Malgrate, Shopping a Hong Kong: la Gdf in aula racconta il ''giro d'affari'' dei 2 imputati
Risultavano completamente sconosciuti al Fisco ma, a detta del maresciallo capo della Guardia di Finanza che si è occupato delle indagini a loro carico, avevano comunque un tenore di vita piuttosto elevato con un grande appartamento di proprietà su due piani, la dotazione di una Bmw X3 di recente acquisto e sedute di shopping nei negozi del centro di Lecco (dove, dettaglio curioso aggiunto dall'operante "stuzzicato" dalle domande di uno dei due legali difensori, "curioso" di sapere come lo stesso potesse motivare le sue affermazioni circa lo stato di agio in cui si trovano i suoi assistiti, la signora acquistava anche la carne).
E' entrato nel vivo questa mattina, dinnanzi al giudice monocratico Gian Marco De Vincenzi, il procedimento penale a carico dei coniugi Barbara e Paolo, accusati a vario titolo di ricettazione, truffa, introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi (secondo gli articoli 648, 640 e 474 del codice penale) nell'ambito di uno dei filoni processuali ingenerati dall'Operazione "Shopping in Hong Kong" condotta dalle Fiamme Gialle lecchesi e sfociata, sul finire del 2010, in una serie di denuncie, tra cui, appunto, quelle a carico della coppia di Malgrate, finita ora a dibattimento dopo la definizione, in altra sede, delle posizioni di alcuni co-imputati.
Rispondendo alle domande della dottoressa Cinzia Citterio, titolare della pubblica accusa, il maresciallo capo Giordano Massaro, primo teste escusso in aula, ha quest'oggi tratteggiato velocemente i passaggi essenziali delle indagini condotte in riferimento ai due sposini malgratesi assistiti dagli avvocati Stefano Pelizzari e Elisa Magnani. L'ufficiale della Guardia di Finanza ha così parlato dei pedinamenti e degli appostamenti effettuati a partire dall'agosto di quattro anni fa. Durante uno di questi servizi è stato notato dai finanzieri l'arrivo di un corriere che ha consegnato, a casa degli odierni imputati, una spedizione risultata l'ultima di una lunga serie.
Da successivi accertamenti è infatti emerso che, in sei mesi, erano stati recapitati agli stessi destinatari ben 16 pacchi dalla medesima società, tutti provenienti da Hong Kong e tutti, si presume, contenenti borse e materiale di ogni genere griffato, palesemente contraffatto seppur a regola d'arte. Tale traffico, come riferito dal maresciallo capo Massaro "andava avanti da anni. La merce veniva venduta poi tramite E-bay o attraverso due siti privati aperti dai coniugi per permettere ai potenziali acquirenti di visionare il materiale di cui disponevano". E già, perché, stando al quadro accusatorio, dopo aver introdotto nel nostro paese borse, portafogli, portachiavi, foulard, valige e affini (molti dei quali a marchio Luis Vuitton, da qui la costituzione di parte civile della casa di moda francese affidatasi all'avvocato Laura Venni), Barbara P. e Paolo C., si sarebbero creati un "giro" per rivendere tale "mercanzia". Un acquisto, effettuato da una cliente oggionese sul piazzale di un negozio di scarpe, è avvenuto proprio sotto gli occhi dei finanzieri, così come riferito dall'operante sentito quest'oggi che ha anche raccontato del "fermo" dei due soggetti effettuato dopo averli visti entrare in una boutique lecchese con una sacca contenente alcune borse arrivate dalla Cina. "In quell'occasione, abbiamo poi esteso la perquisizione all'abitazione dei signori trovando circa 70 articoli con segni falsi, sacchetti per confezionare le borse e cartellini che venivano poi apposti sulle stesse per certificarne l'autenticità. Abbiamo poi acquisito diversi computer, agendine, cataloghi in cinese e un bollettario con i nominativi dei clienti e i prezzi pagati". Da quest'ultimo si è così appurato che, le borse, acquistate mediamente a 100 dollari venivano rivendute nel nostro Paese a 250 - 300 euro cadauna, con un sostanzioso guadagno, ovviamente senza l'emissione di fattura.
