Osnago: al centro Lazzati, Zardoni solleva il velo di mistero sulle miniere di Montevecchia
Le miniere di Montevecchia sono state il tema del “Caffè del venerdì” proposto dal Centro sociale e culturale Giuseppe Lazzati di Osnago. All’incontro con Giovanni Zardoni, tenutasi presso il circolo ACLI di Osnago, hanno partecipato diverse persone, incuriosite dall’argomento affrontato, una vicenda vera ricostruita basandosi su documenti presenti nell’archivio comunale di Cernusco. Qui il relatore, ricercando del materiale per scrivere un libro sulla storia del paese, ha avuto accesso ad alcuni scritti risalenti al periodo in cui il comune era unito con Montevecchia.
Il colle di Montevecchia è “attraversato” da tre banchi di marna: uno di 4 km di lunghezza, sfruttato per circa 500 metri, partiva da località Butto e raggiungeva Cascina Molgora a Missaglia toccando la zona del cimitero, di San Bernardo e località Cappona; il secondo, di 4 km anch’esso, iniziava da Valfredda e passava a sud di Ca’ Soldato risalendo e scendendo in Valle S.Croce, dove giungeva il terzo banco, con partenza da sud di Ospedaletto, dopo aver attraversato il crinale del colle, per un percorso di 2 km.
Il colle di Montevecchia è “attraversato” da tre banchi di marna: uno di 4 km di lunghezza, sfruttato per circa 500 metri, partiva da località Butto e raggiungeva Cascina Molgora a Missaglia toccando la zona del cimitero, di San Bernardo e località Cappona; il secondo, di 4 km anch’esso, iniziava da Valfredda e passava a sud di Ca’ Soldato risalendo e scendendo in Valle S.Croce, dove giungeva il terzo banco, con partenza da sud di Ospedaletto, dopo aver attraversato il crinale del colle, per un percorso di 2 km.
La carta con le vie della marna.
A destra Luigi Mandelli, presidente del centro sociale e culturale Giuseppe Lazzati con Giovanni Zardoni
L'ingresso alla miniera, ora murato e invalicabile
Zardoni ha mostrato i dati che documentano la crescita economica dell’attività estrattiva. A ottobre 1947 l’abbattimento della marna si effettua solo al quinto livello per 415 mt, con una produzione giornaliera di 32 t che richiede 12 kg di esplosivo e dà lavoro a 28 operai. A febbraio 1950 la forza lavoro è aumentata di otto uomini che con 20 kg di esplosivo producono quotidianamente 80 t di marna e calcare, impiegato come correttivo per la calce idraulica. Di lì a quattro anni vengono ampliate le dimensioni delle gallerie dei livelli bassi, passando da 7x8 a 12x8 mt, introducendo l’utilizzo di una pala meccanica e di carrelli di sgombero e per fronteggiare la produzione mensile di 1200 t si pensa di ricorrere a una seconda pala meccanica.Il crollo del '58
Il pubblico, vivamente interessato, ha sollevato delle domande sulla stabilità di Montevecchia, ma Zardoni ha spiegato che secondo alcuni studi è proprio l’acqua che riempie le cave ad assicurare la stabilità del colle con la pressione esercitata, mentre secondo altri potrebbe portare a un’erosione della roccia. Le sorgenti sono perenni e il livello è costante perché l’acqua ha trovato una via d’uscita in zona Cascina Paolina a Lomaniga dove genera un ruscello con un flusso modesto. Le abitazioni sul crinale del colle sono costruite su rocce salde e oltre agli studi del Politecnico di Milano è stata eseguita una relazione geologica da parte del comune di Montevecchia.
Federica Conti