Merate: dal ''Decidi Dc'', lo storico scontro Perego-Gallina a oggi la storia si ripete. E ancora Massironi è tra i protagonisti

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Mario Gallina, Dario Perego, Giovanni Battista Albani e Andrea Massironi

L'inaspettato esito del voto di ieri ha un precedente storico. L'aveva fatto osservare durante una chiacchierata del sabato pomeriggio accanto a uno dei gazebo che hanno colorato Piazza prinetti durante tutto il mese di maggio, il protagonista principale di quell'evento, Dario Perego. L'ex due volte sindaco di Merate ricordava l'elezione comunale del 13 giugno 1999 quando il centrodestra si presentò con ben tre formazioni: la sua, Merate al Centro che aveva governato la città dal 1995, la Lega Nord e Merate Domani Polo per Merate, quest'ultima lista composta dai forzisti dell'epoca, Dario Meschi e Alessandro Patti assieme all'ex Dc Pierpaolo Arlati. La sinistra si era presentata con un listone, "Merate per Tutti" che escludeva soltanto Rifondazione comunista. A guidare la grande coalizione c'era un democristiano doc, già sindaco della città dal 1990 al 1995, Mario Gallina, l'erede naturale del leader storico Luigi Zappa. Frantumato in tre blocchi il centrodestra veniva dato per sconfitto dal centrosinistra unito. Invece Dario Perego fu rieletto col 40,4% dei consensi, Mario Gallina si fermò al 29,4%, la Lega Nord capitanata da Silvio Mandelli ottenne l'11,2%, Merate Domani Polo per Merate il 13,5% e Rifondazione comunista con Marcello Toma soltanto il 5,4% e nessun seggio. Cinque anni dopo, assieme a Albani, Toma entrerà in aula andando a sedersi direttamente sui banchi della Giunta. Accanto al fondatore e leader indiscusso di Merate al Centro - ecco la seconda assonanza con quanto accaduto ieri - c'era un altro personaggio altrettanto noto, anche lui di Sartirana: Andrea Massironi che conquistò 154 preferenze personali classificandosi al primo posto assoluto. Massironi militante da sempre nella Democrazia Cristiana era già stato nell'austera sala del Consiglio di Villa Confalonieri accanto a Mario Gallina prima che lo scudocrociato implodesse dando vita alla diaspora tuttora in corso. C'era anche Albani che con Gallina scelse la strada indicata da Alcide De Gasperi, un partito di centro che guarda a sinistra mentre Massironi seguì Perego verso il Cdu e poi nelle successive evoluzioni senza però iscriversi a Forza Italia come fece Perego nel 2001. C'è da credere che il neo Sindaco abbia riflettuto su questo precedente storico, prima per decidere di giocarsi faccia e carriera, e poi per tenere alto il morale delle sue truppe, già non alle stelle per via della divisione da Lega e FI, soprattutto all'alba di lunedì quando il dato Europeo pareva dovesse preparare il terreno alla vittoria di Silvia Villa che ha nel PD il partito di riferimento della lista "Sei Merate". Andrea Massironi ha vinto a casa sua; se vogliamo capovolgere l'equazione possiamo dire che Silvia Villa ha perso a Sartirana. Non ci voleva un esperto di strategie elettorali - quindi non Aldo Castelli per quanto veterano del Palazzo - per intuire che proprio nella popolosa frazione si sarebbe giocata la partita. E che lì si doveva piazzare un candidato forte, magari non come Massironi ma certo capace di intercettare il voto degli incerti e, soprattutto, quello dei simpatizzanti di centrosinistra. Una missione, questa, che a nostro parere soltanto l'avvocato Roberto Perego avrebbe potuto svolgere con buone possibilità di successo. Ma nessuno, tolto lo stesso Massironi - e questo la dice lunga sull'abilità del personaggio - ha proposto a Perego di entrare in lista. Ora la dirigenza cittadina del PD dovrà trarre le necessarie conseguenze della sconfitta. Il partito va ricostruito dalle fondamenta perché quando si vota per il comune, ossia per gente che si conosce, l'effetto Renzi vale poco o nulla.

Un'ultima annotazione su una delle tante stupidate partorite da quel genio - per noi incompreso - di Roberto Calderoli. L'ex dirigente leghista è il padre della riforma che riduce il numero dei consiglieri comunali, come se la spesa si annidasse nei comuni e non tra Regione e Parlamento. I consiglieri nelle cittadine con popolazione al di sotto della soglia di 15mila abitanti sono scesi da quest'anno a 16 da 20. I rapporti di forza sono quindi di 11 consiglieri alla maggioranza (contro 13) e 5 alle opposizioni (contro 7). Resta così fuori dall'aula, oltre a un quarto esponente di Sei Merate, Raffaella Zigon candidata del Movimento 5 Stelle. Un peccato, davvero. L'aula avrebbe tratto giovamento dalla novità rappresentata dal movimento di Grillo che sarà andato male, rispetto a pronostici e attese, ma che resta il secondo partito nazionale. E non è certo poca cosa.

Claudio Brambilla
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