCA QUI
T6: Omicidi denunciati ogni 100mila abitanti in Italia dal 1955 al 2013 CLICCA QUI
T7: Omicidi in Italia ogni 100mila abitanti dal 1880 al 2009 CLICCA QUI
T8: Morti per omicidio ogni 100mila abitanti secondo il sesso in Italia dal 1970 al 2009 CLICCA QUI
T9: Famiglie che considerano molto o abbastanza a rischio criminalità la zona in cui vivono CLICCA QUI
T10: Numero di poliziotti nei paesi europei dal 1996 al 2012 CLICCA QUI
Ospite del dibattito, che si è svolto nella sala consiliare del Comune di Robbiate, il professor Roberto Cornelli, docente di criminologia all'Università Bicocca di Milano ed ex sindaco di Cormano.
Partendo dai luoghi comuni più diffusi, a livello mediatico e sociale, il professor Cornelli ha presentato al pubblico un'attenta analisi dei dati a disposizione degli studiosi; e ne è scaturito un quadro ben diverso dalle certezze radicate nel senso comune che considera la criminalità in continuo aumento, le città sempre più insicure per colpa dell'immigrazione e scarso il controllo da parte della forza pubblica.
"I furti rappresentano il 50% dei reati che avvengono sul territorio - ha spiegato l'esperto - ma prendendo in considerazione le statistiche su questo reato tra 1955 e 2013 notiamo che un suo aumento è registrato a partire dal 1970 e un picco è raggiunto nel 1990; negli anni successivi numero dei furti si mantiene stabile. Questo fenomeno è riconducibile al boom economico degli anni '60: la società del benessere, dove gli oggetti in circolazione sono tanti e desiderati, determina automaticamente un mercato legale ed illegale dei beni; un esempio clamoroso in questo senso fu quello dei furti di autoradio a metà degli anni '80".
Un altro dato evidenziato dalle statistiche (relative al 2012) è che in Italia vengono denunciati meno furti in abitazione rispetto ad altri paesi europei come la Grecia, il Belgio, la Danimarca e i Paesi Bassi; e molto simile risulta il confronto tra il nostro paese il Regno Unito e il Lussemburgo.
"Per quanto riguarda il dato degli omicidi è molto importante in criminologia perché sfugge alla variabile della propensione alla denuncia, in una società democratica un omicidio non può sfuggire", ha continuato il professor Cornelli. "Ebbene l'Europa, insieme al Canada, risulta il luogo con meno omicidi sul pianeta: 1,5 - 2 all'anno ogni 100mila abitanti a fronte del dato più alto che riguarda El Salvador: 18 - 20 omicidi. Nel nostro paese il tasso di omicidi è il più basso del continente: 0,8".
"In Italia - ha aggiunto il criminologo - i problemi si registrano nelle province di Napoli e Caserta, dove saliamo a 4, in Calabria e nella provincia di Nuoro. La Sicilia, invece, ha un dato ormai molto simile alla Lombardia. Se per il nuorese questo è legato alla persistenza del codice barbaricino che prevede la faida e il delitto d'onore; la situazione in Calabria e Campania è da imputare alla criminalità organizzata, soprattutto in momenti storici in cui le nuove famiglie ridisegnano la mappa del controllo sul territorio".
Il professor Roberto Cornelli
E ancora: "Se pensiamo che nel corso dell'800 i dati sulla conflittualità violenta dell'Italia erano conosciuti in tutta Europa e che lo stato sabaudo dovette far fronte in ogni modo alla situazione, inclusa la nascita della criminologia e del sistema penale-detentivo come ancora oggi lo conosciamo, fa impressione notare che la Svezia, un modello sociale, sia ora uno dei paesi con il più alto tasso di omicidi nel continente. Questo è dovuto ai traffici di armi e droga legati alla criminalità organizzata proveniente dalla Russia e dall'area del Baltico"
Secondo le statistiche nel nostro paese il numero degli omicidi per 100mila abitanti è costante dal dopoguerra e subisce un incremento soltanto nei primi anni '90 con la riconfigurazione del potere mafioso e la guerra Stato - Mafia.
Anche per quanto riguarda il femicio e i reati che hanno come vittima una donna i dati sono costanti dagli anni '70. "Non c'è bisogno di dire che i casi aumentano per affrontare il problema di una società che, nonostante la parità di genere, rimane fortemente patriarcale", è il parere del professor Cornelli. "Se si gonfiano i dati si rischiano infatti di creare delle forzature e di perdere di vista le priorità: la prima esigenza è proteggere le donne in casa perché è tra le mura domestiche che si verificano la maggior parte di questi delitti".
