Merate: "Ginel" Buratti, re del trotto apre l’album dei ricordi di una vita con i cavalli

Giovanni "Ginel" Buratti
Pianello Val Tidone, Borgonovo, la Poncia di Molteno, Soresina, fino a Broni e a Torino, passando per Verderio e Bernareggio: Giovanni "Ginel" Buratti ne ha viste di piste da trotto. Eccome. Le ha vissute da protagonista fin dai lontani anni Venti. Tanto per intenderci, il trotto è quella disciplina col cavallo attaccato al calessino col guidatore, dove non si può galoppare se non per una 'rottura' di tre-quattro metri, pena la squalifica. E in questa materia abbiamo incontrato un maestro. Originario di Vimercate, ma meratese da una vita, il Buratti la passione per i cavalli se l'è trovata in casa: figlio di uno dei più grandi trottatori di inizio secolo, ha cominciato a montare all'età di sei anni. Il padre gli ha lasciato in eredità anche il nome - 'Ginel' appunto - noto nell'ambiente delle corse come quello di vero e proprio fuoriclasse. Che quello del cavallo sia un mondo a sé non ci vuole molto a capirlo, ma vederselo aprire davanti è un'altra cosa. Siamo andati a conoscere il Buratti nella sua casa, ci siamo seduti al tavolo della sua sala e gli abbiamo chiesto - da profani - di raccontarci delle corse che aveva vinto. Ma era la domanda sbagliata. Bisognava parlare di cavalli. O meglio, di 'cristiani'. "Ardì", ad esempio, detto anche "Batticuore", o ancora "Inatteso", e "Il Francese"... nomi che in un solo momento hanno acceso negli occhi del Buratti il film dei ricordi, delle gare, degli aneddoti, delle persone. Una vita intera spesa inseguendo la propria passione. Il cavallo. Da guidare la domenica, al trotto. Da vendere e comprare in settimana.

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Perchè i Buratti sono stati una competente famiglia di commercianti di equini. Da padre in figlio, ancora una volta. L'eredità di una passione e di un mestiere. L'occhio allenato fin da bambino, quando a sei anni il Ginel Junior accompagnava il Senior alle fiere dei dintorni, ma anche a quelle francesi e olandesi, ascoltando suo padre valutare, contrattare, osservare girando intorno all'animale, fingendo perplessità e valutando la credibilità del venditore. I racconti del Buratti si sono srotolati fluidi per i nostri taccuini, restituendoci un mondo antichissimo e vivo, popolando di voci luoghi che oggi conosciamo come deserti parcheggi asfaltati, e arrivando a trasformarli in polverosi o fangosi campi da fiera.


"L'Ardì l'ho comprato a Cantù da Umberto Brenna.
- ci ha spiegato il Buratti - Era un cavallino tutto malato e con la lingua spaccata. Il Brenna mi ha chiesto un milione e mezzo di lire. Gliene ho dato uno e l'ho portato a casa. Gli ho curato la bocca col miele, poi via, in pista. Ma da guidare senza usare le briglie in bocca. No. Solo le chiamate sul collo. Risultato che ho vinto per  cinque-sei domeniche di fila. E alla fine ho vinto anche con il Brenna, che si è messo a piangere perchè aveva capito di aver avuto in mano una perla senza saperla riconoscere. Dopo otto giorni il Brenna è morto. C'è chi dice che l'ho ammazzato io a far rinascere così l'Ardì. Stupidate." "Inatteso" è venuto dopo. "Non era un cavallo - ha continuato il Buratti - era un cristiano. Mi seguiva da tutte le parti. Dopo la gara, senza briglie, gli dicevo 'Inatteso, alora!' e lui dietro. Se mi stendevo per terra e facevo finta di dormire lui mi veniva sopra con la faccia e mi baciava. Una cosa incredibile. Affezionato. Un cristiano. Anche mia moglie gli voleva bene. L'ho venduto trent'anni fa a tre milioni, ma era un cavallo da non vendere nemmeno per trecento."

E ancora il "Francese", cavallo che aveva subito le astuzie dei suoi padroni d'oltralpe: "C'eran dei francesi che nelle gare fuori Milano usavano la 'catena'. Era un trucco per far andare il cavallo come una saetta. Gli scottavano la bocca con un ferro che faceva un 'click' particolare e bum, il cavallo non vedeva più niente dal dolore e filava come un dannato. Alla fine gliene ho comprato uno che costava neanche tanto. In gara ho scoperto che se con la bocca gli facevo il verso tipo 'click' lui credeva che usassi anch'io la catena e partiva lo stesso come un diavolo. Quante ne ho vinte con il 'Francese' a fare 'click'! Alla fine l'ho venduto a un napoletano che ho incontrato a Monza. Faceva il mercato della frutta ma s'intendeva di cavalli. Gli voleva bene. Allora gli ho spiegato il trucco di dire 'click' al Francese. In tre mesi, giù a Napoli, con le corse che fanno loro sulle strade delle macchine, di notte, ha fatto dieci milioni. Vinceva e tutti lo volevano sfidare. Lì si faceva anche un milione di posta. Corsa a due. Lo sfidavano e continuava a vincere. Poi una domenica a Monza mi son sentito toccare sulla spalla. Era lui. Ha cominciato a baciarmi tutto e mi ha detto che alla fine aveva venduto il camioncino della frutta e faceva il signore. 'Va via!' gli ho detto 'Non son mica una donna che mi devi baciare così!'.


Ma tutte le favole finiscono. Il figlio di Ginel, Danilo, ha trovato la sua strada lontano dai cavalli. E la moglie Edda - compagna di una vita di corse e di vittorie - è scomparsa lo scorso 4 Febbraio. Eppure il Buratti, a 86 anni, non ha affatto perso smalto. Sta benone nella sua villa di Brugarolo. E anche se non si occupa più di cavalli ha da badare a un bastardino bianco e nero che lo cerca sempre. E quando gli si chiede chi è stato, allora mettetevi comodi: inizia il film. 
Massimo Colombo
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