Rubrica natalizia: 19 dicembre
Ecco come nascono le leggende, come diventano favole o storie... Intanto eccovi una favola legata alle festività...
La favola del Piú
C'era una volta un regno, nel quale nulla mancava a nessuno. I cittadini possedevano tutto quello che desideravano. Ma per questo non erano più contenti. Al contrario, quanto più possedevano, tanto più cresceva la loro brama di possesso. Era inquietante. "Di più", tuonava una voce nei grandi magazzini, "avete bisogno di più cibo e abbigliamento." Manifesti e cartelli colorati promettevano il Più: più benessere, più felicità. "Di più" ribadiscono i ministri del Re, abbiamo bisogno di una maggiore crescita. Gli insegnanti promettevano più conoscenza e più bagaglio culturale. Dovunque si volgeva lo sguardo, gli uomini erano invasi dal Più, e presto minacciavano di affogare nell'opulenza. Ciò che aveva incominciato come una grande promessa, divenne una minaccia. Poiché tutti aspiravano al Più, sfruttavano la loro vita per ricevere di più a ogni costo. E li costava molto. Tutto l'Impero fu sottoposto allo stesso fine. Gli esseri umani non erano più apprezzati per quello che erano, con il loro sorriso, la loro amabilità, i loro sogni e le loro lacrime. Furono degradati a valori numerici di bilanci. La natura venne sfruttata senza alcun riguardo. Le scuole servivano in primo luogo per insegnare il guadagno. Stranamente, quanto più gli uomini accumulavano, tanto meno gioivano del loro possesso. C'era sempre più denaro, ma le persone avevano sempre meno sensazioni felici.
Disponevano di una scienza quasi infinita, ma capivano sempre meno. La quantità di cibo aumentava, ma cresceva la loro nostalgia. Avvenne dunque in uno di quei giorni che il re non ne poté più. Rifletté: "Ci dev'essere nella vita qualcos'altro di quel più." E si rifiutò di mangiare la sua minestra. I ministri e i cortigiani trattennero il fiato. Mai era accaduto una cosa simile. È facile immaginare l' agitazione. Il piccolo Re invece sedeva tranquillo, come se tutto questo non lo riguardasse, rifletté e gli venne in mente il respiro: Chi solamente respira senza espirare, soffoca. Non è essenziale il più. Un Re non manca di gloria se vive più modestamente. Anzi, la modestia è un arte reale. Così il piccolo Re prese il gusto di rinunciare. Quanto più semplici erano le sue giornate, tanto più piena era la sua vita. Improvvisamente gli tornò la voglia di una calda tazza di tè, alla quale dedicava tutta la sua attenzione. Godeva dell'attimo presente, faceva lunghe passeggiate e respirava profondamente aria fresca. Si prese il tempo di leggere un libro con tutta calma, di contemplare un quadro o di condurre un colloquio. Quanto più il Re viveva in questo modo, tanto più gradito diventava ai suoi sudditi. Il suo esempio fece scuola. Presto divenne soddisfacente vivere in questo paese, nel quale vigeva gentilezza e contentezza. E se gli uomini di quel Regno vivono ancora, vivono per ricordarci che "meno è meglio" e la rinuncia ci fa diventare ricchi.
Ci sarà ancora qualcuno, oltre il presidente uruguayano Mujica, che dia questo esempio? Un'inversione di marcia sarebbe meravigliosa! Creare la nuova moda di desiderare di meno! Ci sto provando... proviamoci...
LA VECCHIETTA CHE ASPETTAVA DIO di Bruno Ferrero
C'era una volta, un'anziana signora, che passava in pia preghiera molte ore della giornata. Un giorno, sentì la voce di Dio che le diceva: "Oggi verrò a farti visita". Figuratevi la gioia e l'orgoglio della vecchietta. Cominciò a pulire e lucidare, impastare e infornare dolci. Poi, indossò il vestito più bello e si mise ad aspettare l'arrivo di Dio. Dopo un po', qualcuno bussò alla porta. La vecchietta corse ad aprire. Ma, era solo la sua vicina di casa, che le chiedeva in prestito un pizzico di sale. La vecchietta la spinse via: "Per amore di Dio, vattene subito, non ho proprio tempo per queste stupidaggini! Sto aspettando Dio, nella mia casa! Vai via!". E sbatté la porta in faccia alla mortificata vicina.
Qualche tempo dopo, bussarono di nuovo. La vecchietta si guardò allo specchio, si rassettò e corse ad aprire. Ma chi c'era? Un ragazzo infagottato in una giacca troppo larga, che vendeva bottoni e saponette da quattro soldi. La vecchietta sbottò: "Io sto aspettando il buon Dio. Non ho proprio tempo. Torna un'altra volta!". E chiuse la porta sul
naso del povero ragazzo. Poco dopo, bussarono nuovamente alla porta. La vecchietta aprì e si trovò davanti un vecchio cencioso e male in arnese. "Un pezzo di pane, gentile signora, anche raffermo... E se potesse lasciarmi riposare un momento qui sugli scalini della sua casa", implorò il povero. "Ah, no! Lasciatemi in pace! Io sto aspettando Dio! E stia lontano dai miei scalini!", disse la vecchietta stizzita. Il povero se ne partì zoppicando e la vecchietta si dispose di nuovo ad aspettare Dio. La giornata passò, ora dopo ora. Venne la sera e Dio non si era fatto vedere. La vecchietta era profondamente delusa. Alla fine, si decise ad andare a letto. Stranamente, si addormentò subito e cominciò a sognare. Le apparve in sogno il buon Dio che le disse: "Oggi, per tre volte sono venuto a visitarti, e per tre volte non mi hai ricevuto".
