Merate: il comandante Alfa racconta la sua vita nel G.I.S.. ''Si diventa uomini coraggiosi per i sacrifici che si fanno''

Nella serata di mercoledì 17 giugno, presso l' Auditorium di Merate, si è tenuto un incontro con un ospite d'eccellenza: il "Comandante Alfa", fondatore del G.I.S. - Gruppo Intervento Speciale, reparto d'élite dell'Arma dei carabinieri, invitato da Manuel Spadaccini, a sua volta carabiniere in congedo e fondatore della KMA - Krav Maga Academy. Sul palco oltre all'ospite il giornalista Enrico Fedocci di Mediaset, in platea numerosi militari dell'Arma, esponenti di forze dell'ordine e dell'associazione nazionale carabinieri, e tanti, tantissimi cittadini, alcuni "costretti" ad assistere in piedi alla serata.

"Certi uomini spostano l'ago della bilancia affinché sia propensa verso il bene" ha introdotto Manuel "Sono uomini invisibili che lavorano per decine di anni in maniera silenziosa, professionale ma invisibile . È la parte più difficile del lavoro". Poche parole ma che bene hanno inquadrato il corpo e il personaggio che, non fosse altro per il mefisto indossato per tutto l'incontro, ha tenuti incollati al palco gli occhi dei presenti.

Enrico Fedocci, il comandante Alfa e Manuel Spadaccini

A fare da filo conduttore è stato il libro "Cuore di rondine" che raccoglie aneddoti, emozioni, storie di vita e vissuto quotidiano, sacrifici e amarezze, soddisfazioni e successi, segreti e rivelazioni che a volte sono zavorre.
"Sono uomini cazzuti" li ha definiti Enrico Fedocci, parlando dei militari arruolati in questo corpo "Stando con loro mi ha colpito la semplicità e la mancanza totale di esaltazione ed è per questo che stasera e ogni volta che ne avrò la possibilità, sarà sempre un piacere essere accanto a persone del genere".

 

"Mio nonno,quando ero piccolo, mi diceva sempre che se avessi colpito una rondine e ne avessi mangiato il cuore, sarei diventato coraggioso" ha esordito il comandante Alfa, per spiegare il titolo del libro "Un giorno ce la feci e dunque mi misi li ad aspettare di diventare coraggioso, ma non mi è successo niente. È lì che ho capito che tutti lo siamo. Siamo tutti cuore di rondine. Sono diventato coraggioso per i sacrifici che ho fatto. Il mio è un messaggio ai giovani di non mollare e di perseguire i propri obiettivi con tutti i sacrifici che ne derivano. Io ho vinto perché i miei sogni si sono quasi tutti avverati".


Sacrifici che sono passati da un impegno totale alla causa, tanto da farla apparire come una sorta di missione, dove le ore non si contano così come le feste e dove gli affetti, anche quelli più stretti, vengono messi in secondo piano rispetto alle esigenze e alle richieste del Corpo.
"Non vogliamo nè morti nè feriti. Il nostro addestramento ha l'obiettivo di sparare il meno possibile e di avere rispetto anche per il nemico. L'intervento riesce se non spariamo nessun colpo. Non siamo né esaltati nè altro, ma persone normali. Abbiamo un gruppo di giovani che si sacrificano. Siamo a disposizione 24/24 h su tutto il territorio italiano. Non esistono feste e compleanni. Essere operatore di un gis comporta tante rinunce soprattutto per le nostre famiglie. L'unico rammarico che ho infatti è di non aver visto l'infanzia dei miei bambini e ci tengo a dire che senza la donna giusta non si può stare al GIS. La selezione per entrare a far parte del nostro reparto è molto ardua: ci vogliono almeno tre anni di Tuscania, poi c'è una fase di prescelta, seguita da visite mediche, test fisici sotto stress e colloqui individuali. Cerchiamo di capire se i ragazzi sono persone equilibrate, non esaltate, che sappiano inserirsi nel gruppo e siano pensanti, perché qui dentro il motto è che vince il gruppo e mai la singola persona. La fase successiva comprende un corso di 6 mesi dopo il quale si deve stare un altro anno a fianco degli operatori più "maturi". Infine ci sono le specializzazioni. È lunga insomma, ma quando il ragazzo ne uscirà, sarà un altro uomo, un uomo forte che cercherà di capire sempre di più quale sia il suo potenziale anche se in realtà non lo saprà mai come non lo saprò mai io. È questo il bello.
Sono orgoglioso di aver contribuito a formare questi ragazzi. Di aver trasmesso qualcosa che resterà indelebile. Spero che molti giovani provino a venire da noi".