"Decine e decine" le dichiarazioni rese dai clienti dei coniugi, raccolte in fase di indagini dalle Fiamme Gialle e che potrebbero ora entrare a far parte del processo così come i brogliacci delle intercettazioni telefoniche disposte nel corso dell'Operazione, a suo tempo coordinata dal sostituto procuratore Luca Fuzio.
Chiamato a deporre, in chiusura di udienza, anche il finanziere Gianluca Folcarelli, autore degli accertamenti sulla signora Maria Luisa M., defunta madre dell'imputata. Barbara P. e Paolo C. sono infatti accusati anche di truffa per aver continuato a percepire indebitamente dal dicembre 2008, due pensioni intestate alla scomparsa, creando un danno all'Inps di Lecco pari a circa 20mila euro. Il processo a loro carico, con accuse tutte ancora da provare, è stato aggiornato al prossimo 21 maggio.
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Rispondendo alle domande della dottoressa Cinzia Citterio, titolare della pubblica accusa, il maresciallo capo Giordano Massaro, primo teste escusso in aula, ha quest'oggi tratteggiato velocemente i passaggi essenziali delle indagini condotte in riferimento ai due sposini malgratesi assistiti dagli avvocati Stefano Pelizzari e Elisa Magnani. L'ufficiale della Guardia di Finanza ha così parlato dei pedinamenti e degli appostamenti effettuati a partire dall'agosto di quattro anni fa. Durante uno di questi servizi è stato notato dai finanzieri l'arrivo di un corriere che ha consegnato, a casa degli odierni imputati, una spedizione risultata l'ultima di una lunga serie.
Da successivi accertamenti è infatti emerso che, in sei mesi, erano stati recapitati agli stessi destinatari ben 16 pacchi dalla medesima società, tutti provenienti da Hong Kong e tutti, si presume, contenenti borse e materiale di ogni genere griffato, palesemente contraffatto seppur a regola d'arte. Tale traffico, come riferito dal maresciallo capo Massaro "andava avanti da anni. La merce veniva venduta poi tramite E-bay o attraverso due siti privati aperti dai coniugi per permettere ai potenziali acquirenti di visionare il materiale di cui disponevano". E già, perché, stando al quadro accusatorio, dopo aver introdotto nel nostro paese borse, portafogli, portachiavi, foulard, valige e affini (molti dei quali a marchio Luis Vuitton, da qui la costituzione di parte civile della casa di moda francese affidatasi all'avvocato Laura Venni), Barbara P. e Paolo C., si sarebbero creati un "giro" per rivendere tale "mercanzia". Un acquisto, effettuato da una cliente oggionese sul piazzale di un negozio di scarpe, è avvenuto proprio sotto gli occhi dei finanzieri, così come riferito dall'operante sentito quest'oggi che ha anche raccontato del "fermo" dei due soggetti effettuato dopo averli visti entrare in una boutique lecchese con una sacca contenente alcune borse arrivate dalla Cina. "In quell'occasione, abbiamo poi esteso la perquisizione all'abitazione dei signori trovando circa 70 articoli con segni falsi, sacchetti per confezionare le borse e cartellini che venivano poi apposti sulle stesse per certificarne l'autenticità. Abbiamo poi acquisito diversi computer, agendine, cataloghi in cinese e un bollettario con i nominativi dei clienti e i prezzi pagati". Da quest'ultimo si è così appurato che, le borse, acquistate mediamente a 100 dollari venivano rivendute nel nostro Paese a 250 - 300 euro cadauna, con un sostanzioso guadagno, ovviamente senza l'emissione di fattura.
"Decine e decine" le dichiarazioni rese dai clienti dei coniugi, raccolte in fase di indagini dalle Fiamme Gialle e che potrebbero ora entrare a far parte del processo così come i brogliacci delle intercettazioni telefoniche disposte nel corso dell'Operazione, a suo tempo coordinata dal sostituto procuratore Luca Fuzio.
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A. M.