La vita di ognuno di noi è intessuta di attese.
Si tratta di una esperienza importante e di grande valore educativo.
Consapevole di ciò, la Chiesa ha fissato un tempo per ravvivare questo 'stato' fondamentale nella vita del cristiano: il tempo dell'Avvento. La storia sottolinea che Dio è sempre sorprendente... è possibile incontrarlo in tanti modi, ma in modo particolare nelle persone che ci avvicinano tutti i giorni.
Messaggio chiarissimo, ascoltato raramente, mi ricorda una barzelletta.
La vignetta qui sopra l'ho copiata da "Uqbar Love" di Paolo Mario Buttiglieri di Fiorenzuola D'Arda (PC), pagine web che settimanalmente invia agli amici sparsi nella rete... Anche il racconto che segue proviene dalla stessa fonte.
LA VECCHIETTA CHE ASPETTAVA DIO di Bruno Ferrero
C'era una volta, un'anziana signora, che passava in pia preghiera molte ore della giornata. Un giorno, sentì la voce di Dio che le diceva: "Oggi verrò a farti visita". Figuratevi la gioia e l'orgoglio della vecchietta. Cominciò a pulire e lucidare, impastare e infornare dolci. Poi, indossò il vestito più bello e si mise ad aspettare l'arrivo di Dio. Dopo un po', qualcuno bussò alla porta. La vecchietta corse ad aprire. Ma, era solo la sua vicina di casa, che le chiedeva in prestito un pizzico di sale. La vecchietta la spinse via: "Per amore di Dio, vattene subito, non ho proprio tempo per queste stupidaggini! Sto aspettando Dio, nella mia casa! Vai via!". E sbatté la porta in faccia alla mortificata vicina.
Qualche tempo dopo, bussarono di nuovo. La vecchietta si guardò allo specchio, si rassettò e corse ad aprire. Ma chi c'era? Un ragazzo infagottato in una giacca troppo larga, che vendeva bottoni e saponette da quattro soldi. La vecchietta sbottò: "Io sto aspettando il buon Dio. Non ho proprio tempo. Torna un'altra volta!". E chiuse la porta sul
naso del povero ragazzo. Poco dopo, bussarono nuovamente alla porta. La vecchietta aprì e si trovò davanti un vecchio cencioso e male in arnese. "Un pezzo di pane, gentile signora, anche raffermo... E se potesse lasciarmi riposare un momento qui sugli scalini della sua casa", implorò il povero. "Ah, no! Lasciatemi in pace! Io sto aspettando Dio! E stia lontano dai miei scalini!", disse la vecchietta stizzita. Il povero se ne partì zoppicando e la vecchietta si dispose di nuovo ad aspettare Dio. La giornata passò, ora dopo ora. Venne la sera e Dio non si era fatto vedere. La vecchietta era profondamente delusa. Alla fine, si decise ad andare a letto. Stranamente, si addormentò subito e cominciò a sognare. Le apparve in sogno il buon Dio che le disse: "Oggi, per tre volte sono venuto a visitarti, e per tre volte non mi hai ricevuto".
La vita di ognuno di noi è intessuta di attese.
Si tratta di una esperienza importante e di grande valore educativo.
Consapevole di ciò, la Chiesa ha fissato un tempo per ravvivare questo 'stato' fondamentale nella vita del cristiano: il tempo dell'Avvento. La storia sottolinea che Dio è sempre sorprendente... è possibile incontrarlo in tanti modi, ma in modo particolare nelle persone che ci avvicinano tutti i giorni.
Messaggio chiarissimo, ascoltato raramente, mi ricorda una barzelletta.
Beata Provvidenza
In un paese alluvionato, un prete si rifugia nella sua chiesa che sta per essere sommersa dalle acque. Passa una barca e gli gridano di saltare su e di salvarsi. Lui risponde:
"No! Credo nella Provvidenza e aspetto che mi aiuti!"
L'acqua sale inesorabile ed è costretto a salire sul campanile. Passa un altro barcaiolo che lo invita a salire, ma lui, imperterrito, vuole difendere la sua chiesa e rifiuta ancora con la scusa della Provvidenza.
Una terza possibilità la lascia remare via, l'acqua lo sommerge e si ritrova in paradiso.
Vede San Pietro e si lamenta: "Ho sempre creduto nella Provvidenza, ma mi ha tradito!"
San Pietro gli risponde: "Te l'abbiamo mandata ben tre volte e non hai saputo riconoscerla".
Una poesia di Rosa Marra dal Calendario dell'Avvento della Val Sarentino
Il Natale dei bambini poveri
I bambini poveri
sono felici con poco,
perché anche con niente
inventano un bel gioco.
La mamma lega una pezza
per la sua bambina
e la pezza diventa,
la più bella bambolina.
La bimba felice ninna e culla
quella bambola fatta di nulla.
Galoppa un bambino
in groppa al suo cavallo
e ride anche la scopa
con il manico giallo.
E guarda come è contento
quel bambino:
una scatola di scarpe
è il suo camioncino.
I bambini ricchi
hanno regali costosi
ma spesso sono tristi
e piagnucolosi:
loro non sanno
che, per essere felici,
si può giocare con niente
e avere tanti amici.
A domani. Buona giornata!
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