Il docente ha poi affrontato il tema della percezione della criminalità tra i cittadini. In base ai sondaggi, a partire dagli anni '90, le famiglie che considerano molto o abbastanza pericolosa la zona in cui abitano sono un terzo della popolazione, ed il dato non è cambiato.
Questo aspetto è stato quindi messo in relazione con l'aumento dell'immigrazione e con il numero degli agenti di polizia nei vari paesi europei.
Secondo i calcoli, l'87% delle vittime italiane subisce un reato da autori italiani e soltanto per il 9% da stranieri, mentre all'opposto il 24% degli stranieri e vittimizzato da italiani e per il 70% da altri stranieri. "È un dato molto semplice da leggere e che dimostra come sia più probabile che uno straniero nel nostro paese sia vittima di un italiano che non il contrario. L'alta percentuale di stranieri in carcere è dovuta al fatto che durante il percorso giudiziario hanno molte meno possibilità di difendersi, e l'aumento dei crimini in relazione all'aumento dell'immigrazione è smentito dalle statistiche che vede nel nostro paese una diminuzione dei reati dal picco degli anni '90", ha sottolineato Roberto Cornelli. "Per quanto riguarda poi i poliziotti in Italia ce ne sono molti di più che in Spagna, Germania, Francia e Regno Unito. Più che sul loro numero bisognerebbe quindi intervenire sulle loro funzioni e sulla loro organizzazione".
Perché pensiamo allora che la criminalità sia in crescita negli ultimi anni e perché il tema della sicurezza è entrato prepotentemente nel discorso pubblico?
"Negli anni '80 - ha risposto il professore - i telegiornali non davano notizie di criminalità ordinaria e nei giornali la cronaca nera era lasciata alle ultime pagine delle notizie locali, il giornalismo era costruito su argomenti ben diversi. Tutto è cambiato alla metà degli anni '90 con il declino dei giornali di partito e l'avvento delle Tv commerciali, che avevano come scopo primario la vendita di un prodotto. A questo si lega, tra anni '80 e anni '90, il crollo del sistema politico che generò una crisi della fiducia tra i cittadini e i loro rappresentanti e tra gli stessi cittadini, ed il passaggio da un paese di emigranti ad uno caratterizzato da un'immigrazione sempre maggiore e che fatica tutt'oggi ad essere culturalmente plurale".
"Non è un caso che proprio dagli inizi degli anni '90 si inizi a parlare di "sicurezza" e "paura della criminalità, termini prima sconosciuti al dibattito politico. Creando diffidenza la società si è chiusa in se stessa e la reazione sociale alla criminalità ha prodotto politiche che a loro volta hanno aumentato la paura delle persone. Si dovrebbe invece affrontare il problema con politiche di rassicurazione e che generino socialità e poi, con novizia di dati, contrastare la criminalità nel merito e non in base alla paura", ha concluso il criminologo.
Al termine della disamina del professore sono stati tanti gli interventi e le domande del pubblico. La maggior di questi, a fronte di un dato che evidenzia come il 97% dei furti resti impunito, si sono soffermati sul tema della sicurezza privata e della legittima difesa.
"Se si estendesse il diritto dei cittadini a farsi giustizia da sé si aumenterebbe la violenza nella società", è stata la risposta del professor Cornelli sul tema. "Rischieremmo di diventare come gli Stati Uniti dove il livello di criminalità è simile a quello europeo ma dove i dati sul tasso di violenza e sugli omicidi sono molto più alti. Personalmente credo che su questo aspetto sia l'Europa ad essere un modello per gli Stati Uniti e non viceversa".
Tabella 1: Delitti e furti denunciati ogni 100mila abitanti in Italia dal 1955 al 2013 CLICCA QUI
T2: Furti in abitazione per 100mila abitanti denunciati nei paesi UE nel 2012 CLICCA QUI
T3: Rapine per 100mila abitanti denunciate nei paesi UE nel 2012 CLICCA QUI
T4: Tasso di omicidi nel mondo CLICCA QUI
T5: Tasso di omicidi nei paesi europei CLICCA QUI
T6: Omicidi denunciati ogni 100mila abitanti in Italia dal 1955 al 2013 CLICCA QUI
T7: Omicidi in Italia ogni 100mila abitanti dal 1880 al 2009 CLICCA QUI
T8: Morti per omicidio ogni 100mila abitanti secondo il sesso in Italia dal 1970 al 2009 CLICCA QUI
T9: Famiglie che considerano molto o abbastanza a rischio criminalità la zona in cui vivono CLICCA QUI
T10: Numero di poliziotti nei paesi europei dal 1996 al 2012 CLICCA QUI
M.F.