Lomagna: Padre Vittorio Ferrari, missionario alla ''fine del mondo'' e guida dei chierichetti in Vaticano, si racconta

Padre Vittorio
Alla vigilia della veglia missionaria in Duomo, il cuore è là, nell'angolo del mondo dove quella povertà che attanaglia migliaia di persone, dove l'analfabetismo purtroppo è diffuso, dove il lavoro spesso è un miraggio e dove tanti, tantissimi missionari italiani hanno speso e spendono tuttora la loro vita in nome di un Amore più grande.
Abbandonate le comodità della propria terra per una "baracca", questi sacerdoti faticano poi a tornare ai ritmi del mondo evoluto, quello delle comodità e del progresso. Per loro gli occhi di un bambino denutrito e la mano tesa a chiedere aiuto, sono un richiamo al quale non ci si può sottrarre. Lo sa bene Padre Vittorio Ferrari, lomagnese di nascita, 64 anni appena compiuti con una festa che ha coinvolto anche la banda di Osnago che gli ha reso omaggio al termine di una Messa, e che ora si trova a casa, a Casatenovo dalla sorella, per un periodo di convalescenza...forzata. Perché la sua speranza è di tornare presto in missione, nella sua parrocchia.
Il suo cammino sulla strada della consacrazione è iniziato prestissimo. A undici anni si è trasferito in Vaticano dove è rimasto fino al 1969, per svolgere il ruolo di chierichetto. Dopo dieci anni di sacerdozio, ha fatto ritorno in Vaticano in qualità di responsabile della casa Preseminario Pio X tra il 1985 e il 1989. Nel 1990 si è trasferito a Parnaiba, seconda città dello stato brasiliano del Piauì, sulla costa settentrionale, aggiungendo all'incarico di guidare quindici chierichetti, quello della parrocchia. La diocesi in cui opera è molto estesa, considerando anche che Parnaiba conta circa 140.000 abitanti. Parrocchia dalla quale si è temporaneamente staccato per un periodo a casa.
«Mi sono trasferito in Vaticano -ha raccontato - per frequentare il preseminario S.Pio X, una scuola che riceveva da diverse diocesi ragazzi in età di scuola secondaria inferiore, per un primo discernimento vocazionale. In Vaticano eravamo tra i 40 e i 50 ragazzi e molti dei miei compagni arrivavano dalle parrocchie adiacenti a Lomagna. Il ritmo di vita era molto intenso: ci svegliavamo all'alba e servivamo due funzioni tra le 6,30 e le 9. Quindi si seguivano le lezioni, che, per motivi di orario, erano impartite privatamente all'interno della "casa". Durante il pomeriggio si svolgevano poi altri servizi liturgici. Il senso di gruppo era molto vivo e ci sentivamo come in una famiglia. Molti di quei ragazzi, oggi preti, sono ancora in ottimi rapporti tra loro».
Dopo aver concluso la terza liceo, nel 1969, padre Vittorio ha frequentato il seminario a Como, in quanto l'associazione di don Folci, che gestisce il preseminario, faceva riferimento a quella diocesi. Trascorsi dieci anni di sacerdozio, è stato inviato in Vaticano, per accompagnare i ragazzi che giungevano, in numero elevato. «Qui ho ricoperto il ruolo di responsabile della casa, paragonabile a quello del rettore. Il mio compito era preparare e accompagnare i ragazzi al servizio liturgico, talvolta partecipando alle funzioni celebrate dal Papa. Chi voleva poteva restare nella "casa" anche dopo gli studi, per coltivare la propria vocazione ed essere orientato a scegliere l'ordine con il quale si era in maggiore sintonia».
Un accompagnamento che dura negli anni, dall'alba al tramonto, dalla giovinezza passando per la malattia e approdando alla vecchiaia. «Il ruolo del chierichetto si è mantenuto costante nel tempo. Don Folci diceva che deve dare testimonianza della presenza di Cristo e della forma con cui attende il servizio. In questa prospettiva vedo positivamente il ruolo delle ancelle, le chierichette, che contribuiscono a dare testimonianza di quello che vivono»
Diversi sono i pontefici che padre Vittorio ha incontrato nel periodo della sua permanenza in Vaticano, pur non avendo avuto modo di approfondire la loro conoscenza: da Giovanni XXIII, durante gli anni del Concilio Vaticano II, a Giovanni Paolo II, passando per Paolo VI che ha anche individuato una sede nuova per l'associazione, palazzo S.Carlo, più adatto alle esigenze dei ragazzi in quanto non immediatamente adiacente alla Basilica di San Pietro e dotato di locali spaziosi.
Insomma un percorso il suo iniziato nelle mura vaticane e spaziato fino in Brasile. Per dirla con papa Francesco "quasi alla fine del mondo".
Federica Conti
Invia un messaggio alla redazione

Il tuo indirizzo email ed eventuali dati personali non verranno pubblicati.