Imbersago: a settant'anni le privazioni della guerra nel ricordo di chi c'era e ora racconta

Nell'ottobre del 1943 i militari tedeschi arrivarono a Imbersago ed occuparono diversi edifici, tra i quali la struttura dell'odierno municipio che all'epoca ospitava la scuola elementare del paese. A settant'anni di distanza da quel 25 aprile che nel 1945 portò anche ad Imbersago la notizia della Liberazione, gli imbersaghesi che vissero durante il periodo della dittatura e provarono le privazioni della guerra hanno raccontato, nella mattinata di ieri, le loro esperienze e i loro ricordi.

Dopo l'alzabandiera e l'omaggio al monumento ai caduti, l'incontro pubblico "Il 25 aprile settant'anni dopo: la seconda guerra mondiale e la liberazione a Imbersago, nel ricordo di chi c'era", organizzato dal consigliere delegato alla cultura Ambrogio Valtolina, ha portato agli applausi di una sala consiliare gremita anche dagli alunni della scuola primaria "Antonio Stoppani".


"I nostri concittadini nati e cresciuti durante il periodo della dittatura fascista hanno subito fin dalla tenera età un sistema pervasivo che aveva lo scopo di negare la libertà della persona", ha sottolineato il sindaco Giovanni Ghislandi. "La resistenza e la lotta di Liberazione, come ha sottolineato in questi giorni il presidente della Repubblica, hanno mostrato al mondo la volontà di riscatto degli italiani che con coraggio lottarono per la riconquista della libertà o che rischiarono la vita per nascondere o aiutare i perseguitati. Per questo dobbiamo concentrarci sull'essenza del 25 aprile come patrimonio di tutto il paese e consegnarla alle nuove generazioni avendo ben presente che la Costituzione italiana, nata dai valori della resistenza, rappresenta il momento fondante di una memoria condivisa sui valori della democrazia, della libertà, della giustizia sociale e della pace".

Giovanni Villa, Luigia Mandelli, Enrico Ghislandi

Il primo a prendere la parola tra gli ospiti è stato Enrico Ghislandi, padre del Sindaco, che all'epoca dell'occupazione tedesca aveva 10 anni e frequentava la quinta elementare: "Ricordo che un giorno di ottobre, mentre ero a scuola, arrivarono 5 o 6 camionette di militari tedeschi. In due ore occuparono la villa dei conti Castelbarco usata come sede operativa e di comunicazione della Luftwaffe. Ancora ho in mente il rumore delle telescriventi che, avendo la camera di fronte alla villa, sentivo battere tutta la notte. Noi bambini poi bazzicavamo con i tedeschi: qualcuno di loro parlava italiano e ricordo un docente di musica che scherzava spesso con noi".


"Mi restano ancora impresse le esercitazioni militari - ha aggiunto Giovanni Villa, ex sindaco di Imbersago - , l'ordine e l'incedere preciso come delle macchine, oppure la cassetta di sicurezza con un rotolo di mille lire di cui i soldati disponevano quando ce n'era bisogno. Un'immagine che stride con le privazioni che doveva subire la popolazione che viveva sotto il regime. Ero un ragazzo di 12 o 13 anni, ma ricordo con amarezza quando alle nostre nonne e alle nostre mamme fu imposto il dramma di donare le fedi nuziali. È non fu certo l'unica sofferenza: tutto era razionato e il pane veniva distribuito solo tramite le tessere annonarie. Chi coltivava la terra, come mio padre, era costretto a dichiarare la produzione e portarne parte all'ammasso; un anno la neve e il freddo impedirono il raccolto ma un incaricato scrisse nella sua relazione che era tutto regolare. Ci tolsero due tessere e a casa restammo senza pane".

Francesco Casazza e Osvaldo Bonfanti

La commozione, fino alle lacrime, hanno segnato poi il volto di Francesco Casazza, ex combattente e partigiano cristiano: "Nella mia vita da partigiano ne ho viste di tutti i colori, sono qui e sono contento di averla vissuta. Mi commuovo perché mi viene in mente cos'ho passato e ne potrei parlare per una settimana. Voglio solo raccomandare a tutti di amare la patria".

"E lo studio!", ha aggiunto la signora Luigia Mandelli rivolgendosi ai ragazzi in sala. "Per colpa della guerra io fui costretta a interrompere gli studi al terzo anno delle scuole commerciali. Dovevamo andare a Bergamo per studiare e quando c'erano i bombardamenti ci nascondevamo nei rifugi, io però volevo tornare a casa e prendevo il treno. La ferrovia era l'obiettivo numero uno dei bombardamenti e il ponte di Paderno il secondo, così mio padre mi impedì di continuare. Sono cose che non auguro a nessuno di vivere, e invito voi ragazzi a proseguire gli studi con gioia".

Ad alleggerire la serata ci hanno pensato le ultime due testimonianze di Osvaldo Bonfanti e don Luigi Oggioni.
"Quando eravamo ragazzini salivamo sulla collina per vedere i bombardamenti a Milano, il fuoco della contraerea sembrava la festa di Brivio!", ha scherzato il signor Bonfanti, che ha ricordato anche di quando, insieme a degli amici, sottrasse da una colonna di tedeschi in ritirata zaini pieni di bombe a mano usate poi per pescare.

La mancata denuncia di una mitragliatrice ritrovata in sacrestia, invece, avrebbe potuto costare caro don Luigi; mitragliatrice che fu poi ritrovata in un campo grazie alla benevolenza di un maresciallo dei carabinieri.

"Il 25 aprile 1945 ero in seminario - ha spiegato il sacerdote - e non sapevamo della Liberazione. Una volta ordinato prete ho cercato di rimediare accompagnando i parrocchiani di Sesto San Giovanni nei pellegrinaggi laici al campo di sterminio di Mauthausen; qui vidi sulle lapidi in ricordo dei morti il nome di un mio cugino, vi assicuro che mi venne un sussulto al cuore".


A completare l'intensa giornata di celebrazione è toccato poi ad una mostra realizzata dagli alunni della scuola primaria di Imbersago con l'aiuto del Gruppo alpini del paese. Presso il sottotetto del municipio è stata infatti inaugurata l'esposizione "La libertà non è stare sopra un albero". I lavori e i disegni dei ragazzi hanno accompagnato i documenti e i reperti d'epoca, dando vita ad una originalissima ed apprezzata presentazione.

M.F.
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