"Cuore di rondine"


A rendere il suo racconto ancora più catalizzante, sono stati certamente gli anedotti snocciolati, che sono parte del libro, e che meglio tratteggiano le giornate, gli anni, le attese e le preparazioni, così come i battiti del cuore che pare fermarsi al culmine di un'operazione, di questi uomini. Uno tra tanti la liberazione di una bambina di 8 anni, sequestrata per 68 giorni.
"Patrizia...Patrizia Tacchella. I rapitori inviavano le lettere zozze per incitare al riscatto. A Santa Margherita ligure abbiamo fatto cambiare idea a uno dei deliquenti, fin troppo direi...ora presta servizio nelle comunità... adesso ha un cuore di rondine. Ci ha colpito la tranquillità di questa bambina quando l'abbiamo liberata, giocava con una bambola, non si era accorta di niente. Ho tolto il mefisto e l'ho abbracciata. Le ho detto che eravamo i carabinieri e che l'avremmo riportata dalla mamma e lei ci ha risposto che ci aspettava. Mi stringeva al collo ma non parlava, riuscivo a sentire la sua respirazione accelerata. Non l'ho più vista, anche se l'abbiamo invitata più volte a degli eventi, ma era sempre in dolce attesa. Vorrei rivederla, mentre suo padre preferirei di no. Non voglio riconoscenze o premi di alcun genere. È il mio lavoro."

Dai casi più strazianti e forti dal punto di vista umano a quelli con sfondo politico, gli uomini del GIS sono preparati a tutto, come alla "liberazione" del campanile di San Marco a Venezia.
"Quella è stata una vicenda addirittura quasi divertente. Uno scambio di sproloqui tra un veneto e un siciliano...potete immaginarvi il teatrino che ne è uscito. Alla fine credo di averlo convinto a lasciare la torre, perché a un certo punto arrivò a chiedermi: "mi confermi che mi arrendo?".


E poi c'è la tutela dei capo di Stato, una sorta di body guard di altissimo livello, ma sempre con la capacità di essere invisibili.
"La persona a cui sono più legato e che ho scortato di più è Jacques Chirac. La regina di Giordania invece è quella che mi ha colpito di più. Nicolas Sarkozy sicuramente il più curioso: voleva andare a correre tutte le mattine fino a quando gli è venuto un mezzo infarto".

Ma alla forza e preparazione, il militare deve affiancare anche una dose (anche in questo caso al massimo livello) di razionalità e sangue freddo.
"Quando parti per una missione, hai addosso la voglia di andare a prendere il soggetto, di fargli del male e di sgridarlo. Poi quando arrivi sul posto non fai nulla di quello che avevi in testa, perchè sai che la sua fine è la galera. Ecco quella la chiamiamo la linea di non ritorno, si va e basta. Qualsiasi cosa accada. Il giorno in cui, prima di arrivare a quella linea, tu pensi che non puoi farcela è meglio che abbandoni perché diventa pericoloso per te e per gli altri".
Non poteva mancare la dedica del libro perchè nonostante di mani tese a ringraziarlo il "comandante Alfa" ne abbia davvero tante, è lui per primo che muove i passi verso chi ha vicino per sussurrare un grazie.
"Dedico questo libro ai miei genitori che mi hanno guidato e messo su questa strada e che mi hanno fatto diventare una persona per bene; ai miei figli per far capire loro perché mi assentavo; a mia moglie per ringraziarla di tutto: si è arrabbiata quando ha saputo che avevo allegato anche una nostra lettera, ma era indirizzata oltre che a lei anche a tutte le altre donne; ai miei ragazzi del reparto perché senza di loro non avrei fatto nulla; a tutti i giovani italiani, a tutti gli italiani, perché stiamo attraversando un brutto momento e bisogna insistere, avere più senso di patria e alla fine vinceremo. I giovani sono il futuro e spero mi seguano e capiscano che senza sacrifici non si ottiene nulla. Il libro ha dato la forza a molti di continuare negli studi, nella scuola militare e nella vita".

La serata si è conclusa con le immancabili dediche sulla copertina del libro e con la consapevolezza che per vivere da uomini ci vuole sacrificio.

Chiara Commito
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