Montevecchia: formazione sull’ARTVa con il Cai, dispositivo che cerca persone travolte

Cos'è e come si utilizza l'ARTVa? Queste sono le domande alle quali ha risposto Gianluca Como, istruttore della Scuola Intersezionale di Sci e Alpinismo "Valle del Seveso", nel corso della serata di formazione organizzata dalla sezione CAI di Montevecchia.
L'apparecchio di ricerca per i travolti da valanga, ovvero ARTVa, è essenziale per affrontare le situazioni di emergenza che possono verificarsi durante le uscite in montagna, tanto d'estate sui pendii esposti in alta quota, quanto d'inverno durante escursioni a piedi, con le ciaspole o la pratica dello scialpinismo.

Al centro Gianluca Como

"È importante essere pronti nel momento in cui si deve intervenire utilizzando lo strumento in modo appropriato, e serve anche senso di responsabilità. L'ARTVa è indispensabile per ricercare i travolti, ma non è sufficiente perché deve essere abbinato alla sonda e alla pala per impiegare meno tempo nelle ricerche" ha esordito Gianluca Como.
Il dispositivo deve essere indossato sotto il primo indumento e agganciato al corpo per evitare che venga perso nel corso della valanga, possibilmente tenendolo lontano dagli strumenti elettronici quali i cellulari, dato che è un ricetrasmettitore di onde elettromagnetiche. Il relatore ha spiegato che all'inizio di ogni escursione si devono testare gli apparecchi: tutti i componenti del gruppo devono mettere l'ARTVa in modalità di ricezione, passando davanti all'unico escursionista che lo terrà in trasmissione. Nella seconda fase del test si invertono le modalità degli apparecchi, e si può quindi intraprende il cammino stabilito con tutti gli ARTVa in modalità trasmissione.
Attualmente sono in commercio versioni digitali che, essendo attraversati da onde elettromagnetiche lungo tre direttrici, consentono una velocità maggiore rispetto agli analogici nella fase di ricerca dei travolti. Il display, assente nei vecchi modelli, indica la distanza  e la direzione verso cui muoversi per trovare i compagni di escursione, e sono più facilmente utilizzabili nel caso di ricerche con più dispersi.

Come ha spiegato Gianluca Como, si calcola che le probabilità di trovare il travolto ancora vivo crescono del  90% nei primi 15/18 minuti dalla valanga o slavina, e per questo è fondamentale saper utilizzare lo strumento e, se si è in gruppo, individuare un coordinatore delle ricerche che impartirà le direttive.
"Ci sono tre fasi nelle ricerche - ha proseguito - catturare il segnale, seguire le indicazioni che appaiono sul display e fare una localizzazione precisa. Quando si riceve il segnale è bene identificare il punto in cui ci si trova con un oggetto, e poi lasciarsi condurre dall'ARTVa. Giunti sul posto si deve tenere lo strumento parallelo al suolo e a poca distanza da esso, cercando il punto di maggiore vicinanza al corpo del disperso. Quindi di utilizza la sonda, o due sonde, maneggiate con i guanti e poi si scava".

Se più persone partecipano alle ricerche, nella fase finale ci si dispone a "V", in modo tale che uno scava e gli altri spalano la neve, alternando i ruoli per non affaticarsi inutilmente. In ogni caso, per iniziare le ricerche, si deve tener conto che la portata degli ARTVa è pari a 20 metri circa e quindi è necessario organizzare le strategie in base al numero di persone e all'ampiezza della zona interessata dalla valanga.
Al termine della presentazione, i partecipanti alla serata hanno potuto simulare una ricerca utilizzando l'ARTVa, nella speranza di non doversi mai trovare nella concreta necessità di intervenire.
F.C.

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